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Il Gazzettino 04-03-2002

NATALINO BALASSO «Ho l'impressione che stiamo andando incontro a tempi grami, mi atterrisce la diffidenza dei giovani»

«La solidarietà viene dal senso di colpa»

Natalino Balasso non ama molto i sondaggi. Possono venire fraintesi, in fondo basta «chiedere alle persone sbagliate» per ottenere «un quadro sbagliato», oppure possono svelare frammenti di una realtà poco entusiasmante. Come quella che affiora da questo sondaggio dedicato ai "rapporti interpersonali": il comico di "Zelig" sospira, lo inquieta quel 52\% di persone smanioso di essere "molto prudente nei rapporti con gli altri perché ciascuno bada innanzitutto ai propri interessi". «È un dato angosciante: si parla di rapporti con gli altri, non con altre culture. Questi altri sono i vicini di casa, i colleghi, i conoscenti». L'altro fa molta paura? «Sì, soprattutto perché questo "altro" non è l'estraneo che piomba in paese da un altro continente.

Stiamo perdendo il concetto di identità. Per carità, sapevamo già che ci stavamo avviando verso una società sempre più individualista, ma questi dati evidenziano atteggiamenti molto meschini. Anzi, molto democristiani...» Ossia? «Come dire: stai attento a chi hai di fronte, perché domani questo qualcuno potrà rappresentare qualcosa di diverso da oggi. Magari sarà colui che ti potrà fare un favore, oppure potrà fregarti». E la solidarietà, motivo di vanto per i veneti, è soltanto un bluff? «Chissà, forse questa solidarietà nasce da un senso di colpa. L'atto altruistico compensa il lato egoistico nella vita di tutti i giorni. Ho l'impressione che la società veneta sia più vicina a quella del sud o di alcune zone dell'alto Piemonte. Una società chiusa che bada, appunto, ai propri interessi e non ama confrontarsi con il diverso». Non è una novità. «No, infatti, non mi stupisco.

Anzi, direi che questi dati sono lo specchio dei tempi, e forse riflettono un sentimento comune a tutto il territorio. Oggi si corre spasmodicamente soltanto per riuscire ad accaparrare qualcosa. E ciò si riflette, appunto, nei rapporti personali: è necessario aprirsi alle conoscenze giuste, a coloro che si ritengono utili». Curioso che tra i "più prudenti" figurino proprio i 18-29enni. «È il dato che mi atterrisce di più, perché stiamo parlando della generazione che avrà un ruolo nella società di domani. A mio avviso andiamo incontro a tempi grami. Perché se "la prudenza" è spiegabile negli anziani, nei giovani è più preoccupante: riflette un modo di vedere la vita dominato dall'egoismo». I "più prudenti", però, sono soprattutto coloro che possiedono un titolo di studio più basso. «Gli "acculturati", a mio avviso, sono soltanto meno spaventati. Ma in questi sondaggi le persone "acculturate" sanno dare le risposte giuste per fare bella figura. Non mi fido molto, non è l'"acculturamento" che rende la gente più intelligente.

Quindi preferisco gli altri, sono i più sinceri».La colpa? «Di una società che sta bene. E, rosa dal rimorso, si dimostra molto generosa: elargisce, lavora nel volontariato, si vanta di essere solidale».Cosa la spaventa di più di questo contraddittorio Nordest? «Una certa chiusura verso ciò che accade al di fuori dei propri confini, quel sentirsi immuni dal male, la scarsa capacità critica. In genere si adottano due atteggiamenti: se capita qualcosa di brutto, si pensa che le disgrazie vengano da fuori; oppure si fa strada un certo piagnisteo, si crede di essere gli ultimi, di non poter migliorare. Ecco, mancano misura e senso critico». E cosa l'affascina? «La grande generosità d'intenti che affiora in questa gente che lavora, gente che non deve venir considerata "zuccona" o rivolta soltanto all'accumulo. Si tratta di risorse da non sottovalutare. Altrimenti non potremmo spiegarci come mai una terra così martoriata sia riuscita a risollevarsi». Una terra che pensa comunque a se stessa. Il sondaggio lo evidenzia: la "prudenza" verso gli altri è intimamente legata al "badare ai propri interessi". «Già, non è confortante. Tutto ciò che proviene dall'esterno sembra possa ledere i "propri interessi". Si è diffusa l'idea che gli "interessi" non possano mai arrivare dagli altri, ma solo da se stessi. Pericoloso. Ma adesso la devo salutare...(risata). Devo pensare ai miei interessi».

Chiara Pavan