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Il Messaggero Veneto 14-04-2002

Il sindacato mobilitato per lo sciopero di martedì conta su «un'adesione senza precedenti»

Cgil: in piazza per allargare le tutele

Pupulin: lo sviluppo dipende da qualità e innovazione, non dal costo del lavoro

di PAOLO DECLEVA

UDINE - Pupulin, la Cgil si presenta all'appuntamento dello sciopero generale di martedì con già alle spalle la grande manifestazione del 23 marzo a Roma. Veniamo da un periodo in cui ci siamo mossi sia attraverso iniziative unitarie sia con iniziative che ogni singola organizzazione ha ritenuto opportuno portare avanti. Ma i contenuti sono condivisi e unitari: lo stralcio dell'articolo 18 e della parte riguardante l'arbitrato obbligatorio, ma anche la ferma opposizione a quell'insieme di deleghe che rappresenta uno stravolgimento totale della concezione della società e delle relazioni sociali del nostro Paese.

Sono in ballo quindi scelte di fondo...

Certamente e per questa ragione le nostre iniziative hanno fatto registrare una forte partecipazione. Il fatto che alla manifestazione di Roma siano intervenuti tre milioni di persone dimostra che il consenso alla mobilitazione contro la linea del governo non riguarda soltanto il mondo dei lavoratori cosiddetti "protetti" e la vasta area dei pensionati, ma più in generale la società italiana nel suo complesso.

L'indubbio successo della manifestazione romana della Cgil registrerà un bis in occasione dello sciopero unitario di martedì?

Tutti i sondaggi - questi sondaggi cui prestano normalmente tanta attenzione i nostri interlocutori del governo e della Confindustria - segnalano un grande consenso attorno alle proposte della Cgil e dei sindacati in generale. A quella manifestazione hanno partecipato molti giovani, persone qualsiasi e un gran numero di esponenti del mondo della cultura per far capire che la società che vogliono vedere realizzata è completamente diversa da quella che vorrebbero imporre governo e Confindustria con la forza delle deleghe.

Ma sarà sempre scontro?

Lo sciopero di martedì deve servire a ottenere un cambiamento della scelta di andare allo scontro fatta dal governo. Bisogna andare a una trattativa di merito che, stralciate le questioni di principio sull' articolo 18, permetta di affrontare i veri nodi della riforma del mercato del lavoro.

Che sono...

Nuove norme di tutela per i lavoratori atipici, la riforma degli ammortizzatori sociali, la riforma dei processi del lavoro, in modo che si diano tutele e diritti anche a quei lavoratori che non ne hanno o ne godono in misura ridotta in confronto a quelli tutelati dall'articolo 18.

Anche alcuni imprenditori danno poca importanza alle questioni relative all'articolo 18 e concordano invece nel chiedere la riforma degli ammortizzatori sociali e l'organizzazione di corsi professionali per il reintegro dei lavoratori licenziati...

Ma noi dobbiamo tenere conto delle posizioni ufficiali della Confindustria. Se si osservano i contenuti del rapporto Galli presentato proprio ieri alla riunione della Confindustria a Parma non si può non constatare che, ben lungi dall'attenuare le richieste di un'ulteriore flessibilità del mercato del lavoro, l'associazione degli industriali ha avanzato l'ipotesi di applicare a tutti i nuovi assunti un contratto di lavoro flessibile permanente ( quindi del tutto al di fuori delle tutele dell'articolo 18) che è peggio ancora di quanto previsto dal governo. Oltretutto non è neppure un'idea di sperimentazione limitata, da verificare negli effetti. E proprio l'idea che il lavoratore è una variabile totalmente dipendente dagli interessi del sistema delle imprese e che il rapporto di lavoro può essere messo in discussione in ogni momento senza che intervenga alcuno strumento di tutela sociale.

Lo scontro dunque è frontale...

Non per colpa nostra. L'asse Confindustria-governo propone continuamente una concezione antitetica a quella dei sindacati. La nostra è una visione solidaristica della società e non una visione mercantile e utilitaristica del rapporto tra imprese e lavoratori.

La vostra base è giunta subito a questa conclusione?

Sì. C'è stata un'immediata percezione da parte di tutti i lavoratori, quelli che hanno la tutela dell'articolo 18 e quelli che non ce l'hanno e la vogliono, che le misure del governo non garantiscono una maggiore tutela a chi non ce l'ha, ma al contrario. E questo discorso è stato compreso specialmente dalle maestranze di quelle piccole imprese (com meno di 15 dipendenti) in cui l'articolo 18 non si applica. I lavoratori insomma hanno capito immediatamente che non sono in discussione le relazioni tra le parti sociali ma che si è in presenza di un vero e proprio attacco ai diritti e alla dignità della persona che lavora.

Quindi prevede una massiccia adesione allo sciopero anche nelle aziende più piccole?

Sì. In Friuli sono tantissime, ma abbiamo fatto un grandissimo lavoro anche in queste realtà, che non possono ritenersi - abbiamo spiegato - al di fuori della battaglia in corso. E la stessa opera di sensibilizzazione l'abbiamo fatto con i tanti lavoratori con contratti atipici, per i quali bisogna trovare soluzioni che propongano tutele simili ed equivalenti, anche se specifiche riguardo al loro rapporto di lavoro. Abbiamo fatto capire che l'idea di togliere le garanzie di chi le ha per ridistribuirle è una "furberia" della Confindustria per penalizzare tutti i lavoratori. E questo lavoro sul campo, ancor più dei sondaggi, ci fa percepire che attorno alla nostra mobilitazione c'è un grande consenso.

Al di là delle modifiche allo studio dell'articolo 18 i contratti a termine si stanno trasformando in contratti a tempo indeterminato per un processo spontaneo...

Questo dimostra che è palese l'errore della Confindustria secondo la quale per aumentare lo sviluppo del Paese bisogna eliminare diritti e vincoli contrattuali. E lo stesso vale per il lavoro nero: il "sommerso" se non ci sono regole precise aumenta e non diminuisce.

E' l'unico errore della Confindustria?

No lo sbaglio di fondo è puntare su uno sviluppo che si basi non sulla qualità del prodotto, l'innovazione, la ricerca e la valorizzazione della persona che lavora ma sul contenimento dei costi del lavoro. E' una visione datata dell'economia che per il Friuli-Venezia Giulia in particolare sarebbe esiziale. Qui da noi, specie ora che non siamo più un'area di confine, è impensabile competere sul piano dei costi del lavoro con i vicini Paesi dell'Est europeo, mentre è indispensabile puntare alla qualità dei prodotti e dei servizi.

In questo senso la Regione cosa fa?

E' in grave ritardo. Anche da noi evidentemente si è pensato che il mercato avrebbe risolto da solo tutti i problemi e invece si scopre che bisogna impegnarsi, con leggi e finanziamenti, sul fronte della formazione professionale, dell'innovazione tecnologica e della ricerca. E a chiederlo sono gli stessi imprenditori che contemporaneamente invocano la liberalizzazione selvaggia del mercato del lavoro.

Berlusconi ripete che i sindacati sono soltanto una parte del Paese.

Lo vedremo martedì. Io penso che avremo il massimo delle adesioni allo sciopero, una partecipazione straordinaria, e che la manifestazione in programma a Udine sarà superiore ad ogni altra che l'ha preceduta.