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Il Piccolo 02-06-2002

Il creatore del Sistema Trieste evita la polemica politica scatenata dalle dichiarazioni del vicesindaco Renzo Codarin e ribadisce l'appello alle istituzioni

«La scienza? Né di destra né di sinistra»

Budinich: «Tra studiosi l'appartenenza partitica non conta. Però attenti: senza fondi si va verso il naufragio»

TRIESTE - Non ci sta, Paolo Budinich, a entrare in polemica. Le dichiarazioni dei giorni scorsi del vicesindaco Renzo Codarin sulla presunta volontà di diminuire i contributi per la «scienza di sinistra» preoccupano il fisico triestino che però, diplomaticamente, preferisce rispondere con i fatti partendo da un teorema a suo parere inconfutabile: la scienza non è, né può essere, di destra o di sinistra. La scienza è la scienza, e serve a far progredire il sapere. Gli uomini, gli scienziati, possono avere le loro idee, ma il loro colore politico non entra nella discussione, quando ci si rivolge alla sostanza, e si parla di geni, proteine, quanti, campi elettromagnetici e via dicendo.

Budinich, scienziato triestino che 38 anni fa ha dato il via al Sistema Trieste creando il Centro internazionale di fisica teorica, non raccoglie la lite tutta localistica sul colore della scienza, ma elenca. Elenca il ruolo internazionale delle istituzioni scientifiche triestine e regionali, elenca i problemi causati dalla mancanza di finanziamenti, elenca le cose ancora da fare, come la realizzazione, una buona volta, dello Science Centre, il museo per la divulgazione scientifica, un tassello importantissimo, «perché - dice Budinich - solo insegnando ai ragazzi ad amare la scienza si esce dal localismo, dalle polemiche, e si cresce». E proprio l'esistenza stessa dell'Immaginario scientifico, primo e storico nucleo dello Science Centre (chiamato a collaborare anche con Globo, l'altra prestigiosa realtà triestina che si occupa di divulgazione, con la quale sono stati attivati dei programmi in comune), è messa in dubbio, secondo Budinich, dal rischio della diminuzione di finanziamenti sia da parte della città che dello Stato.

«Il "Sistema Trieste" è nel mondo sulla cresta dell'onda, ma Trieste è l'unica a non saperlo. In 38 anni di attività il Centro di fisica teorica, la Twas (l'Accademia per le scienze del Terzo mondo), l'Igceb, il (Centro internazionale per l'ingegneria genetica e le biotecnologie), la Sissa (la Scuola superiore di studi avanzati) hanno sviluppato collaborazioni scientifiche con i Paesi del Terzo mondo. Ora, dopo l'11 settembre, tutte queste iniziative sono considerate esemplari, e preziose per contribuire a eliminare le zone di eccessiva miseria, emarginazione, umiliazione e rabbia, terreni fertili per la nascita e la crescita del terrorismo che non è che il sintomo di una grave malattia del mondo. A Trieste è come se avessimo scoperto il vaccino per curarla, questa malattia. E tutto questo lo sanno alle Nazioni Unite, dove sono stato solo pochi giorni fa, per organizzare la visita a Trieste del presidente del Gruppo 77, (l'"opposto" del G8, l'associazione che riunisce i Paesi in via di sviluppo, ndr) che rappresenta più di 133 delegazioni dell'Onu, con proposte di collaborazione concrete di grande portata per l'Italia e per Trieste».

Parla tutto d'un fiato, Paolo Budinich, parla con lo stesso obiettivo da anni: spiegare a Trieste tutta che quello che si fa a Miramare, all'Area di ricerca o all'Università, è di portata internazionale. «Ci sono i segni concreti dell'attenzione nei confronti di Trieste. La Banca Mondiale ha assegnato alla Twas 10 milioni di dollari per una ricerca sul clima e il Terzo Mondo; l'Icgeb diventa consulente ufficiale dell'Onu in materia genetica, e gli Stati Uniti manifestano la loro attenzione per Trieste: la loro Accademia delle scienze ha offerto alla Twas di organizzare a Trieste, a sue spese, un Congresso sul Terzo mondo e sul terrorismo, l'Università di Harward organizza a sue spese congressi a Trieste, dove da luglio in poi manderà un suo osservatore a tempo pieno».

Succede tutto questo, ma i triestini non se ne accorgono: «A tanti riconoscimenti - dichiara - vedo solo corrispondere un triste misconoscimento locale, siamo un esempio emblematico del detto latino "nemo propheta in patria"». La «baruffa» con i politici locali riguarda in particolare un grande progetto, nato sotto i migliori auspici, che stenta ancora a decollare. Si tratta dello Science Centre, il museo di divulgazione della scienza che si trova attualmente al piano terra dell'Ictp, relegato in uno scantinato, visitato però da oltre 30 mila persone (soprattutto ragazzi delle scuole) ogni anno. È per questo progetto, per trasformare il Lis in uno Science Centre, che Budinich da anni chiede finanziamenti agli enti pubblici, dal Comune allo Stato, passando per la Regione, finanziamenti che stentano ad arrivare (80 milioni nel 2001, e solo 30 previsti per il 2002) atteggiamento che stride rispetto ai riconoscimenti a livello internazionale ottenuti dalla struttura, ultima in ordine di tempo la medaglia consegnata allo stesso Budinich, dal Deutsche Museum.

«Mentre dappertutto in Europa, per unanime volontà politica, si rafforzano iniziative di divulgazione della scienza, da noi si deprimono. L'Inghilterra ha più di 30 Science Centers, ne fa di nuovi e per queste attività ha messo a bilancio l'equivalente di 1300 miliardi di lire. Noi in Italia che sull'analogo capitolo abbiamo 20 miliardi, abbiamo un solo Science Centre a Napoli e uno piccolo a Trieste, entrambi in pericolo di sopravvivenza. Ora c'è un tentativo di portare quei 20 miliardi a 50 e spero che i parlamentari triestini ci aiuteranno. La speranza è l'ultima a morire, specialmente per un cronico ottimista come me. Ma ora devo aprire gli occhi, i segni sono troppo evidenti, anche se assurdi. Le autorità locali sembrano volerci far chiudere le porte e questo atteggiamento arriva proprio da parte di quelli che nella passata amministrazione, pur essendo all'opposizione, ci avevano aiutato e sostenuto nella giusta filosofia che la scienza e la cultura scientifica non hanno colore politico, e che destra e sinistra devono unirsi quando si tratta di aumentare il sapere».

La conclusione, per Budinich, è, inesorabilmente, sempre la stessa: «Con lo sviluppo della scienza e della divulgazione Trieste ha l'occasione unica di rendere un servizio all'Italia, e anche a dimensione internazionale: sarebbe un peccato vedere tutto ciò sprecato per futili motivi, gettati al vento i frutti preziosi di quarant'anni di lavoro».

Francesca Capodanno