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Il Messaggero Veneto 18-09-2001

La commissione Affari istituzionali apre la discussione sulla riforma per il nuovo sistema di voto

Un pool di "saggi" per la legge elettorale

Scelti dai gruppi. Spunta l'ipotesi di reintrodurre la doppia preferenza sulla scheda

TRIESTE ­ «Invece di fare un passo avanti ne abbiamo fatto uno indietro». La battuta, sintesi estrema dell'incontro di maggioranza sulla nuova legge elettorale, viene attribuita al capogruppo forzista Aldo Ariis. Di fatto, il lavoro compiuto dagli uffici per dare forma normativa ai concetti dibattuti negli scorsi giorni tra Cdl e Cpr, non è servito a molti. Stamattino c'è l'appuntamento in quinta commissione, ma probabilmente, per evitare ulteriori impegolamenti, i lavori verranno fermati. E il presidente, Beppino Zoppolato, non fa mistero guardare con favore a un comitato ristretto

Le posizioni, all'interno della coalizione di governo, sono abbastanza divaricate, a dispetto della necessità di trovare più voti di quelli disponibili (la materia richiede la maggioranza qualificata, cioé almeno 40 suffragi su 60).

Ieri ci sono stati momenti di tensione, con l'azzurro Franco Dal Mas molto critico: o si fa un vero presidenzialismo, o tanto vale lasciare le cose come stanno. E anche con le osservazioni sull'inghippo determinato dall'obbligo di votare il presidente "indicato": secondo la proposta, chi è designato dalla coalizione deve ricevere le sue preferenza (non contano la scelta di lista), mettendosi così in concorrenza diretta con gli altri candidati del suo partito, obbligati a scegliere se autopromuoversi o no. Il problema, già evidenziato all'interno di Forza Italia nelle riunioni precedenti, ha fatto parlare ieri di "doppia preferenza", suscitando frizioni e malumori.

«Credo ci siano problemi di interpretazione. Eravamo fermi al fatto che accanto ad ogni simbolo di partito c'era il nome del presidente indicato, in modo da evitare la necessità di attribuirgli la preferenza. Adesso pare non sia più cosí». dice il capogruppo di An Adriano Ritossa. «Dovremo verificare la cosa con l'opposizione, e anche continuare a discuterne tra noi, perché oggi si è evidenziato come all'interno di Forza Italia esista un'articolazione di opinioni». «Chi pensa al presidenzialismo, ha sbagliato tutto. Siamo su un altro piano, e il presidente designato dovrà trovarsi i voti da solo, senza gregari che gli tirino la volata. Per questo è necessario che venga individuato dalle forze politiche chi è in grado di imporsi con le sue forze», dice invece Beppino Zoppolato, commissario leghista.

«Oggi la maggioranza ha concordato i capisaldi su cui c'è l'accordo: il sistema proporzionale alla tedesca, che deve però consentire all'elettorato di sapere chi sarà il presidente, in caso di vittoria; e poi lo sbarramento, il premio di maggioranza, la sfiducia costruttiva, il seggio garantito alla minoranza slovena», osserva Isidoro Gottardo, presidente del gruppo Cpr. «Questo è il cosa, il come o l'intensità di certi strumenti dev'essere concordata con le opposizioni».

Di fatto una trasversalità ci sarà, visto che i partiti minori sono attentissimi all'altezza dello sbarramento, indipendentemente dal loro diverso posizionamento politico (sarà 4 o 5%? non lo si sa ancora). E occorrerà lavorare ancora molto. Di qui nasce apputo la scelta del comitato ristretto, che evita i momenti di rissa pubblica e consente ai capi dei partiti di controllare meglio lo sviluppo del progetto. Però bisognerà vedere se sarà sufficiente. Perché per il consiglio si aggira uno spettro: quello nella "norma transitoria". Nel caso che il Friuli-Venezia Giulia non faccia in tempo a dotarsi di un proprio strumento elettorale (i passaggi sono lunghi, referendum incluso), gli toccherà fare come le Regioni a statuto ordinario. E quindi il nuovo presidente dovrà venir eletto plebiscitariamente, come è stato per Galan, Formigoni, Ghigo e gli altri. Per molti una paura, ma per altri (Ds e An) una speranza.

Luciano Santin