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Il Messaggero Veneto 05-02-2002

La riforma elettorale in vista del 2003. No all'elezione diretta. In settimana verifica con la Lega

Fi: indicazione del presidente

Vertice con Antonione. Scelta sofferta per An: dobbiamo essere realisti

TRIESTE - Forza Italia, in un summit serale che include anche il coordinatore nazionale Roberto Antonione, dà finalmente il placet alla legge elettorale uscita dalla commissione. Decide di abbassare lo sbarramento al 4%, di eliminare il limite per far scattare il premio di maggioranza (la coalizione vincente qualunque sia il risultato, ottiene 36 consiglieri), ipotizza di garantire un seggio alla minoranza slovena tra quelli della coalizione cui questa si leghi, purché venga raggiunto un quorum minimo di voti, e anche di considerare il "listino regionale" di tre consiglieri eletti automaticamente come espressione di presidenza e vicepresidenza della giunta, nonché presidenza del consiglio. La decisione viene assunta all'unanimità, dopo un dibattito serrato, che vede Michelangelo Agrusti sostenere vigorosamente la tesi dell'elezione diretta, e Ferruccio Saro difendere con altrettante decisione quella del presidente "indicato". In considerazione dell'incognita costituita dalla Lega, prevale quest'ultima che - sarà la linea ufficiale del partito - e un fattuale presidenzialismo. In settimana questa decisione verrà verificata in maggioranza.

Contemporaneamente anche An ha riunito la segreteria regionale, decidendo di attendere i comportamenti degli alleati. Se sono ufficialmente rientrate le "fughe in avanti" di Paolo Ciani, la destra lascia il pallino a Forza Italia e Lega. Mettendo però qualche paletto. "Nel nostro partito ci sono due anime, una più ideologica, una più pragmatica. Dobbiamo tenere conto, realisticamente, che facciamo parte di un'alleanza e che i quaranta voti per il presidenzialismo non ci sono", avverte Luca Ciriani, assessore alle Autonomie. "Rimane valida la richiesta del nostro capogruppo: tutti i componenti la maggioranza devono firmare la proposta uscita dalla commissione. Possiamo vedere di migliorarla, ma dobbiamo stare attenti soprattutto a che non la si peggiori, come pare voler fare qualcuno: è chiaro che se si introducono gli apparentamenti per gli sloveni noi non ci stiamo".

Intanto però una levata di scudi contro la legge viene dal gruppo misto. Francesco Serpi, ex An, e Giorgio Pozzo di UF, si dicono contrari per una serie di motivi, tra cui il 5% di sbarramento sul tutto il territorio, applicato anche alle liste apparentate ( dettato solo "dall'ingordigia delle formazioni maggiori", che utilizzerebbero i voti dei partiti sotto soglia al fine del riparto dei seggi), e l'assenza dell'elezione diretta del presidente. "Lo scontro in atto, anche all'interno delle stesse forze di maggioranza, pare relegare in secondo piano e attribuire scarsa considerazione e rispetto al ruolo dei cittadini-elettori" notano i due (che rappresentano altrettanti voti preziosi al raggiungimento del quorum dei 40). "Non si comprende con quale spiegazione possa essere giustificato l'esproprio di un diritto ampiamente acquisito nelle coscienze (e da diversi anni già esercitato) dai cittadini che verrebbero, da un lato, considerati sufficientemente maturi per scegliere direttamente Sindaci e Presidenti di Provincie divenendo, dall'altro, quasi dei minus habens quando si tratta di scegliere il Presidente della Regione".

"Come giustificare, poi, la conclamata volontà della Cdl d'introdurre l'elezione diretta del Capo dello Stato e del Consiglio con la scelta locale dello stesso schieramento se non come "schizofrenia politica?". Il sospetto è che si voglia "condizionare l'operato degli Esecutivi piegandoli a logiche non sempre trasparenti", "prodromico ad una restaurazione della mentalità e dei metodi della prima repubblica", concludono Serpi e Pozzo. "La tanto invocata "governabilità" non si ottiene con questi metodi: con essi - al massimo - si può ottenere una "normalizzazione" di sovietica memoria".

Luciano Santin