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Trieste Oggi 24-10-2001

I RADICALI ACCUSANO ONU E COMMISSIONE EUROPEA DI CONNIVENZA COI TALEBANI

Le "relazioni pericolose"

«Hanno trattato con il regime di Kabul fidandosi delle promesse degli integralisti»

di Paolo Radivo

Ogni giorno siamo martellati dalle informazioni riguardanti la guerra in Afghanistan. Si parla poco invece del rapporto fra i talebani e l'economia di quel Paese, che è in buona parte fondata sulla coltivazione del papavero e lo smercio dell'eroina da questo prodotta. Ne parliamo con chi da anni ormai fa iniziative, compie studi e avanza proposte in merito al mercato della droga: ci riferiamo ai radicali e in particolare all'europarlamentare presidente dei radicali italiani al Parlamento europeo Maurizio Turco, che a Trieste sabato scorso ha denunciato le "relazioni pericolose" che sarebbero intercorse tra l'agenzia dell'Onu per la lotta alla droga e la Commissione europea da una parte e il regime dei talebani dall'altra.


Di che tipo di "relazioni" si tratta?

«In questi giorni tutto il mondo si sta accorgendo che il commercio illegale di eroina è una delle fonti di finanziamento del terrorismo internazionale. Finalmente, dopo decenni di lotta radicale, questa è un'acquisizione del mondo della politica .a livello internazionale. In tutti questi anni, però, sia le Nazioni Unite che la Commissione europea hanno continuato ad avere rapporti con i talebani, a dar loro fiducia e a finanziarli perché estirpassero le coltivazioni di oppio dalle loro terre. La produzione di eroina proveniente dall' Afghanistan costituisce 1'80-90% dell'eroina che circola in Europa e in America. L'Afghanistan è il Paese che, in questi anni, ha da una parte rifornito le nostre piazze di droga e dall'altra ha rafforzato il potere del terrorismo di Bin Laden e delle mafie, che sono diventate sempre più ricche e potenti e (adesso ne abbiamo la dimostrazione pratica) sempre più feroci. Questo accade con Bin Laden, ma la situazione, per quanto diversa, si ripete in Bolivia o in Colombia: anche lì da una politica che dovrebbe essere di governo siamo caduti in una politica di distruzione complessiva, non solo dell'economia di mercato, ma addirittura del diritto. Le Nazioni Unite e la Commissione europea hanno continuato ad avere dei rapporti con i talebani, che costituiscono un regime non riconosciuto dall'Onu: si tratta di un obbrobrio giuridico. Ci sono delle responsabilità concrete: il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, è stato puntualmente da noi informato con delle prove, ma ha ritenuto sempre opportuno soprassedere. E la Commissione ha finanziato per un anno, senza alcuna base giuridica, il programma Onu di eradicazione delle colture, e ora il finanziamento è stato rimesso a bilancio. Domani l'apposita Commissione del Parlamento Europeo dovrebbe votare un mio emendamento in proposito. Il responsabile antidroga delle Nazioni Unite, vicesegretario dell'Onu, si chiama Pino Arlacchi e fu nominato dallo stesso Romano Prodi e dalla sinistra (quando c'era ancora l'appoggio esterno di Rifondazione Comunista). È stato il peggiore, dal punto di vista professionale di tutti i responsabili dell'Ufficio Antidroga delle Nazioni Unite».

Che cosa gli imputate?

«Sono le stesse Nazioni Unite che, con due controlli interni, hanno detto che è stato incapace di gestire l'ufficio, perché si è basato su criteri personalistici e non manageriali. È stato dimostrato che Arlacchi ha sottoscritto dei documenti con i quali dava ordini al personale di non tenere conto di quelle che erano le prassi amministrative delle Nazioni Unite! Sostanzialmente, poi, noi gli imputiamo di aver avuto la folle idea che con i talebani si potesse trattare e che la loro parola potesse valere qualcosa...». Lui però ha sempre smentito di aver trattato direttamente con i talebani... «Arlacchi lo ha sempre smentito. Ci sono però due nuove notizie: il giornalista Gaetano Campione (l'unico giornalista italiano ad avere intervistato direttamente Bin Laden), ha scritto sul "Mattino" di Napoli che Pino Arlacchi ha avuto delle relazioni dirette con il Mullah Omar, che è il capo del regime di Kabul. Poi la Commissione Europea, in risposta ad una mia interrogazione parlamentare, ha confermato che, tra la fine di aprile e la fine di maggio, una delegazione di Paesi finanziatori di iniziative antidroga in Afghanistan ha incontrato i governatori locali. A prescindere dal fatto che è incredibile per chiunque, tranne che per Pino Arlacchi e Romano Prodi, poter pensare di andare in Afghanistan e trattare direttamente con i contadini, oggi è anche scritto, quindi, che i rapporti si avevano con i governatori locali, cioè con i rappresentanti in loco di un regime che non ha bisogno di definizioni».

Un regime, quindi, che si finanziava e si finanzia soprattutto grazie alla droga...

«Il regime di Kabul solo grazie alla droga; Bin Laden anche grazie alla droga. Il risultato è che ora l'Afghanistan ha ripreso alla grande la produzione e ha immesso sul mercato mondiale buona parte delle scorte che aveva per racimolare denaro. Così improvvisamente il prezzo dell'eroina è calato di un quinto. Io penso , che la riflessione che per molti cittadini, ma anche osservatori politici, è iniziata a partire dall'11 settembre sia molto umorale, per cui si pensa, magari, che oggi sia possibile andare a bombardare i campi di oppio. Non è questa la soluzione. Ci hanno provato, ci stanno provando da anni in Colombia, dove si è voluto eradicare la cultura della coca. C'è purtroppo un mercato che queste sostanze chiede perché c'è chi ha interesse economico acché queste sostanze circolino. Noi possiamo, a nostro avviso, sicuramente togliere del denaro subito a Bin Laden e alle mafie; come si fece d'altronde negli Anni Trenta in America con AI Capone. Il governo americano decise di legalizzare l'alcool e improvvisamente AI Capone perse gran parte del suo potere e addirittura alla fine riuscirono anche a metterlo in prigione. Oggi è possibile togliere ai talebani il 90% delle loro entrate, togliere a Bin Laden una grossa fetta dei propri interessi economici legalizzando la droga. Nel contempo, abbiamo la possibilità di controllare quelle che sono le conseguenze nefaste dal punto di vista sanitario e della giustizia di questa droga illegale nelle nostre città. E quindi, sarebbe un'azione urgentissima, sana, corretta, politica, antiterrorista quella di rendere le droghe legali, cioè di sottrarle al mercato della criminalità e del terrorismo».

La vostra proposta qual è, nel concreto?

«Noi proponiamo proprio questo: è lo Stato che si deve fare carico di rendere disponibili per chi ha dei problemi concreti di tossicodipendenza queste sostanze. Ci sono poi altre sostanze, come la cannabis, la marijuana, diffusissime nel mondo islamico, così come invece nel mondo islamico è vietato l'alcool, per le stesse ragioni per cui noi vietiamo la marijuana; è chiaro e io penso che per quanto riguardi la cannabis, il solo fatto di poter consentire l'autoproduzione limiterebbe di molto le spese enormi che i Governi occidentali sono costretti a fare per arginare, o tentare di arginare questo problema. I guai del proibizionismo si possono combattere solo con la democrazia, con la legge e con il diritto».

La legalizzazione è possibile a livello nazionale o deve per forza seguire vie internazionali?

«Questo è un vecchio dibattito. Ricorderemo sicuramente che lo abbiamo avuto al tempo dell'aborto, quando le donne erano costrette ad andare in Inghilterra. Non tutte ci potevano andare. Ci si diceva: "se legalizziamo l'aborto in Italia, tutte le donne abortiranno, tutte le donne, le ragazzine non avranno più alcun freno". Ma noi vediamo che da quando l'aborto è legale gli aborti in Italia sono diminuiti. Noi diciamo di provarci. Una legge non dura una vita, dura il tempo in cui è efficace. Proviamo! Sicuramente la legge che oggi abbiamo è non solo inefficace, ma dannosa e criminogena: ha prodotto e produce criminalità».

Voi per contrastare il proibizionismo sulle droghe avete anche formulato una proposta di legge di iniziativa popolare che fa parte di un pacchetto di 25 proposte. Ci vuole illustrare questa proposta e delineare quali sono gli argomenti principali delle vostre proposte di legge?

«C'è un pacchetto di proposte che riguarda le riforme istituzionali: sostanzialmente la legge elettorale. Poi, c'è quello per la riforma della giustizia, una riforma nella quale abbiamo sempre creduto e che abbiamo sempre voluto. Abbiamo avuto diversi referendum su questi temi, non per interesse personale, ma nell'interesse del Paese, e noi su questo continuiamo. Questo è un Paese che ha votato il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, ma poi hanno fatto una legge che era peggiore di quando c'era l'immunità incivile dei magistrati. Oggi noi riproponiamo questa proposta di legge, perché riteniamo, da una parte, che è un dovere di uno Stato democratico rispettare la volontà dei cittadini e che è un nostro dovere far sapere ai cittadini come vengono trattati dal proprio Stato. Poi, ci sono le libertà economiche e le libertà individuali, nelle quali ricade questa proposta di legge per la decriminalizzazione di quelle che sono le politiche antidroga in questo Paese. Ma ci sono anche dei passaggi per esempio sulla marijuana e sull'eroina che sono dei presupposti per una vera e propria legalizzazione. Lo ripeto che sono convintissimo che sarebbe una misura sanitaria, di giustizia e anche di rispetto delle volontà personali quella di legalizzare la cannabis, così come sarebbe non dico una soluzione del problema terrorismo ma sicuramente un'ottima azione antiterroristica quella di legalizzare tutte le droghe; non "liberalizzare", perché le droghe oggi sono "libere", sono disponibili, oggi sono nelle mani della criminalità».

Ai vostri tavoli di raccolta delle firme campeggiano delle bandiere americane: perché?

«Campeggiano delle bandiere americane e delle bandiere inglesi. Le stesse bandiere americane e inglesi che nel '45 venivano sventolate dai nostri padri e dai nostri nonni per celebrare la libertà. Noi continuiamo a sventolare le bandiere della libertà, della libertà in questo Paese, della libertà su questo pianeta».