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Il Piccolo 17-02-2002

Ai margini del congresso della Margherita, che ha deciso per la consultazione, emerge un dato inaspettato

Legge elettorale, referendum a maggio

Dovrebbe essere abbinato alle «amministrative». Illy: «Ora lo vuole la maggioranza»

GORIZIA - Il referendum sulla legge elettorale regionale ci sarà. Ma, contrariamente alle previsioni, potrebbe maturare prima del previsto. Indicativamente tra la fine di maggio e i primi di giugno, in concidenza con le elezioni amministrative che interesseranno vari comuni della regione, ad iniziare da Gorizia. E proprio nel capoluogo isontino, ai margini dell'assemblea regionale della coalizione della Margherita, è maturato l'ultimo, finora inedito, sviluppo della lunga querelle che ha caratterizzato finora il dibattito.

Dopo che il consigliere regionale Franco Brussa aveva annunciato che la Margherita concorrerà a farsi promotrice della consultazione referendaria («Un passo che non avremmo voluto compiere ma ormai la misura è colma, visto che quel provvedimento rischia di disequilibrare la rappresentanza territoriale e di mortificare il ruolo delle opposizioni»), Riccardo Illy, che fino a quel momento aveva svolto il compito dell'ospite d'onore ha anticipato il futuro scenario, a suo dire già fatto proprio dalla maggioranza che regge la giunta Tondo in Regione. «Credo - ha annotato - che non occorrerà nemmeno la raccolta di firme, che peraltro eravamo già pronti ad allestire. In alternativa bastano infatti dodici firme di consiglieri regionali e si va alla consultazione saltando tutti i preamboli e abbinandosi alle altre elezioni in vista».

Un passo indietro di natura tecnica. Così com'è configurato attualmente, il meccanismo prevede che se la legge passa con 40 o più voti (la cosiddetta maggioranza qualificata) occorrono 30.000 voti per chiedere il referendum. L'attuale coalizione di centrodestra, che mai e poi mai arriverebbe a quei suffragi (la legge, obiettivamente, piace solo ai leghisti), potrebbe dunque far sua la richiesta di referendum confermativo e, in alternativa alle 21,000 firme richiesta in questo caso, cavalcare la tigre in prima persona. «L'alternativa - sottolinea ancora Illy - sarebbe stata confrontarsi con un referendum in autunno, facendolo coincidere con l'avvio della campagna elettorale per le "regionali" del 2003. Ipotesi che la maggioranza, sicura di perdere sull'altare dell'elezione diretta del presidente, teme come la peste». Una conferma, seppure indiretta, arriva da Bruno Marini, vicecapogruppo di Forza Italia / Ccd. «E' vero - conferma - abbiamo valutato quell'ipotesi nelle riunioni di maggioranza e sul referendum confermativo siamo in fase abbastanza avanzata. Nulla di certo, però, intendiamoci».

L'opposizione forte alla legge elettorale regionale, è stata comunque ribadita nel documento programmatico approvato al termine della giornata di lavoro dalla Margherita. «Non è possibile - si legge nel testo finale - tollerare un premio di maggioranza: esso deve essere collegato al raggiungimento del 45 per cento dei voti validi espressi, non facendo superare, in assenza di maggioranza assoluta di voti, i 33 seggi. Deve inoltre essere garantito un seggio dedicato alla minoranza slovena». E proprio la tutela delle minoranze è stato il fil rouge della giornata. La posizione della Margherita è stata illustrata dal segretario regionale dell'Unione slovena, Damijan Terpin che ha menato fendenti alla Regione ma anche alla Provincia e al Comune di Trieste. «Sulla legge di tutela della minoranza slovena il Governo regionale - ha esordito Terpin che ha letto alcuni passi del documento programmatico - è rimasto vittima delle sue frange più estreme che trovano purtroppo in alcuni suoi esponenti nazionali triestini le posizioni più retrograde nell'ambito di tutto il Centrodestra italiano».

«Alla Provincia e al Comune di Trieste - si legge nel programma - stanno invece riaffiorando atteggiamenti di chiusura basati su pregiudiziali etniche che le precedenti amministrazioni, segnatamente quella del sindaco Illy, avevano già superato». Accuse forti riemerse, seppure in maniera più sfumata, nelle parole dell'onorevole Enrico Letta che ha chiuso la giornata di lavori.