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Il Piccolo 01-03-2002

Dopo la decisione di congelare fino all'11 marzo la discussione in aula, nel Centrodestra è quasi gara a differenziarsi sul futuro della legge elettorale

Collino: «Sul referendum An non andrà al massacro»

Il forzista Saro ribatte: «Tutta la Cdl difenderà quel testo». Agrusti replica: «Meno muscoli, più ragionamenti»

TRIESTE - Domanda da 32.000 firme: cosa spinge un esecutivo rissoso ma in salute a rischiare l'impopolarità per difendere una legge elettorale che, in privato, ama odiare? E ancora: per quale motivo una coalizione che, Lega a parte, i sondaggi danno quantomeno in stabilità di consensi, vuol mettere a repentaglio il suo portafogli di voti facendolo passare attraverso le «forche caudine» dell'ormai scontato referendum? La risposta, dietrologie politiche a parte, è forse più scontata di quanto non sembri: perché non sanno come venirne fuori. Passi per il Carroccio, che della rigidità su ogni accordo di coalizione sembra aver fatto ormai un'operazione di marketing, ma non si può certo dire che il resto del centrodestra, sull'argomento, rimandi l'immagine della compattezza.

L'eco delle ultime parole di Renzo Tondo (il presidente della giunta disposto, ufficialmente, a immolarsi politicamente per il mantenimento degli accordi di maggioranza sulla bozza) non si era ancora spenta, che già da Roma il senatore regionale di An, Giovanni Collino, dettava le condizioni per i prossimi, decisivi dieci giorni. «Un dato è certo - anticipa Collino - ed è l'intenzione di non mandare al massacro il nostro elettorato di fronte a un'ipotesi di referendum. Una cosa è difendere la valenza strategica dell'alleanza di governo, magari accettando una bozza di legge che noi, presidenzialisti, notoriamente non amiamo; altra cosa è approvare incondizionatamente un testo che mette a rischio la stessa tenuta dell'esecutivo... Personalmente non andrei a ficcarmi nella bocca del lupo, intesa come consultazione referendaria».

Un'operazione troppo azzardata, dunque, nata male e gestita peggio? Ferruccio Saro, deputato di Forza Italia, uno dei grandi tessitori di una mediazione che comincia a far acqua da tutte le parti, assicura di no: «Ma andiamo, cos'è questa storia del referendum da snobbare o da non supportare? È una stupidaggine. La verità - aggiunge Saro - è che la legge, nei suoi elementi centrali e caratterizzanti, è già stata approvata. E sposa in pieno le tesi del presidenzialismo, non mi stancherò mai di ripeterlo. Si andrà al referendum? Bene, vuol dire che ci sarà uno scontro politico e che tutti si mobiliteranno per vincerlo. Non credo all'autolesionismo nella politica, per cui sono convinto che chi voterà quella legge poi si impegnerà affinchè vada in porto».

Discorso ineccepibile, ma chi la voterà, quella legge? Forse la Lega, magari parte di Forza Italia, ma An? se è vero che ai patti quelli di Alleanza nazionale solitamente tengono molto, lo è altrettanto che non meno cura viene messa nel mantenimento di un certo tipo d'immagine. Che, nella fattispecie, potrebbe venir rimessa in discussione. Di qui l'aut-aut. «La scelta di Tondo di prendersi alcuni giorni di riflessione - sottolinea Collino - mi pare senz'altro positiva, visto che le riflessioni in politica servono...».

Non è che dentro Forza Italia, comunque, l'ottimismo sariano imperversi. Michelangelo Agrusti, leader pordenonese del partito e nemico dichiarato del testo di legge (oltre che di una certa nomenklatura, ma questo è un altro discorso...) dopo tanto parlare preferisce affidarsi a una metafora conclusiva: «I quindici giorni di sospensione sono importanti per attivare il pensiero, e spero che i muscoli cedano adesso il passo ai ragionamenti...». Saro, Romoli e Tondo sono avvisati...

Furio Baldassi