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Il Piccolo 08-03-2002

Il coordinatore regionale di Forza Italia nega di aver avuto un colloquio sull'argomento con il premier Berlusconi

Romoli: «Legge elettorale al voto, poi si vedrà»

«Dentro An tutti presidenzialisti ma su posizioni diverse. Pure la Lega è incerta»

TRIESTE - «Non c'è stato alcun incontro con Berlusconi a Roma sul tema della nostra riforma elettorale; il premier era infatti inavvicinabile, dati i suoi impegni. Eventualmente potremmo contattarlo in qualche modo a Trieste, a conclusione del vertice italotedesco; ma finora, ripeto, non c'è stata occasione». Così ha dichiarato ieri il coordinatore regionale di Forza Italia, Ettore Romoli, a proposito di un suo abboccamento con il Cavaliere preannunciato per la sera prima nella capitale. Il giorno prima tale incontro veniva dato per certo nella serata, tant'è vero che all'indomani nell'ambiente degli azzurri qualcuno ha addirittura ritenuto di saperne qualcosa. Al punto da azzardare che Romoli avesse concisamente esposto a Berlusconi i punti salienti della legge all'esame del Consiglio regionale, affinché giungendo a Trieste fosse preventivamente informato - se contattato sull'argomento - in che cosa consista esattamente la riforma. Un'informazione tanto più doverosa dal momento che una legge elettorale regionale ha comunque una valenza nazionale.

Tornando a Romoli, ecco come giudica la situazione in vista della ripresa dell'esame d'aula, a partire da lunedì, di un testo che, così com'è stato a suo tempo concordato fra i partner della maggioranza, solleva parecchie perplessità all'interno dello stesso Centrodestra. «Penso - dice l'onorevole - che intanto si andrà al voto della legge così com'è. Poi non so cosa potrà succedere». Le opposizioni di Centrosinistra hanno già dichiarato di voler ricorrere a un referendum popolare per abrogare la legge, in quanto essa non prevede l'elezione diretta del presidente da parte dei cittadini, bensì la sola «indicazione» del candidato perché esso venga poi votato dal Consiglio. Come si comporteranno a questo punto i partiti della maggioranza?

«Dentro Alleanza nazionale - rileva l'onorevole Romoli - ci sono quelli, come il responsabile regionale del partito Roberto Menia, che esortano rassegnati a buttare fuori questa legge; e altri, come gli udinesi del senatore Giovanni Collino, che invece insistono a dire che questa legge non va bene affatto. Mentre Sergio Dressi la voterebbe così com'è, per quanto lo riguarda, già oggi. Eppure sono tutti presidenzialisti...».

E la Lega? «I padani sembrano voler far quadrato in difesa di questa legge, eppure mi risulta che qualcuno, e non si tratta del segretario regionale Beppino Zoppolato, è già corso a Roma per protestare coi suoi vertici che questa riforma non va bene». (Romoli non dice se si tratti di Alessandra Guerra). E allora, una volta approvata in aula, chi difenderà poi questa legge in caso di referendum? «Sono tornati prepotentemente in ballo - si limita a constatare, rassegnato, il responsabile regionale degli azzurri - gli interessi particolari dei singoli partiti e dei singoli consiglieri...».

Infatti c'è di mezzo, fra l'altro, quel «listone» di dodici candidati da eleggere direttamente insieme col presidente che viene previsto dal «Tatarellum», il sistema elettorale delle altre regioni che scatterebbe qualora il referendum bocciasse la legge votata dall'aula. Ebbene, quel «listone» fa gola a tutti i consiglieri che puntino ad automatiche riconferme.

Giorgio Pison