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Il Messaggero Veneto 06-11-2001

Cgil, Cisl e Uil sollecitano un confronto con Tondo e Santarossa sulle scelte programmatiche

«No alla privatizzazione degli ospedali»

Belci: la deregulation sarebbe devastante. Visentini: attuare la riforma Mattassi-Fasola

TRIESTE - Prima di intervenire sulla Sanità vanno sentiti i sindacati, disponibilissimi a collaborare sull'efficienza, ma pronti allo scontro frontale se questa dovesse passare per la privatizzazione, come appare da inquietanti segnali in sede nazionale e locale. Lo dicono, a una voce, Cgil, Cisl e Uil, che chiedono al presidente Tondo e all'assessore Santarossa immediati chiarimenti sulle scelte programmatiche regionali.

«Il ministro Sirchia vuole la privatizzazione degli Ircs, mentre Tondo predica l'integrazione stretta di Burlo e Cro con le aziende ospedaliere di Trieste e Pordenone. Il quadro di riferimento, così, è piuttosto confuso. O non c'è comunicazione con il governo, o gli Ircs sono il cavallo di Troia della privatizzazione», dice Franco Belci, della segreteria regionale Cgil. La seconda ipotesi sembra la più probabile, anche alla luce delle modifiche apportate a Roma al decreto 502/92, che prevedeva, per l'attribuzione dello status di azienda ospedaliera, alcuni requisiti minimi: organizzazione dipartimentale, contabilità per centri di costo, la presenza di almeno tre unità operative di alta specialità e di un dipartimento di emergenza di secondo livello. «Adesso questi vincoli a garanzia della qualità delle prestazioni non ci sono più.

E Sirchia consente nuovamente ai medici di incrociare come preferiscono l'attività nel servizio pubblico e nello studio privato», prosegue Belci. «In aggiunta ci sono dichiarazioni estemporanee del presidente Tondo secondo cui il dibattito tra pubblico e privato è secondario. Se si facesse un buon ospedale privato a Tolmezzo, la gente sarebbe contenta, dice, quello che conta è che le cose funzionino». Invece, per le organizzazioni dei lavoratori, cambia tutto, perché fine della Sanità pubblica è la salute della gente, fine della Sanità privata quello di ogni attività imprenditoriale: il lucro. «Ne "I servizi sanitari in Italia", uscito pochi mesi fa per il tipi de Il Mulino, si dimostra, dati alla mano, come il coinvolgimento dei privati non solo non migliora la qualità, ma aumenta anche i costi. Formigoni ha sforato in 6000 miliardi, in Lombardia, e il governo glieli ha ripianati. Ma gli effetti si vedranno presto. Sostituire la programmazione con il mercato potrebbe emarginare i soggetti più a rischio, meno redditizi, e scardinare il concetto di continuità assistenziale, dalla prevenzione alla riabilitazione e al reinserimento».

«Su questo la visione è sempre stata comune: la Sanità deve restare pubblica, anche perché ciò non ha nulla a che fare con il deficit. Malgrado balzi agli occhi l'esempio della Gran Bretagna, dove la deregulation ha portato la Sanità allo sfascio, l'impostazione generale del Polo a livello nazionale, e le dichiarazioni di presidente e assessore del Friuli-Venezia Giulia, provano che sta spirando un forte vento di privatizzazione», osserva Luca Visentini segretario regionale della Uil. «E sì che non occorrerebbe inventare niente, basterebbe utilizzare la riforma Mattassi-Fasola, che nessuna giunta ha avuto il coraggio di applicare fino in fondo. Ne hanno usato singoli pezzi, con il risultato di peggiorare le cose».

«Mi auguro che il ministro non pensi di poter dribblare i principi fondanti della Costituzione a colpi di decreto. Perché la privatizzazione in una fabbrica di bulloni è una cosa, in materia di diritto alla salute, un'altra», aggiunge Giovanni Fania, responsabile per la Sanità della segreteria regionale Cisl. «Si possono applicare i criteri privatistici nella gestione, come in Francia, e in effetti l'aziendalizzazione aveva tentato di andare in questa direzione. Ma se la politica, invece di limitarsi a dettare gli indirizzi, poi interferisce pesantemente, decide cosa chiudere e cosa no, se comprare una macchina o meno. E' inutile pagare un manager trecento milioni».

Il messaggio finale è chiaro: sì al recupero dell'efficienza attraverso la legge 13, no alla privatizzazione. Su questo i sindacati chiedono un confronto urgente con il presidente. Annunciando, nel caso la richiesta non venga accolta, immediate iniziative.

Luciano Santin