| Home | Documenti | Foto | Risultati elettorali | Forum FVG | Posta | Link |


Il Messaggero Veneto 21-10-2001

Le piccole imprese di fronte alle difficoltà dell'economia mondiale dopo i tragici fatti americani

Paniccia: è il momento di investire

Il presidente dell'Api: le aziende friulane riorganizzino la loro rete commerciale

UDINE ­ All'assemblea annuale dell'Api di Udine, sabato prossimo, all'Ente Fiera, "schiererà" come relatore il politologo statunitense Edward Luttwak, già consigliere della Casa Bianca, invitato a parlare di "Imprese e conflitti", a testimonianza che il problema dell'"economia in tempo di guerra" è avvertito anche dal management del Friuli-Venezia Giulia. Ma il presidente della piccola e media impresa friulana, Massimo Paniccia, pur nella preoccupazione del presente, è convinto che per le imprese friulane è questo il momento di ampliare la propria rete commerciale aspettando la ripresa che verrà.

Presidente, quali conseguenze prevede per l'economia friulana dopo gli attentati in America?

È un duro colpo per l'umanità. Spero, tuttavia, che, anzichè conseguenze, ci siano, nella tragedia, motivi di riflessione per la riscoperta dei valori che potrebbero cambiare e ridare qualità agli approcci in tutti i tipi di rapporto. I no global, che non condividiamo, vogliono un benessere globale. La vera globalizzazione mondiale, per me, è quella delle piccole imprese che sono l'ammortizzatore sociale fra la prima e la totale carenza di alcuni sistemi».

Cambierà la missione delle imprese?

Le piccole imprese sono le più vicine ai grandi valori, il lavoro, la famiglia, il benessere sociale. E' vero, a esempio, che si parla di cassa integrazione tendenzialmente su imprese più strutturate, rispetto alle nostre che hanno più difficoltà a mandare a casa gli operai con i quali lavorano fianco a fianco ogni giorno. In Italia ci sono tre milioni e mezzo di imprenditori che si assumono dei rischi, anche per chi non lo fa, e sono una grande massa positiva che spinge il sistema e ha fatto questo Paese forte e civile. Possiamo farlo conoscere anche all'estero, è un po' quello che è accaduto una volta con l'emigrazione, vediamo se ci riuscirà dopo questa scossa, nel mondo che muta dove da una parte c'è tanta gente che ha voglia di fare, piuttosto che distruggere e dall'altra ci sono mancanze strutturali.

Allora, il modello della piccola impresa non è incompatibile con la globalizzazione?

Il piccolo imprenditore deve diventare più forte, con più conoscenze; per questo serve una buona politica e un buon sistema. Siamo di fronte a un'economia di scala ed è necessario che le piccole imprese si strutturino un po' di più, con imprenditori più preparati, per essere più adatti al mercato che abbiamo davanti. Quello che è successo per le banche negli ultimi cinque anni succederà anche alle imprese, ci si dovrà guardare dentro. Guardiamo, per esempio, il libro bianco di Maroni: secondo me, al mercato del lavoro che cambia, deve affiancarsi anche un nuovo modello di piccola impresa. Se adesso la figura del lavoratore intermittente non è compatibile con noi, perchè non lo potrà essere in futuro? Non è detto che non cambino i riferimenti; e andrà a finire che non solo alla Zanussi ci sarà il lavoro a chiamata. Ma dobbianmo migliorare il modello delle piccole imprese che tanti ci invidiano ­ lo ha elogiato anche Bill Clinton ­ facendo diventare gli imprenditori più bravi.

Lo sta chiedendo da tempo.

Continuo a chiederlo perché servono investimenti che deve fare la Regione, essendoci tantissimi imprenditori, e per giunta "spontanei" i singoli non possono riuscirci. Non sono d'accordo sulle scuole per "costruire" giovani imprenditori, ma facciamole per consentire loro di scegliere questa attività. La regione forse pensa che tutto si risolverà senza interventi: non è cosí, guardi la ricerca. Gli Usa ci hanno creduto e hanno investito importanti risorse pubbliche: oggi ne hanno i benefici, sono infinite volte davanti a noi e all'Ue. Noi abbiamo pensato al sociale, c'erano altre priorità, ma adesso se non investiamo in ricerca non se ne esce.

Cosa vuol dire?

Voglio che mi dicano qual è il modello scelto dall'Italia. Forse "piccolo è bello"? Va bene, siamo creativi, ci sappiamo fare, creiamo relazioni, ma gli imprenditori vanno selezionati. Non vedo perché dovrebbe farlo il mercato, e aspettare che qualcuno getti la spugna portando i libri in tribunale, questo si può prevenire, ma ci vogliono strutture a supporto. Qui in Friuli-Venezia Giulia c'è la Friulia, ci sono le risorse della formazione: investiamo anche sugli imprenditori che sono una risorsa, alla stregua - per capirsi -, dell'acqua, perché io non vedo un mondo senza queste figure. Affianchiamo a chi è disponibile, per uno o due anni, esperti di mercato, di controllo di gestione, di analisi aziendale, di relazioni interne; e vediamo se può funzionare. Come Associazione delle piccole imprese, a Udine stiamo promuovendo un corso di formazione con l'obiettivo 3 dell'Unione europea. È già qualcosa, ma non basta.

Cosa vi attendete dalla giunta Tondo?

Deve mettere in piedi atti concreti per definire le strategie per lo sviluppo. Su 6000 miliardi di bilancio, metà vanno alla sanità, poco o niente resta per questo tipo di politiche. Comprendiamo le difficoltà, ma bisogna compiere qualche piccola scelta. L'ho detto al presidente Tondo, quando ci siamo incontrati al Cisae: costruiamo dall'interno la filosfia del nostro modello di Regione, scegliamo una linea di progetto, confrontiamoci anche con le autonomie locali; e impegnamoci insieme a trovare le risorse che ci potrebbero consentire in dieci anni di istruire 1000 imprenditori, nei colloqui con l'assessore Dressi avevamo ipotizzato una spesa di alcuni miliardi.

La formazione è la sua unica priorità?

Mi chiedo: il distretto del Manzanese, dove vogliono portarlo? Vogliamo aggregarli o lasciamo tutto così? Ho letto di Autovie per mesi, con tanto di nomi e cognomi, ma nessuno ha parlato di strategie di sviluppo e dello specchio della società che sono i milioni di imprenditori e i 18 milioni di lavoratori che creano ricchezza. Eppure questo è un buon momento per investire, per riorganizzare e ampliare la rete commerciale E' vero che le aziende che avevano come cliente prevalente gli Usa sono in difficoltà, ma non drammatizziamo: il mondo per fortuna va avanti. Dobbiamo avere la volontà di crescere e l'imprenditore è un buon pilastro per costruire il futuro, ma ci vuole una strategia per lo sviluppo.

Maria Rita Branca