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Il Piccolo 07-03-2002

Il presidente della giunta regionale conferma la volontà di arrivare all' approvazione senza modifiche del testo. Lunedì il Consiglio ricomincia a votare

Tondo: «Legge elettorale, avanti così»

Escluse «interferenze» romane: «Ci limiteremo a illustrare i contenuti a Berlusconi»

TRIESTE - Da qui alla ripresa dell'esame in aula, fissata per lunedì mattina, quali accadimenti potrebbero determinare ripensamenti, da parte del Centrodestra, sulla riforma elettorale? Nessuno, a quanto pare. «Si va avanti con il testo così com'è, quello già concordato fra i partiti della coalizione», conferma infatti il presidente Renzo Tondo. Ma sul tema non ci sarà alcun confronto, neanche in coincidenza con la sua venuta a Trieste per il vertice italo-tedesco, con il presidente del Consiglio? «A Berlusconi - dice - ci limiteremo a illustrare venerdì la nostra legge, e in tutta sintesi».

E ciò equivarrà di fatto a un ufficiale via libera da parte del Cavaliere? «No, questo via libera - dichiara Renzo Tondo - c'è già». Sarà comunque un ultimo, autorevole, assenso a continuare così, mettendo da parte tutte le incertezze (e non sono poche) manifestate da una maggioranza tutt'altro che compatta e in particolare da una Forza Italia sempre meno convinta. Perché in fondo al percorso c'è la forca caudina di un referendum abrogativo di cui il Centrosinistra intende senz'altro avvalersi per farne una temibile arma propagandistica pre-elettorale.

Lo stesso intendimento il presidente Tondo ha ribadito ieri ai capigruppo della sua maggioranza, da lui invitati a pranzo nell'intervallo dei lavori d'aula. Al forzista Aldo Ariis, al finiano Adriano Ritossa e al leghista Claudio Violino egli ha infatti confermato che da lunedì si ripartirà speditamente con l'esame degli articoli accantonati la scorsa settimana (sbarramento per i partiti minori, premio di maggioranza, pari opportunità per la candidatura delle donne); e ciò - ha dichiarato, così anticipando quanto dirà domani sera alla cena conviviale del suo gruppo - per affrontare prima possibile, insieme col rilancio della Sanità e dell' innovazione tecnologica, l'elaborazione del programma di fine legislatura. Unica variante al testo concordato, il possibile inserimento di una dichiarazione d'intenti sul diritto di voto degli emigrati, sì da garantire un seggio a un loro rappresentante. La norma non sarebbe applicabile, comunque, se non dopo l'approvazione di una specifica legge ordinaria, conseguente a sua volta a una modifica dell'attuale statuto regionale; ma intanto il voto dei friulani all'estero potrebbe diventare uno specchietto per le allodole, da agitare utilmente in Friuli (quando le opposizioni adiranno a un referendum abrogativo) a sostegno di una legge elettorale che la stessa maggioranza ritiene pressoché indifendibile.

Ma neanche i partiti alleati sono stati informati di quest'iniziativa di Forza Italia. Solo il finiano Paolo Ciani ha sentito parlare di qualcosa del genere nel corridoio dei passi perduti. Per il resto - conferma a sua volta il collega di partito Paris Lippi - lunedì «riprendiamo a votare la legge da dove l'abbiamo lasciata». Ma la convinzione di An lascia sempre più a desiderare nei confronti di una riforma che i suoi uomini continuano a definire, parlando tra loro, come un «pateracchio». In difesa del quale - come ha già lasciato capire il senatore Giovanni Collino - non muoveranno un dito, in caso di referendum, poiché non prevede l'elezione diretta del presidente da parte dei cittadini. E infine neanche il leghista Beppino Zoppolato prevede «novità» fino a lunedì, per cui - sottolinea con forza - «si va avanti così».

Giorgio Pison