I CALCI DELL'ASINO


Si chiama "calcio dell'asino" l'attitudine a colpire chi appare debole. Ma non sempre è così. In molti casi il calcio dell'asino è una pedata, una zampata improvvisa che viene data anche da persone che sono messe all'angolo da una serie di ragionamenti stringenti. In quel caso chi si trova in difficoltà, non sapendo come difendersi da una logica rigorosa e persuasiva, tira un calcio. Dunque il calcio dell'asino è un calcio da reazione. Non potendoti confrontare con le armi della ragione, scalci. Gli specialisti del calcio dell'asino sono i banditori del nichilismo da salotto. E chi sono costoro? E' una vasta categoria trasversale agli schieramenti politici: gli ambientalisti della domenica che con il loro buonismo verso la natura vogliono portarci nel medioevo, i marciatori pacifisti e no global che con il loro buonismo antimilitarista ci consegnano alle potenze straniere, gli antiricercatori sulle cellule staminali che con il loro buonismo sulla sacralità dell'embrione tirano il freno sulla ricerca lasciando che gli altri paesi se ne avvantaggino a nostre spese, poi ci sono quelli che non vogliono i pacs in nome della sacralità di una famiglia che ormai non esiste più, oppure quelli che non concepiscono il mercato e il libero scambio o quelli del furore ideologico che però non ti lasciano la libertà di fare quel che ti pare anche se non fai del male a nessuno... insomma la lista è lunga.

Avrete notato che questi banditori del nulla hanno in comune il sostantivo maschile "buonismo"; in effetti il più delle volte è brava gente e sicuramente molti sono in buona fede. Magari gente che non sa quel che fa o quel che dice, ma che mai e poi mai metterebbero a repentaglio il nostro Paese con l'intenzione di consegnarlo a potenze straniere. Come un bambino che vuole avere un cagnolino a tutti i costi ma dopo non sa accudirlo o badarlo. Quando poi capisce che attenderlo e curarlo gli costa troppa fatica, allora non gli interessa più. Anche per i bambini vale la stessa regola: se li obblighi a prendersi le proprie responsabilità, se li stringi nell'angolo, tirano il calcio dell'asino. Insomma, in questo Paese accade che quando argomenti mettendo in difficoltà qualcuno, invece di addurre ragioni, costui, trac! ti tira un calcio.

Ad esempio, come faranno i buonisti banditori del nulla della sinistra orwelliana a giustificare la spedizione militare in Libano? E come faranno a spiegare la differenza tra i militari italiani che aiutano la popolazione in Afghanistan, in Iraq e quelli che vanno in Libano? Qualcuno si vergognerà mai di aver considerato quelli che mandarono i nostri soldati in altre missioni all'estero come dei pazzi guerrafondai assetati di sangue? O avranno l'atteggiamento del bambino e la cosa non gli interessa più? Ora che il governo ha cambiato colore politico e le occupazioni militari si chiamano ingerenze umanitarie, i pacifisti non si sentono ipocriti? Non si sentono falliti? Non si sentono banditori del nichilismo da salotto? Quella indecorosa e impresentabile bandiera arcobaleno che appassiva sulle finestre, che avvizziva nei terrazzi, ora non c'è più da nessuna parte. Quel vessillo scolorito che pendeva stanco e sciupato dai balconi, che penzolava inaridito nei davanzali, è sparito dalla circolazione perché non è più innaffiato dalla retorica pacifista. Quel simbolo che ora non c'è più è la rappresentazione più reale del nichilismo da salotto. Ma se per caso lo fai notare ecco che ti arriva il calcio dell'asino.

Tuttavia molti di questi banditori del nulla non ci sono antipatici come del resto non ci sono antipatici neppure gli asini. Brigitte Bardot dice di apprezzarne l'intelligenza e ovviamente tutti noi apprezziamo l'intelligenza degli asini. Tranne quando danno calci. In quest'ottica, stiamo assistendo ad una serqua impressionante di calci d'asini, come ad esempio coloro che criticano Pannella per il modo in cui si esprime con "un incomprensibile delirio dai toni messianici" per l'uso della parola satyagraha, non volendo vedere la lungimiranza del pensiero di Marco. Oppure coloro che invocano i due principi con i quali la maggioranza dell'opinione pubblica europea e i politici del continente dicono da sempre di voler affrontare il ginepraio mediorientale e che continuamente ribadiscono per allontanare da sé ogni sospetto di parzialità antiisraeliana. Questi principi sono: pace giusta e sicurezza di Israele. Parole vuote dato che nessuno si è mai preoccupato di indicare (tranne Pannella con la proposta di far entrare Israele nell'Europa) quali dovrebbero essere i contenuti di questa "pace giusta" e di questa "sicurezza".

Che dire dunque dei calci d'asino di quelli che invocano due popoli in medioriente, mettendo sullo stesso piano quello democratico (gli israeliani) e quello antidemocratico (i palestinesi). Oppure ancora i fautori della «sicurezza d'Israele» che non sanno decidersi se spetti al suo governo esprimersi in merito, o se invece, prefigurando un'occulta forma di sovranità limitata, che tocchi a qualcun altro, a qualche sinedrio europeo, alla Nato, all'Onu... E ancora: quali caratteristiche deve avere la reazione all'eventuale minaccia alla sicurezza per essere giudicata accettabile? Perché quella che Israele ha dato a luglio contro gli Hezbollah è "sproporzionata"? E quale sarebbe stata, invece, una risposta "proporzionata"? E chi giudica se la risposta "proporzionata" è efficace? Insomma, se invadono il tuo territorio e uccidono otto soldati sequestrandone altri due, se per anni ti bombardano di missili, come bisogna reagire per ottenere il gradimento dei veri democratici del Vecchio continente e dei loro illuminati governi? A tutte queste domande si risponde con i calci dell'asino.

Un'altra categoria di coloro che tirano calci d'asino la troviamo negli ambientalisti, il loro nichilismo da salotto li porta a non fare mai nulla, a opporsi a qualsiasi cosa puzzi di progresso. La loro battaglia contro il nucleare o contro i rigassificatori ne è la prova. Per costoro la testa diventa un superfluo portacapelli, un inutile prolungamento del collo. La maggior parte dei nostri paladini ambientalisti usano il cervello come un ripetitore automatico. Sono sciampisti dell'ambientalismo militante. Per colpa dell'uso demagogico dello strumento referendario, il nostro Paese ha rinunciato nel novembre del 1987 alla produzione di energia nucleare. Quel voto inconsapevole fu influenzato dall'onda emotiva provocata dal disastro di Chernobyl. Trascorsi ormai vent'anni, possiamo compilare questo triste bilancio:

  • 1. Abbiamo dovuto comprare un quarto del fabbisogno di energia elettrica dalla Francia e da altri Paesi, compresa la Slovenia.
  • 2. Questi paesi producono l'energia elettrica con le medesime centrali atomiche che noi non abbiamo voluto;
  • 3. Abbiamo subito un notevole aggravio dei costi, poiché gli altri tre quarti si sono prodotti usando prevalentemente costosissimi derivati del petrolio o gas; 4. Abbiamo perso il know-how e purtroppo recuperare 20 anni sarà molto difficile, dunque l'aggravio dei costi andrà avanti ancora per molti anni;
  • 5. Nel 2004, le utenze private dell'energia elettrica ci sono costate, al netto delle tasse, 0,14 euro al KWh, contro i 0,09 dei francesi (un 55% in più) e le utenze industriali 0,08 euro contro 0,05 (60% in più);
  • 6. Le ricadute sulla competitività dei nostri prodotti e di conseguenza sul numero di posti di lavoro perduti sono inestimabili;
  • 7. Non siamo neppure garantiti dai rischi di inquinamento in quanto nel malaugurato caso di incidente ad una centrale francese, i venti sposterebbero la nube radioattiva proprio su di noi;
  • 8. La scritta ipocrita "Comune denuclearizzato" che vediamo in giro per il nostro Paese ci apparirà in tutta la sua sconfortante realtà: siamo stati degli imbecilli, abbiamo speso una valanga di miliardi in più, abbiamo corso gli stessi rischi e come se non bastasse, abbiamo consegnato il nostro futuro in mano agli stranieri.
  • Non ci resterà nemmanco la consolazione di aver battuto i francesi, ai calci di rigore, nel campionato del mondo, giacché due mesi dopo ci hanno battuto loro. E non ai calci di rigore. Chissà se un giorno smetteremo di usare la testa come un ripetitore automatico. Chissà se un giorno proveremo a confrontarci realmente sul piano della logica e delle idee con chi la pensa diversamente. Chissà se smetteremo di reagire soltanto emotivamente. Forse è troppo tardi, qualsiasi ragionamento che si cerca di fare in questa Italia ancora abbarbicata nel medioevo, nemica del progresso, stanca e decadente, fa tirare i calci dell'asino.

    TRIESTE 11/09/2006

    Walter J. Mendizza
    www.tecnosophia.org