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Il Messaggero Veneto 12-09-2001

Legge elettorale, disponibilità e critiche

Voto: controvertice del centro-sinistra, malumori nella Cdl

TRIESTE – Riuniti dal diessino Alessandro Tesini, i capigruppo del centro sinistra decideranno lunedì quale comportamento tenere il giorno dopo in quinta commissione dove comincerà la discussione sulla legge elettorale. Al momento risulta depositato soltanto il progetto sottoscritto a suo tempo da Molinaro (Cpr), Narduzzi (Lega), Antonaz (Prc), Gottardo (Cpr) e Saro (Fi). «Non mi pare - osserva il leader di Rifondazione – che a tutt’oggi ci sia una proposta della maggioranza»; anche se si attende di ora in ora la presentazione del testo concordato l’altro ieri dalla Casa delle Libertà, dall’interno della quale trapelano – peraltro – malumori. Antonaz, tuttavia, esprime una preoccupazione a questo riguardo: «che si vada a un colpo di mano». Perciò invita il centro sinistra «a fare emergere le ragioni per una legge elettorale che aumenti il tasso di partecipazione».

Nell’attesa di sapere se la maggioranza presenterà una proposta autonoma o sotto forma di emendamenti al progetto congiunto Molinaro, Saro e altri, c’è chi rifà i calcoli sui tempi di approvazione compatibili all’entrata in vigore della legge in occasione delle elezioni del 2003. È sufficiente che il sì del Consiglio venga dato entro febbraio perché tutte le altre opzioni lascino impregiudicata l’entrata in vigore della legge. Un mese, infatti, deve essere messo in preventivo per l’eventuale rinvio da parte del governo e tre mesi dalla pubblicazione sul Bur per l’indizione del referendum confermativo, per il quale – come è noto, trattandosi di legge costituzionale – non serve il quorum. Questo verrebbe quindi celebrato in autunno. Teoricamente, l’approvazione consiliare potrebbe avvenire anche in primavera, ma in tale caso gli uffici – osserva Antonaz – potrebbero entrare in difficoltà.

Nel frattempo l’opposizione mette a fuoco le sue riserve sui contenuti elaborati dalla maggioranza. Moretton, presidente del Ppe-Mergherita, ritiene «da approfondire» lo sbarramento al 5%, mentre esprime perplessità sull’impianto della legge. «La maggioranza deve fare di più – osserva –, in commissione e in consiglio, per ascoltare le ragioni dell’opposizione». Riserve anche sul premio di maggioranza, del quale critica la modulazione da 33 a 36 consiglieri a seconda del consenso raggiunto dalla coalizione vincente.

Il diessino Renzo Travanut lascia trasparire disponibilità al dialogo là dove sottolinea da un lato l’avversione della sua parte all’indicazione del presidente sulla scheda («in questo modo verrebbe virtualmente sottoposto al ricatto dei partiti e gli verrebbe conferita una mutilata capacità contrattuale») e, dall’altro, precisa la portata della norma transitoria ancorata invece, come si ricorderà, all’elezione diretta. «Non è un aut aut. Perché – osserva, senza dare peraltro carattere ultimativo alle sue parole – non presentare un progetto innovativo?», un progetto in grado di definire le materie di competenza esclusiva del Consiglio per un migliore bilanciamento dei poteri. «È difficile, ma ci si può ragionare.

Se c’è la volontà politica, si può aprire una fase di confronto con gli esperti (Travanut cita i convegni del Censis su questa materia), da chiudere in tempi ragionevoli e in termini tali da non “compromettere” alcuna parte». Anche Travanut ha da ridire sul premio di maggioranza, giudicato «eccessivo». In particolare giudica «una forzatura la fissazione a 36 del numero di consiglieri da assegnare alla coalizione che abbia ottenuto tra il 41 e il 60% dei consensi». Su questo, come sugli altri argomenti, i Democratici di sinistra dibatteranno tra domani o dopodomani le idee e le proposte da presentare lunedì alla riunione del centrosinistra.