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Il Messaggero Veneto 21-04-2002

IL GESTO DI PANNELLA

di GIORGIO LAGO

Giacinto Marco Pannella, abruzzese di Teramo, per fare sul serio "politica" sta scherzando con la salute, forse con la vita. Dopo essersi mangiato anche la casa di famiglia per autofinanziare i radicali, adesso si è bevuto "il frutto del suo corpo", cioè un bicchiere della sua urina, per evitare in extremis il collasso finale da sete. Lo sciopero della sete è molto più pericoloso di quello della fame, perché noi siamo fatti per il 70 per 100 di acqua, e ne consumiamo parecchia anche soltanto respirando.

Per rendersene conto, è bastato guardare Pannella già l'altra sera al Tg2 o al Tg3, anche se le immagini erano state registrate alle 13 a Montecitorio: il fiato gli si era consumato, la parola imprigionata nella gola secca. Quando, alle 22.30, l'ho chiamato a casa, c'erano con lui quattro medici, un internista, un nefrologo, un neurologo e un cardiologo, impegnati a spiegargli che, a 72 anni di età, cinque giorni senza bere e senza ricovero in ospedale assomigliano a un suicidio non violento.

Il leader indiano Gandhi, chiamato Mahatma cioè la "grande anima", era diventato vegetariano a Londra leggendo un libro acquistato per uno scellino. Si inventò il digiuno come mezzo prima di auto-disciplina, poi di lotta "satyagraha", alla quale si richiama ora Pannella per spronare il capo dello Stato Ciampi e il presidente della Camera Casini a intimare a un Parlamento neghittoso e fazioso l'elezione dei due giudici della Corte costituzionale mancanti da ben 18 mesi. Diciotto mesi di omissione di atti d'ufficio, un record di vuoto istituzionale.

Ma proprio in ciò consiste il sublime di questa storia tutta italiana. Sublime non il digiuno, non quel bicchiere di liquido organico, non il corpo usato come arma disarmata, ma il fatto che Pannella metta consapevolmente in conto danni fisici certi e imprevedibili complicazioni (vedi il bollettino medico alle 11 di ieri) per ottenere qualcosa di cui agli italiani non frega assolutamente niente! Meno di zero, anche perché, senza lo spettacolo radicale della sete, la stessa informazione sul tema sarebbe sotto zero o quasi.

Importa poco che la Corte costituzionale rappresenti la garanzia delle garanzie del cittadino, visto che è il solo organo a poter giudicare le leggi stabilendo in sostanza se sono coerenti o incoerenti con la nostra Costituzione. Importa poco che la Corte sia dunque arbitra, sentenza su sentenza, della qualità della democrazia che ci riguarda tutti giorno per giorno, nelle cose più concrete. In un paese che ha un senso trasandato delle istituzioni, tutto ciò appare rito, procedura, muffa, l'esatto contrario di un prezioso bene collettivo. Capita su per giù la stessa cosa con il conflitto d'interessi, sul quale il centro-sinistra ha omesso di legiferare per cinque anni e sul quale il centro-destra punta a legittimare l'esistente, ma sempre nella sostanziale indifferenza dell'opinione pubblica. Ieri come oggi, la miscellanea di affari di Stato con affari privati non sembra affare dei cittadini anche se, beninteso, non può riguardare soltanto Silvio Berlusconi. Soprattutto, ma non soltanto lui.

Lo stesso voto popolare del 2001 ha dimostrato che la questione non fa politicamente testo, essendo stata rimossa come una scocciatura del sistema, punto e basta. E pensare che gli inglesi hanno regolato il conflitto d'interessi con una legge molto chiara e rigorosa già nel 1782! Disincantati, scafati, cinici e corrivi, siamo sempre attentissimi agli interessi (di categoria) e spesso distratti rispetto alle regole (della comunità): sciatteria nazionale più che indifferenza, alimentata dall'illusione che in Italia le cose prima o poi si aggiustino da sole. Inerzialmente. Giusto trent'anni fa Pannella diede sede, nei locali del Partito radicale, al nascente movimento degli omosessuali. Anticipava i tempi di un cambiamento culturale che, alla fine, avrebbe modificato perfino la pastorale della Chiesa cattolica.

Sul pluralismo dell'informazione e sulla Rai lottizzata come un'area fabbricabile, non ne parliamo, è da sempre il Piave di Pannella, ma qui sembra che il tempo sia inutilmente trascorso. I direttori del servizio pubblico continuano a essere indicati appunto per "aree" politiche di appartenenza e/o di riferimento, adesso come nel passato, senza che un solo giornalista decida di convocare una conferenza stampa per declinare le sue generalità: «Sono soltanto un giornalista professionista, la mia tessera dell'Ordine porta questo numero, querelerò chiunque mi identifichi con una qualsivoglia area». Sia essa Forza Italia, An, Ccd, Margherita, Lega o Ds, farebbe in tal caso ovviamente lo stesso.

A 72 anni, Marco Pannella fa una cosa brutta, pericolosa, già oltre il limite fisico, per la nomina di due giudici della Corte costituzionale. Dimostra di essere un grand'uomo perché lo fa in un paese dove rischia di passare per bizzarro o per fesso, in coda ai telegiornali e circondato da un "boh" di massa. Che saranno mai la Corte, il conflitto d'interessi e la Rai a lotti? Boh.