Il Piccolo (Trieste) 07/11/2004

Così ho imparato a convivere col mio Parkinson

La diagnosi nel 2002, la devastante vicenda giudiziaria, i timori per il futuro: l'ex vicesindaco oggi deputato racconta


Non è stato un gesto dettato dall'emozione. Roberto Damiani ci pensava da giorni. Poi ha deciso: quella di ieri - un dibattito pubblico sul tema «Disabilità e cittadinanza» - sarebbe stata l'occasione giusta per uscire allo scoperto. Per dichiarare la sua condizione di persona affetta dal morbo di Parkinson. Per fare chiarezza sulla malattia che lo tormenta e sulle conseguenze che gli procura. «Si rincorrevano voci fantasiose, ne ho sentite di tutti i colori. Allora, giacché sono un personaggio pubblico, ho trovato doveroso informare i cittadini della reale portata della mia malattia rassicurandoli sul fatto che questa non mi limita nelle mie attività». È proprio questo il punto che Damiani vuole inequivocabile: la malattia ha aggredito il corpo ma non le facoltà intellettuali, che «sono integre». Perché il Parkinson, a differenza dell'Alzheimer «con cui purtroppo molto facilmente viene confuso», non se la prende con la testa.



Onorevole Damiani, da quanto tempo è ammalato?

Il Parkinson mi è stato diagnosticato nel 2002. Avevo iniziato ad avere difficoltà nei movimenti, facevo fatica a scrivere, sentivo dolori articolari.

Cosa ha pensato quando i medici hanno stilato la diagnosi?

È stato un fulmine a ciel sereno. Ma ho provato una sensazione tranquilla della realtà. Vede, ho avuto la fortuna di arrivare a quel momento già depresso. Ora ne sto uscendo, ma la mia depressione era nata dalla vicenda giudiziaria nata nel 1999. Il Parkinson si è collegato con la mia condizione psicologica.

E paradossalmente l'impatto è stato meno devastante?

Si è trattato di un combinato disposto... Per controllare le malattie è necessario volerle combattere.

Lei come ha fatto?

Mi ha soccorso l'esperienza. Da ragazzino avevo sofferto un problema agli occhi: un incidente, a sei anni d'età. Era una faccenda meno grave, ma impattante sul piano psicologico: i ragazzini sono impietosi, ti prendono in giro, ti affibbiano certi appellativi... Superato lo choc, quella vicenda mi servì da stimolo per conquistarmi un'affermazione nella vita contro la deficienza fisica. Forte di questo passato, ho trasformato il Parkinson in un'opportunità per esplorare aree di interesse che sino ad allora non rientravano nelle mie consuete. Per un periodo sono stato anche commissario regionale dell'Anmic, l'associazione mutilati invalidi e civili. Ora mi occupo attivamente a livello parlamentare di problemi di salute, con un impegno e una sensibilità acuiti dalle mie condizioni. Ho ampliato i miei campi di interesse. E poi, quando si sta male sorge l'istinto di lasciare una traccia del proprio operato: è naturale. È naturale anche pensare di non farcela.

Le è mai successo?

No. Ho sempre pensato di supplire con la buona volontà a quello che mi manca sotto il profilo dell'integrità fisica. Certo mi sarebbe stato più facile crogiolarmi nel male. In realtà mi sono sobbarcato anche l'impegno del Coordinamento delle liste civiche, di cui sono stato eletto presidente nazionale. Un fatto che onora me e Trieste, e mi ripaga dei sacrifici.

Come è cambiata la sua attività politica con il Parkinson?

È cambiata in termini di presenzialismo, a causa dei disturbi del linguaggio: questo problema nell'emissione della voce mi impedisce di partecipare ai dibattiti in tv. È una limitazione cui cerco di opporre una attività di scrittura, che peraltro mi è anche più congeniale. Le pesa continuare a lavorare? Sotto il profilo pratico, abbastanza. Ma finché ci riesco...

Non ha paura di essere compatito?

Ecco, se ho parlato è appunto perché sono stanco di esserlo. Le mie condizioni fisiche, evidentemente minorate, mi provocavano forme di compassione, aiuti estemporanei fisici come l'essere aiutato ad attraversare una strada che non volevo attraversare... Per questo ho inteso chiarire come le mie facoltà intellettuali siano integre. Come tutte le patologie invalidanti, il Parkinson si traduce anche in un costo economico non irrilevante.

Lei sotto questo profilo è un privilegiato...

Sì, la disponibilità finanziaria conta moltissimo nella gestione della malattia. Noi deputati abbiamo un'assicurazione molto generosa, e questo mi consente di affrontare nel presente e in futuro i problemi legati alla malattia. Ma mi impegna ancora di più ad adoperarmi per chi non ha questa opportunità. Mi rendo conto che essere poveri in questa situazione è veramente tragico.

Dal 2002 a oggi cosa è cambiato?

Il Parkinson è una malattia che si può migliorare, tenere sotto controllo. E in questo senso mi sto dando da fare. I movimenti sono peggiorati e si vede. La difficoltà di linguaggio che ancora mi accompagna - in modo residuale, voglio sottolineare - si deve invece alla depressione scatenata dalle vicende giudiziarie di cui sono stato vittima. I problemi di parola sono esplosi nel giorno della mia assoluzione: sono crollate le difese.

Lei intravvede una correlazione tra vicenda giudiziaria, depressione e Parkinson?

Dal punto di vista medico è tutta da dimostrare, ma sotto il profilo psicologico è evidente: la depressione indebolisce le difese, il male ti aggredisce più facilmente. Sembro un pazzo a dirlo, ma nel 2001 avrei fatto più volentieri il candidato sindaco che il candidato deputato, malgrado le condizioni economiche siano tutt'altra cosa, le responsabilità in Parlamento - e anche l'impegno, se la prendi alla leggera - molto minori. Ma io a candidarmi a sindaco ci tenevo particolarmente, anche per il ricordo di mio padre, impiegato d'ordine del Comune che mi parlava sempre del suo lavoro: conservava un ricordo bellissimo di quando il suo assessore gli aveva stretto la mano. Ecco, erano memorie che mi spronavano a concludere il servizio politico come successore di Riccardo Illy. Mi è stato impedito a causa di una vicenda giudiziaria dolorosa. All'apparenza ho accettato serenamente una scelta imposta: interiormente è stato devastante.

Per questo quando il vicesindaco Lippi è stato coinvolto nell'affaire mense lei ha espresso innanzitutto solidarietà umana alla sua famiglia?

Sì, perché sono cose che devastano, da non augurarsi a nessuno. Vieni trattato non come una persona umana, ma peggio di una bestia.

Da chi?

Dal sistema. Non ho nulla da recriminare sul comportamento degli individui - giudici, procuratori - ma contro il sistema sì: non è possibile che una vicenda che dovrebbe chiudersi entro sei mesi duri tre anni e dieci mesi. Non è possibile che vengano secretate le indagini. Non è possibile che le registrazioni delle telefonate private finiscano sui giornali. L'avviso di garanzia è un avviso di condanna, l'opposto di quanto sarebbe dovuto essere. Sono rimasto particolarmente impressionato da un fatto che mi accadde quando ancora ero vicesindaco. Segnalai a un cittadino, in maniera gentile, che stava parcheggiando in un'area riservata ai dipendenti - non agli assessori, ai dipendenti - del Comune: gli avrei evitato una multa. Lei la pensi a no rubar , mi rispose. Sono ferite profonde.

In quale prospettiva vede oggi il futuro?

Innanzitutto voglio portare a compimento l'avventura del Coordinamento delle liste civiche. Poi, quando sarà il momento di pensare a nuove elezioni per il Parlamento, nel caso in cui vogliano propormi una ricandidatura sarò il primo a valutare la sussistenza delle condizioni fisiche, psicologiche e mentali necessarie ad accettare.

A prescindere da quelle che saranno le sue condizioni, le piacerebbe?

Considerato che comunque non sono fisicamente più in grado di aspirare a fare il sindaco, sì, mi piacerebbe. Ma lo ripeto, sarò il primo a dire no se non fossi nelle condizioni di farlo. Allora mi piacerebbe occuparmi in città di problemi culturali, non da assessore, ma in modo collaterale.

Come è cambiata la sua vita privata?

Ho bisogno di aiuto, sono lento nei movimenti. Ma sono fortunatissimo: chi mi sta vicino mi ha dato un aiuto grande soprattutto dal punto di vista psicologico.

C'è un messaggio che vorrebbe lanciare a chi è nella sua condizione?

Non bisogna autoemarginarsi. Le barriere più insormontabili non sono quelle materiali ma quelle psicologiche: sono la paura che ti attanaglia, la paura di fare brutta figura, la paura che ti cada la minestra dal cucchiaio, anche se a me la mano non trema. Tutto questo va superato, perché è questo che ti limita nella vita, questo che ti fa sentire più malato di quanto non sia. Agli altri invece vorrei dire di considerare una persona che soffre di un disturbo fisico per quello che è, senza pietismi né favoritismi, rispettandone la dignità.

C'è una cosa che da ammalato le ha fatto più male di altre?

Di recente durante un dibattito tv, commentando il fatto che avevo annunciato la mia assenza alle celebrazioni del 26 ottobre in piazza Unità, il sindaco Roberto Dipiazza ha detto che io avevo bisogno di un certificato di esistenza in vita politica. L'ho trovata una battuta di pessimo gusto, mentre l'onorevole Roberto Menia, che era presente al dibattito, annotando come tutte le posizioni siano rispettabili è stato un gran signore. Mi limito a questo episodio, perché non voglio scendere in polemiche.

E la solidarietà?

Negli amici delle liste civiche d'Italia ho trovato un grande affetto, così come a Trieste, nella gente comune soprattutto. Qualche delusione l'ho avuta da parte di alcuni amici.

Cosa le fa più paura guardando al domani?

L'ipotesi della non autosufficienza. Perché se vivrò abbastanza in termini di anni, quel momento arriverà. Io spero che il termine della vita e quello dell'autosufficienza coincidano. Ma questa prospettiva è nelle mani di Dio. E io non farò nulla per forzarla, né in un senso né nell'altro.


Paola Bolis



ROBERTO DAMIANI

Nato nel 1943, laureato in lettere, Roberto Damiani è docente universitario in pensione. Divorziato, vive ora con la sua compagna. Ha un figlio, Filippo Demetrio, candidatosi nel 2001 al consiglio provinciale con la Lista Illy.

Fecondo autore di libri, testi per il teatro e la radio, Damiani ha iniziato il suo impegno politico al fianco di Riccardo Illy, della cui giunta è stato vicesindaco per l'intera durata dei due mandati, dal 1993 al 2001.

Nell'ottobre del 1999 è finito nel registro degli indagati: ipotesi, corruzione. A fine gennaio 2003 è stato assolto con formula piena. Nel frattempo, si è candidato nel 2001 a deputato.

A Montecitorio siede da allora nel gruppo misto, unico rappresentante «civico». Tra gli artefici principali della nascita del Coordinamento nazionale delle liste civiche, ne è stato eletto presidente poche settimane fa.



05-12-2004 AUDIO MARCO PANNELLA e ROBERTO DAMIANI:
Libertà di ricerca scientifica e referendum
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