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Il Piccolo 17-04-2002

Confronto a Monfalcone al «De Gasperi». Legge elettorale perfettibile.

Travanut e Biasutti in linea sul testo della discordia

MONFALCONE - La nuova legge elettorale regionale non è perfetta. È l'unico punto che ha messo d'accordo il diessino ex presidente della giunta regionale Renzo Travanut, il portavoce dell'attuale presidente della Regione Alessandro Colautti e l'ex presidente regionale ed ex deputato Adriano Biasutti, chiamati a confronto sulla riforma dal centro studi «De Gasperi» a Monfalcone. Travanut ha colto l'occasione per ribadire i motivi del «no» dei Ds al momento del voto in Consiglio regionale: mancato inserimento dell'elezione diretta del presidente della Regione, mancata riforma dell'impianto di base dell'istituzione Regione, mancata soluzione della questione della rappresentatività della minoranza slovena.

«Credo che le cose siano andate così - ha detto - perché la legge è nata male. La rinuncia all'elezione diretta del presidente è il prezzo che il Polo ha pagato alla Lega al momento dell'elezione di Tondo, mentre An ha rinunciato al presidenzialismo in cambio del mancato riconoscimento della questione slovena».

Secondo Colautti, invece, l'esigenza di stabilità del governo regionale è garantita da un lato dallo sbarramento al 4%, dall'altro dal ricorso alla sfiducia costruttiva per poter cambiare il presidente nel corso della legislatura. «L'indicazione e non l'elezione diretta - ha aggiunto - rappresenta il modo migliore per i cittadini di riappropriarsi della politica attraverso i partiti senza patologie da Prima Repubblica. Sono però d'accordo con Travanut riguardo alla carenza sulla rappresentatività della minoranza slovena».

Biasutti (ora forzista) rifiuta la formula del presidenzialismo totale che «rischierebbe di spaccare in due una regione più politica che storica. C'è poi l'esempio di Trieste - ha ricordato -, dove Illy, eletto direttamente dai cittadini come sindaco, non ha poi più avuto biosogno di alcun dialogo coi partiti che l'avevano sostenuto». Anche secondo Biasutti, però, all'atto dell'elaborazione della riforma il Consiglio si è smarrito: «L'aula ha anzi esasperato la debolezza del presidente e della giunta» ha concluso Biasutti.

la. bl.