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Il Piccolo 30-10-2001

Sottoscritto ieri a Lussemburgo il trattato di associazione e di stabilizzazione con l’Ue. Prima iniezione di aiuti con un finanziamento comunitario di 60 milioni di euro

Zagabria: via dai Balcani, la meta adesso è l’Unione Europea

LUSSEMBURGO «Questo è il primo passo verso l’adesione all’Unione europea». Così il premier croato, Ivica Racan commenta, dopo aver appoggiato la penna stilografica sul tavolo, la firma del trattato di associazione e stabilizzazione tra Zagabria e l’Ue, ieri a Lussemburgo. A suo fianco ci sono il ministro degli Esteri, Tonino Picula, il responsabile della politica estera comunitaria, Javier Solana, il commissario alle Relazioni esterne, Chris Patten e il ministro degli Esteri belga, Louis Michel (Il Belgio detiente la presidenza di turno dell’Ue ndr.). «Ora dipende tutto da noi - aggiunge - da come sapremo applicare questo accordo. Certo l’Europa non va idealizzata ma - dice - siamo consci che non c’è posto migliore per il futuro della Croazia». «Abbiamo fatto il primo passo - ripete il premier - su una via lunga e difficile. Ma noi vogliamo arrivare con successo fino alla fine di questo percorso, per far parte della nuova integrazione europea». La Croazia, che è il secondo Paese dei Balcani dopo la Macedonia a firmare quest’intesa, è determinata a dar corso ai negoziati per l’adesione all’Unione a partire dal 2006.

Dei problemi con l’Italia nessun accenno. Eppure proprio Racan non manca di sottolineare come proprio questo accordo porterà «effetti benefici» nei rapporti con la Slovenia (Zagabria e Lubiana hanno ancora aperto un lungo e pesante contenzioso relativo ai confini di Stato e, soprattutto, a quelli marini nel golfo di Pirano ndr.). Ma sul «caso Zara» vige, almeno per oggi, la consegna del silenzio. Il primo ministro puntualizza altresì che la Croazia, nell’ambito del processo di adesione all’Ue, non accetterà politiche regionali in ambito ex jugoslavo, ribadendo il carattere individuale dell’approccio comunitario.

«La firma di quest’accordo - gli fa eco il commissario Patten - dimostra la strada compiuta in soli 22 mesi dalla Croazia, che sta muovendosi a un ritmo molto rapido». L’intesa sottoscritta ieri a Lussemburgo disciplina la cooperazione fra i Quindici e la Croazia su numerosi fronti: dialogo politico, cooperazione regionale, la creazione di un’area di libero scambio per prodotti e servizi dopo un periodo transitorio di sei anni, il riavvicinamento della legislazione croata agli standard comunitari, la collaborazione in vari campi compreso quello della giustizia e degli affari interni. L’accordo avrà piena validità solo dopo la sua ratifica da parte dell’Europarlamento, delle assemblee parlamentari di tutti e quindici i Paesi membri dell’Ue e di quella croata. Nel frattempo però, a partire dal primo gennaio 2002, entrerà in vigore una sorta di accordo transitorio che renderà operative gran parte delle clausole previste nel trattato vero e proprio. E già per il prossimo anno sono in arrivo per Zagabria aiuti finanziari targati Ue per un ammontare complessivo di 60 milioni di euro.

Il Capo dello Stato croato, Stipe Mesic, ha definito la firma dell’accordo come «la logica conclusione di quel processo iniziato proprio a Zagabria nel novembre dello scorso anno al summit tra Unione europea e Balcani». La Croazia, secondo il Presidente, deve adesso rimboccarsi le maniche e iniziare a lavorare sodo. «Non dobbiamo commettere l’errore - commenta Mesic - di farci prendere, nè da una facile euroforia, nè da un deleterio scetticismo. Sappiamo - dice - qual è il nostro obiettivo e che cosa dobbiamo fare per ottenerlo. Non sarà facile e i risultati non si vedranno subito. Dobbiamo altresì essere ben consci che l’unica alternativa all’ Europa è l’isolamento».

Se Mesic sa, dunque, che l’iter verso l’adesione all’Ue non è nè facile, nè agevole, sa anche che proprio in Croazia ci sono ancora quelli che «per difendere i propri interessi e i propri immotivati privilegi sarebbero lieti di escludersi dal resto del mondo per fare ritorno nell’isolamento (chiara l ’allusione al passato regime del defunto Presidente Tudjman ndr.), per poter fare della Croazia e dei croati ciò che loro aggrada. Ma questo - afferma deciso Mesic - non dobbiamo permetterlo». «Perché in Europa non si risolvono magicamente i problemi aperti, ma certamente l’Europa - conclude il Presidente - è la terra per chi vuole difendere e rispettare i suoi e gli altrui confini e non li vuole invece distruggere».

La Croazia esce così dal calderone balcanico ed entra a far parte del «club» europeo. Un’accelerazione che neanche due anni fa sembrava impossibile. Un processo, quello croato, che oggi diventa un esempio di dove possa condurre un’oculata politica democratica e rispettosa dei diritti umani.

m. manz.