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Il Piccolo 12-10-2001

L'assessore Santarossa presenta in commissione i conti del settore: nonostante i tagli è profondo rosso

Sanità, ora il buco è di 530 miliardi

Tutte aperte le ipotesi sui risparmi, ma il referente parla di «investimenti»

TRIESTE - In sei anni sono calati posti letto (da 7811 a 6340), i ricoveri (da un milione e 900 mila a un milione e 400), le giornate di degenza ospedaliera (da oltre due milioni a un milione e 600: il «tasso», Azienda per Azienda, è nella tabella qui sopra) e stanno per calare anche i reparti considerati un «doppione». Sale però il deficit, che tra '95 e 2000 ha toccato i 338,5 miliardi, cui vanno aggiunte le perdite del 2001. Totale: 530 miliardi circa su un bilancio annuale di 3000.

C'è ora la seria ipotesi di introdurre ticket regionali e fondi integrativi, nonché di aprire il portafogli del cittadino, che si ostina a volere salute gratuita. Eppure la parola d'ordine è: «Chi parla di sbando? Non sono tagli, e nemmeno risparmi». Lo ha ripetuto ieri davanti alla terza commissione l'assessore regionale Valter Santarossa, illustrando un fitto pacchetto di pagine redatte dall'Agenzia regionale della Sanità, le stesse che il giorno prima il suo direttore, Lionello Barbina, aveva portato a un convegno triestino sui «costi della Sanità», commentate lì per lì (politicamente) dal presidente della giunta, Tondo.

Si è, con qualche ritardo, alla vigilia dell'annunciato «nuovo piano» per la rete sanitaria regionale, che poi è semplicemente una riproposizione aggiornata della legge 13, licenziata proprio nel '95, sulla base della quale già quattro ospedali sono stati chiusi, ultimamente quello di Cividale ha trasferito le proprie attività a Udine e quello di Maniago (tra ultimi strappi di protesta) perderà a breve Medicina e Riabilitazione. «Dire che si vuole risparmiare sulla Sanità è inaccettabile - ha detto ieri Santarossa ai consiglieri della commissione presieduta da Giovanni Castaldo di An -, sono stati fatti investimenti per 1050 miliardi». Nello specifico, sempre nell'arco '95-2001, si parla di opere murarie (757 miliardi e mezzo, il 72 per cento) e di attrezzature (292 miliardi e mezzo, il 28 per cento).

Vero è che nelle Rsa i letti sono passati da 95 suddivisi tra Trieste e Gorizia a 640 con copertura regionale; che la riabilitazione a domicilio è quasi raddoppiata dal '98 a oggi; che l'assistenza domiciliare integrata è cresciuta, e così pure il «day hospital» (da 118 mila, circa, a circa 176 mila utenti), e che il saldo tra cittadini che vanno a curarsi fuori regione ed extraregionali che vengono qui è nel complesso positivo (14 mila «fuggiaschi» contro 22 mila «entranti» nel '99).

Però questo avvio di coinvolgimento - la giunta qui cerca, e non è escluso che incassi, qualche almeno parziale sostegno dall'opposizione - punta soprattutto a mettere il tappo alla spesa, dove spicca il dato triestino: il più alto, con oltre 65 miliardi di perdita tra '95 e 2000, cui si aggiungono i 17 in «rosso» del «Burlo Garofolo». Quindi non si esclude nemmeno l'abolizione di qualche Azienda sanitaria. Si vogliono centralizzare gli acquisti di beni. Si pensa a pazienti dimessi che vadano a prendere le medicine negli ospedali, che le comprano a metà prezzo. Ad appalti esterni per lavanderie e cucine. A cofinanziamento tramite fondi integrativi. A emissione di titoli obbligazionari. A concentrazioni di personale amministrativo. A cittadini che pagano un po'.

Ieri i consiglieri hanno risposto con una raffica di domande su servizi e strutture. La maggioranza si confronterà a fine mese. Poi, forse, si saprà chi deve morire, e a favore di chi.

g. z.