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Il Piccolo 19-09-2001

Il ministro degli Esteri sloveno replica via Internet alle richieste di Roma per il rispetto dei principi non discriminatori dell'Ue

Rupel: «Noi, più europei degli europei»

Nel mirino della Farnesina la denazionalizzazione che esclude gli esuli

LUBIANA - Non ha preso carta e calamaio. Il ministro degli Esteri sloveno, Dimitrij Rupel ha «impugnato» la tastiera del suo computer e si è affidato alle autostrade virtuali di Internet. Perché quella colazione di lavoro avuta con il capo della Farnesina, Renato Ruggiero a Lubiana la scorsa settimana è risultata alquanto indigesta alla diplomazia slovena. E sui rapporti bilaterali tornano, una volta ancora, a incombere i fantasmi dei beni abbandonati dagli esuli. Così Rupel ha voluto fornire la sua versione dei fatti, ha voluto rendere pubblici quei colloqui svoltisi davanti a una tavola ben imbandita, per rispondere a quelle che, a posteriori, diventano le nuove richieste italiane.

Ma richieste legate a che cosa? Ma ai beni abbandonati, naturalmente. Ma non si era detto che l'Italia aveva rinunciato a perorare la loro restituzione da parte della Slovenia? Sì, ma. Appunto c'è un nuovo «ma» nell'intricatissima vicenda. Roma adesso sta pensando a nuove soluzioni negoziali legate ai temi della denazionalizzazione in atto nella vicina repubblica, cosicché usciti dalla porta, i beni ritornano prepotentemente sulla scena diplomatica entrando dalla finestra. Alla Farnesina, infatti, durante l'incontro preparatorio della missione di Ruggiero a Lubiana - incontro che aveva visto la partecipazione addirittura del vicepremier e presidente di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini - è stato evidentemente varato un nuovo approccio alla questione che, lasciati da parte i vari trattati di Osimo, accordi di Roma e Piano Solana, punta ad agire direttamente dall'interno della legislazione nazionale slovena.

Dunque tutto ruota attorno a quel pranzo lubianese. Durante il quale il ministro degli Esteri Ruggiero ha chiesto al «collega» sloveno, Rupel, di dichiarare ufficialmente, ossia per iscritto, l'impegno a rispettare i principi basilari dell'ordinamento giuridico europeo nel corso del suo iter di adesione all'Ue. Principi europei che, secondo quanto sostenuto da Ruggiero, prevedono il trattamento «non discriminatorio» di tutti i cittadini. Principi che sarebbero attualmente disillusi dalla Slovenia proprio nell'attuazione del processo di denazionalizzazione che prevede la restituzione dei beni confiscati dal passato regime jugoslavo solamente ai cittadini sloveni. Insomma, si discriminano gli esuli italiani che, proprio in quanto italiani, non possono godere dei diritti sanciti dalla legge slovena in materia. E se a quel benedetto pranzo non si è mai esplicitamente parlato di esuli, i beni sono diventati ugualmente degli ingombranti convitati di pietra. Tanto da rovinare la digestione a Rupel.

Il quale, a una settimana di distanza, si è voluto togliere quel sassolino dalla scarpa, affidando le proprie esternazioni a Internet, sul sito riservato al ministero degli Esteri. Racconta Rupel: «Nelle consultazioni che avevano preceduto l'incontro (con Ruggiero ndr.) la parte italiana aveva dichiarato che a Lubiana non avrebbe riaperto la questione degli optanti, ossia degli esuli. Come previsto, il ministro degli esteri italiano - prosegue Rupel - ha dichiarato che "pacta sunt servanda", che bisogna rispettare gli accordi esistenti, nel nostro caso quelli di Osimo e di Roma, che regolano definitivamente la questione degli indennizzi per i beni abbandonati dagli italiani che, negli anni Cinquanta, hanno lasciato la Jugoslavia socialista. Il più recente accordo su questo argomento (il compromesso Solana) - precisa poi il ministro sloveno - è parte integrante dell'accordo di associazione della Slovenia all'Ue». «Tuttavia Ruggiero - precisa Rupel - quasi ai margini dell'incontro però ha proposto un'inattesa quanto "interessante" (virgolettato nel teso ndr.) aggiunta che deve ovviamente essere rispettata.

Egli ci ha proposto di produrre una dichiarazione sul rispetto nel nostro Paese del principio di "non discriminazione" quale uno dei principi generali dell'Ue». «Sebbene queste proposte impreviste - chiosa Rupel - non facciano parte della prassi diplomatica, abbiamo risposto che non ci sembrano necessarie dichiarazioni aggiuntive sul rispetto dell'ordinamento giuridico europeo. La Slovenia sta oramai da alcuni anni adeguando il proprio corpus legislativo a quello europeo e sta negoziando l'adesione all'Ue. Su questa strada vengono rispettati tutti i criteri e le norme valide negli stati membri». «In alcune norme - conclude un indispettito Rupel - noi sloveni siamo più europei degli stessi Stati membri dell'Unione e a fronte di molte richieste europee siamo più arrendevoli degli altri Paesi candidati all'adesione».

Il ministro sloveno allude al fatto che in sede europea nessun appunto è mai stato fatto ai criteri di denazionalizzazione in atto nel Paese. Che, anzi, vi è stata soddisfazione a Strasburgo per il fatto che il 53% del processo è già stato concluso e che Lubiana è l'unico tra gli Stati che aspirano all'Ue a restituire materialmente i beni ai suoi cittadini, non limitandosi invece a un solo indennizzo monetario. Nessuno in Europa ha mai bollato come discriminatoria la denazionalizzazione slovena, per cui Lubiana non ha intenzione, viste anche le parole del suo ministro, a redigere ulteriori dichiarazioni a riguardo. Ergo, se l'Italia vuole muovere obiezioni lo faccia in sede comunitaria, assumendosene le responsabilità di fronte agli altri quattordici partner europei.

Mauro Manzin