| Home | Documenti | Foto | Risultati elettorali | Forum FVG | Posta | Link |


Il Gazzettino 06-10-2001

«Referendum, federalismo da costruire»

Domani la consultazione sulla legge costituzionale che ridisegna i rapporti tra Stato e autonomie locali

Il Forum sul referendum "federalista" sulla legge di riforma del titolo quinto della Costituzione è stato coordinato dai giornalisti Adriano Favaro, Alvise Fontanella, Paolo Francesconi, Giorgio Gasco. Hanno partecipato l'on. Luciano Dussin (Lega Nord), l'on. Maurizio Fistarol (Margherita), l'assessore regionale del Veneto Raffaele Grazia (Forza Italia), il consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia Bruno Zvech (Ds). A loro abbiamo inizialmente chiesto una sorta di "dichiarazione di voto" sul referendum.

DUSSIN:La nostra posizione è chiara, noi siamo per il no se il cittadino decide di andare a votare. Rivendichiamo il diritto da parte di una maggioranza parlamentare che ha appena ottenuto il consenso dei cittadini di iniziare il suo iter legislativo con proposte proprie, non ereditate negli ultimi giorni del termine della legislatura scorsa. Noi su questa proposta vediamo un tentativo del centrosinistra di crearsi delle basi anche per il futuro e condizionare i primi mesi del nuovo governo per bloccare la devolution. In primo luogo, la riforma nasce da una maggioranza, quella dell'Ulivo, che noi definiamo abusiva. Inoltre è stata approvata qualche mese prima delle votazioni quando ormai era chiaro che il centrosinistra sarebbe andato in minoranza. La dicono lunga al riguardo le ultime 1500 assunzioni fatte dai ministeri tra aprile e fine maggio. Noi non crediamo tra l'altro a questo impianto di riforma perché abbiamo già provato quali sono state le aperture di D'Alema e Amato. Tra questi, la bocciatura da parte della Corte Costituzionale - che per noi comunque ha un grosso radicamento politico - di tenere il referendum sulla devolution, che era parte del nostro programma alle ultime Regionali.

FISTAROL:La nostra legge di riforma costituzionale è, oggettivamente, un enorme passo in avanti verso una organizzazione federale dello Stato e bisogna votare sì. Anzi, se questa riforma fosse stata fatta a metà degli anni Novanta quando nel Paese c'era un forte movimento riformatore, soprattutto nel Nordest, per una modifica del genere si sarebbe parlato di rivoluzione federalista perché cambiano profondamente i rapporti tra i poteri. Non è un caso se i Comuni, le Province italiane e il 90\% delle Regioni invitano a votare sì. Che sia chiara una cosa: non c'è stata alcuna forzatura del centrosinistra, il testo era stato concertato con tutto il mondo delle autonomie locali italiane, e su di esso c'era stata una sostanziale condivisione anche del centrodestra durante i lavori della Commissione Bicamerale. Era importante che dopo tanti fallimenti delle Bicamerali, arrivasse al Paese un segnale di cambiamento concreto.È federalismo o non è federalismo?. Anche qui bisogna che ci intendiamo. Non è che il federalismo lo si crea con una modifica di legge, cambiare la nostra Repubblica, tipicamente centralista, in una Repubblica federale è e sarà un processo non breve, e non facile, perché vanno vinte innumerevoli resistenze conservatrici, che si annidano ovunque: in tutti i partiti, in tutte le rappresentanze economiche, ne i sindacati. Allora rispetto a questa situazione noi con questa riforma intraprendiamo, e con passo lungo e deciso, un cammino riformatore.

ZVECH:Vorrei sottolineare che stiamo utilizzando per la prima volta uno strumento referendario per quanto riguarda la Costituzione. E siccome non c'è neanche l'opportunità di giocare sull'assenza di votanti perché il quorum è ininfluente, una volta di più bisogna dire che ogni voto conta. Non mi piace la scarsissima volontà della Casa delle Libertà di discutere nel merito, questa specie di furia iconoclasta che anima qualcuno per cui, in ogni caso, qualsiasi cosa sia stata fatta prima non va bene. È singolare perché, come diceva Fistarol, c'è stata un'ampia convergenza su larghissimi tratti di questo provvedimento. Io vengo da una regione in cui lo spirito autonomistico è formidabile; si vuole essere autonomi da Roma, poi i Comuni vogliono essere autonomi dalla Regione, poi dentro i Comuni i Consigli di quartieri vogliono essere autonomi rispetto al Comune e temo che qualche mio concittadino a colpi di autonomia tra poco sarà anche autonomo da se stesso... Io respingo l'idea che noi possiamo vivere con una somma di federalismi, autonomie ecc. senza avere come punto di riferimento l'idea nazionale. A me pare una follia. Ora, questa riforma federale consente di dare risposte alle esigenze delle persone rafforzando quelle istituzioni che più alle persone sono vicine, e penso soprattutto ai Comuni. Guardate che non è scontato, perché le Regioni, a cominciare dalla mia, sono restie trasferire poteri e risorse. La Regione Friuli poteva tranquillamente ridefinire e disciplinare in maniera diversa i rapporti con gli enti locali, spesso presi a sberle indipendentemente dal colore della Giunta regionale. La Regione poteva tranquillamente arretrare da funzioni gestionali e amministrative e non l'ha fatto; dal punto di vista del decentramento la Regione non ha prodotto nulla di meglio di quanto si fa ora con questa legge costituzionale che invito i cittadini ad approvare.

GRAZIA: Mi pare che continuiamo ad aggiungere pezzettini di un qualcosa che insieme non riesce a fare sistema. Lo chiamano impropriamente referendum sul federalismo. A mio avviso la vera legge federale è quella che recita: articolo 1, "L'Italia è una Repubblica federale...", e di conseguenza stabilisce un ordinamento nuovo delle realtà delle autonomie locali. Il federalismo è possibile, so che adesso dico una cosa forte ma è arrivato il momento in questo paese di dire anche le cose forti, nel momento in cui stabiliamo anche un concetto fondamentale: che tutte le Regioni sono uguali. Continuiamo a ragionare in un Paese in cui ci sono Regioni che hanno delle delle possibilità e delle opportunità e ce ne sono altre che ne hanno molte meno, in termini di poteri legislativi, in termini anche di trasferimenti di risorse finanziarie. Non è certamente una battaglia rispetto al Friuli Venezia Giulia che vive comunque una particolare forma di autonomia. Certamente c'è una sperequazione con il Trentino Alto Adige, la Val d'Aosta, la Sicilia e la Sardegna. Penso che ci sia bisogno di un nuovo ordinamento dello Stato prima di pensare alle competenze e alle deleghe, e ai poteri che queste stesse hanno. È possibile, secondo voi, che in una regione come il Veneto permangano 581 comuni, il 40\% dei quali ha meno di 3-4 mila abitanti, in termini di funzionalità di risposta al cittadino? È possibile che continuiamo a sviluppare politiche che si limitano ad una visione vecchia dei confini provinciali? Una revisione vera dello Stato deve partire da queste considerazioni. Il Veneto è forse la regione che vive più di altri una vocazione autonomista. Vedi la richiesta di referendum fatte nella scorsa legislatura regionale ed anche le due proposte di statuto presentate da Galan e Cacciari. Che non vanno certamente nel senso della proposta referendaria di domenica. Tutti questi ci fanno dire di no perché sono e continuano ad essere degli aspetti assolutamente parziali. O il problema si risolve alla radice, e cui ci vuole uno sforzo a mio avviso non di una sola parte, e qui c'è una responsabilità politica molto chiara. Credo che progetti di riforma non possono essere vissuti solo da una parte politica.Dopo le dichiarazioni di voto, ecco le questioni principali emerse nel dibattito.

Le nostre domande: 1) C'è una riforma che parte col titolo Ordinamento federale della Repubblica e finisce per rinunciare addirittura alla parola federale e questo col consenso sia del Polo che dell'Ulivo. Poi vede questa stessa legge essere sottoposta a referendum da parte della stessa parte politica (l'Ulivo) che l'ha approvata. Ed ancora: nella riforma manca il tassello fondamentale del Senato delle Regioni. Ma come mai le stesse forze politiche che l'hanno respinto, adesso dicono che bisogna completare la riforma aggiungendolo?


2) Una domanda sul dopo anche alla luce di alcune prese di posizione del governatore lombardo Formigoni e di altri governatori e sindaci del Polo, che votano sì o comunque non si oppongono a questa riforma. Ritenete che c'è voglia in Parlamento e nel Paese di riaprire il dossier federalista, dopo il referendum? O che la questione si chiuda più o meno domenica?

3) Ritenete vero che in materia di federalismo la vera spaccatura non è tra partiti né tra schieramenti, ma è tra senatori e deputati del Nord e senatori e deputati del Sud?

4) Agli esponenti del centrosinistra: forse questo più che federalismo è un buon decentramento. E allora, a questo punto, c'erano già le leggi Bassanini, e si poteva cominciare da lì. Al centrodestra: si dice che si vuole la devolution su sanità, polizia locale e formazione professionale. Ma sulla sanità c'è già il decentramento e su questo penso che i governatori del Polo si giocano la loro credibilità.

5) Possiamo permetterci di continuare ad avere novità, nuove leggi, senza che le forme dell'amministrazione statale e non siano così confuse, difficili, poco retribuite, in mano a logiche spesso solamente di clientela e non di efficienza, vorrei dire aziendale?

DUSSIN:1) Sul primo punto ribadisco che si è trattato di una forzatura proposta a fine legislatura. Noi ci proponiamo in modo completamente diverso, all'inizio della 14. legislatura, parliamo di riforme costituzionali. Io ho vissuto tutta la storia della riforma quale membro della Commissione Affari Costituzionali. Il testo licenziato in commissione aveva 17 articoli e alla fine è stato scremato a 10-11. Gli emendamenti inerenti all'attivazione del famoso Senato delle Regioni erano stati proposti e sono stati bocciati non prima di 15 giorni dalle consultazioni elettorali.

2) Il dopo referendum. Io leggo così la presa di posizione di Formigoni e di altri amministratori del Polo. Fanno l'ipotesi che vinca il sì e che per qualche tempo altre iniziative non partano. Ecco che allora un presidente di Regione e di Provincia può anche fare un conto di breve periodo e puntare sul fatto che siccome la riforma prevede tutta una sfilza di leggi concordate con lo Stato, da un governo «amico» posso ottenere qualche valida concessione. Però chi fa politica deve anche vedere cosa potrebbe succedere fra cinque anni, se cambia il governo.

3) La spaccatura Nord-Sud: è verissima, c'è il famoso partito trasversale che non risponde agli ordini di Berlusconi, di D'Alema, di nessuno, quando si va a votare purtroppo saltano queste cose. Ed è il problema base. Il problema è sempre delle risorse e di alcune Regioni che trainano e altre che frenano. Da qui parte la proposta di Bossi sulla devolution - chi è pronto parte - in cui per altro all'inizio si farà fatica a leggere qualcosa che va nel senso delle risorse perché altrimenti bisogna accettare la rivolta sociale del Paese. È così.

FISTAROL:Se di forzatura c'è stata, è stata ad opera del centrodestra che si è opposto, per ragioni elettorali, all'approvazione di una legge su cui tutti erano d'accordo. Secondo, il referendum è stato chiesto in primo luogo dai senatori del centrodestra che adesso invita a non andare a votare. Strano no?. Parliamo ora dei contenuti. Dentro ci sono i principi di uno Stato federale, a cominciare dalla sussidiarietà.Se l'avessimo chiamata riforma federale ci saremmo salvati l'anima, ma avremmo preso in giro i cittadini perché mancano tasselli importanti come il Senato delle Regioni. Ma nella riforma Comuni e Province assumono rilievo e dignità costituzionale. Passa il principio della sussidiarietà orizzontale, quello per cui viene riconosciuto il protagonismo, diciamo, del cittadino singolo e associato. C'è il principio del federalismo fiscale chiaramente detto: Comuni, Province e Regioni dispongono di tributi propri, hanno piena autonomia di entrata e di spesa, c'è il principio della compartecipazione al gettito di tributi erariali riferiti al loro territorio. Sono principi di uno Stato federale. C'è il principio per cui la competenza legislativa generale è delle Regioni e non è più dello Stato. Ci sono troppe materie ancora che rimangono allo Stato? Forse sì. C'è il principio della velocità variabile chiaramente detto, rispetto alle cose che diceva prima la Lega, cioè il fatto che le Regioni più pronte possono chiedere ulteriori forme di autonomia allo Stato, e ci sono poi cose concretissime. Vengono eliminati tutta una serie di controlli, sparisce il commissario governativo.

ZVECH:Questo sforzo legislativo sia stato il massimo che si poteva ottenere. Non so se in questa legislatura sarà possibile ottenere di più. Tutto dipende se si trova un'intesa tra centrodestra e centrosinistra. E io credo che qualunque tipo di intervento o è sorretto da un grande trend economico oppure si infrange contro necessità quotidiane. Per cui penso che i governatori ragionino così: intanto c'è questo, poi se su questo ragioneremo, troveremo altro. Penso che oggettivamente alle Regioni convenga che questa legge passi.

GRAZIA:1) I princìpi ci possono anche essere, ma non c'è il principio base che ripeto è: "L'Italia è una Repubblica federale" e subito dopo "Tutte le Regioni sono uguali". Poi sulle perequazioni tra realtà regionali credo che non ci sia nessuna difficoltà e dobbiamo, lo ri-sottolineo, eliminare i privilegi di chi oggi vive situazioni che vanno al di là di ogni regola di autonomia. Non è concepibile che Comuni di alcune Regioni di questo Stato debbano sperperare risorse finanziarie per continuare ad averne nell'anno successivo. Allora abbiamo paesi con tremila abitanti che costruiscono palazzetti dello sport per cinquemila spettatori. Ma vi pare un Paese credibile?

2) Le posizione diverse dentro il centrodestra? Spero che questa libertà di posizione sia davvero la considerazione che molti governatori hanno fatto "piuttosto di niente è meglio questo" piuttosto che una posizione politica di allineamento nel timore di una vittoria del sì.

3) Il dopo? C'è la necessità di un confronto molto forte. Io, è una posizione mia personale, ritornerei sull'idea di Costituente. La spaccatura Nord-Sud? Esiste da sempre. Al Sud però hanno una maggiore capacità di fare sistema: quando c'è bisogno, si compattano tutti, destra o sinistra che sia. Secondo me l'errore vero delle realtà del Nord è che ognuna ragiona in modo individualista.

4) Decentramento o federalismo? Questo è un pezzettino aggiuntivo al disastro delle Bassanini che noi abbiamo votato per ultima Regione non tanto perché volevamo essere gli ultimi, ma perché avevamo sollevato un conflitto sulla legittimità delle Bassanini e aspettavamo il parere della Consulta. Lo dite voi dell'Ulivo, questa non è una riforma federalista, ma un percorso di decentramento. La questione della Sanità regionale: abbiamo certamente un potere di gestione, ma le risorse vengono sempre decise dallo Stato la prima settimana di agosto. E allora, cosa scegliamo, se non i ticket? Continuiamo con questa storia della doppia velocità Nord Sud. No, sono venti velocità diverse e credo che devoluzione significhi stabilire chiaramente un riferimento, non significa dire tutto alla Regione o si tenga tutto lo Stato, significa dire un po' all'uno e un po' all'altro ma con molta più chiarezza di quella che c'è oggi. Poi credo nella necessità di avere meno leggi e più chiare perché noi purtroppo abbiamo una legislazione che è sempre interpretabile. E qui è chiaro che c'è un processo culturale da fare nella struttura della burocrazia che è incredibile che ha bisogno di un percorso da svilupparsi nel tempo, e credo che sia arrivato il momento anche in questo Paese di pensare davvero a una scuola di formazione per la pubblica amministrazione. In Veneto stiamo costruendo una scuola regionale ci questo tipo perché c'è bisogno di avere un'omogeneità nella formazione, non cento indirizzi diversi a seconda di chi è l'ente formatore.

ZVECH:Capisco tutto, ma ricordatevi una cosa: certi processi non si bloccano. La modernizzazione del Paese partita negli anni '90 andrà avanti, al di là della politica. Garantito. Non credo che accada, ma se dovesse vincere il no sarebbe una iattura; l'immaginario collettivo del Paese lo vivrebbe comune uno stop brusco ad un processo necessario di rinnovamento.