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Il Messaggero Veneto 11-11-2001

Il giorno dopo le dichiarazioni del sottosegretario e coordinatore azzurro nazionale i partiti locali della Cdl si schierano

Presidenzialismo, An sta con Antonione

Collino: l'elezione diretta non può che essere condivisa. Ariis: le logiche regionali sono altre

di EUGENIO SEGALLA

TRIESTE - Altro che sasso, Antonione ha tirato un macigno nello stagno, a giudicare dall'agitazione prodotta nella morta gora; fuor di metafora, ha detto cose importanti stando alle ripercussioni nel mondo politico regionale, segnatamente nel suo partito - Forza Italia - e nella Casa delle libertà. Se voleva colpire nel segno, il sottosegretario ha centrato il bersaglio: sull'elezione diretta del presidente raccoglie infatti l'adesione (scontata) del senatore Collino di An e il garbato diniego di Zoppolato, altrettanto scontato. Tra questi due estremi, la tastiera delle posizioni più o meno sfumate va da Baritussio (An), al capogruppo azzurro Ariis, a Molinaro del Cpr. Saro fa invece parte per se stesso: medita la risposta da dare ad Antonione. Soltanto sdegnato silenzio, il suo?

Giovanni Collino condivide «totalmente» la sterzata presidenzialista suggerita implicitamente da Antonione alla maggioranza regionale. Pur non entrando nel merito di un dibattito interno a Forza Italia, il senatore friulano sottolinea il potere aggregatore, «unificante», dell'elezione diretta del presidente e contrappone il rafforzamento istituzionale che ne deriva alla debolezza conseguente all'adozione di altri sistemi, compreso quello uscito dall'alambicco triestino. E accredita alla prima il «coraggio di rinnovare la regione». Le parole di Antonione, a giudizio di Collino, faranno insomma lievitare il dibattito politico nella Cdl per consolidarne, ma anche migliorarne, la linea politica.

Anche a costo di isolare la Lega, schierata a favore del "compromesso" elettorale? Nel riconoscere autonomia alla Regione e al suo Consiglio, Collino ricorda che, allorquando sostenne l'éscamotage della "norma di salvaguardia" (se non si fosse fatta una legge elettorale si sarebbe andati al voto con il modello adottato dalle Regioni ordinarie), fece «prevalere il valore del Parlamento». Con ciò vuol dire che, se il dibattito sulla riforma dovesse «scardinare i motivi di un'alleanza strategica, il confronto dovrebbe ampliarsi al tavolo romano». Perché - aggiunge Collino - «nessuna scaramuccia potrà affievolire il valore strategico dell'alleanza».

Musica solo leggermente diversa con Franco Baritussio, pure di An. Premesso che la riforma elettorale «deve trovare il consenso sia del maggior numero possibile di consiglieri sia dei cittadini» e che deve essere «funzionale alle caratteristiche della Regione» (ciò dicendo, boccia il ricorso in extremis alla clausola di salvaguardia), il consigliere tarvisiano osserva che «il "listino" potrebbe essere la soluzione chiave in quanto consente all'elettorato un'indicazione chiara e forte del presidente». Ferruccio Saro, accreditato come l'ispiratore del "compromesso", salta a pie' pari ogni e qualsiasi commento alle argomentazioni di Antonione rinviando la sua risposta ai prossimi giorni. Per ora si limita a chiarire che lui è «uno dei più presenti alla Camera; avrò partecipato - ricorda - al 95-97% delle votazioni; per attitudine etica io sono un presenzialista»; e che le questioni e gli interessi del Friuli-Venezia Giulia, lui li ha seguiti «anche senza apparire».

Perché dunque si tiene dentro il rovello della risposta; perché sputare il rospo soltanto nei prossimi giorni? Saro è lapidario: «Perché mi attendo - dice e chiude - una serie di chiarificazioni». E Beppino Zoppolato? Sfodera per l'occasione un linguaggio felpato. «Quello che pensano i vertici della Lega, lo sappiamo meglio noi in Friuli che non a Roma Antonione», che aveva affermato come il vertice del Carroccio sia allineato alla scelta presidenzialista. «Degne dichiarazioni di uno - continua - che incomincia a calarsi nel suo importante ruolo, ma che di fatto rappresenta Roma, mentre noi decidiamo in Friuli. Se è di parere diverso, azzeri i vertici regionali di Fi e venga lui a decidere qui da noi.

In effetti - rincara - Antonione umilia un po' Tondo e i suoi rappresentanti politici». Si riprende subito, però, Zoppolato; e manovrando la barra per non polemizzare («degne dichiarazioni, peraltro, le sue») si limita ad osservare - con una punta di sarcastica ironia - che «Antonione ha impegni più seri; ma a comandare, in regione, siamo noi. Se poi noi non ci saremo...». Come diceva quella canzone?

Il capogruppo forzista Aldo Ariis, appena rientrato dalla maratona di New York, considera le posizioni di Antonione, «diverse da quelle espresse dal gruppo regionale», come «espressione di buon senso». «Ma con l'indicazione del presidente si raggiungono - osserva di rimando - gli stessi risultati dell'elezione diretta sia in termini di capacità di governo che di unità territoriale». Con riferimento alla Lega e al Cpr ultimo entrato nella maggioranza, ricorda che non di compromesso si tratta, ma di una soluzione capace di contemperare i due aspetti della rappresentanza e della designazione popolare». Quella raggiunta è stata, insomma, una sintesi al più alto livello politicamente possibile.

Qualcosa da aggiungere al rimbrotto di Antonione a Saro? «Quanto ha detto Antonione contrasta con la necessaria presenza sul territorio di un parlamentare. Però Antonione si contraddice: da una parte dice di non voler fare il "super coordinatore" e dall'altra, intervenendo non lievemente su questioni locali, ribadisce la sua non estraneità». Spulciando, Ariis trova un'altra contraddizione: «Riguarda Tondo. Antonione, all'inizio del mese, aveva dichiarato piena fiducia al presidente, indicato come "punto di ripartenza della Regione". Non solo, pure Romoli era investito di gran fiducia». La fiducia si è dunque incrinata? «Non è possibile. È passato troppo poco tempo».

Roberto Molinaro, del Cpr, dà per scontate le «più anime» conviventi in Forza Italia («la posizione di Antonione non è una novità») e aggiunge che la designazione del presidente («una procedura trasparente») e lo sbarramento «reale» assicurano sul piano sostanziale le prerogative dell'esecutivo eliminando alla radice il problema che tormenta le regioni ordinarie: quello per cui, in caso di dimissioni del presidente, il Consiglio si scioglie automaticamente. «La sensazione - conclude Molinaro - è che le dichiarazioni di Antonione debbano essere lette in chiave congressuale e di dibattito interno a Fi». Un'ultima stoccata: «Il Cpr è entrato in maggioranza proprio in virtù dell'intesa sul proporzionale con sbarramento e premio di maggioranza. Quell'intesa, Antonione, la conosce molto bene».