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Il Messaggero Veneto 01-06-2002

Il presidente degli industriali esce allo scoperto e lamenta ritardi nelle politiche regionali di sviluppo

Pittini: questa giunta è al palo

L'imprenditore: Tondo è bravo, ma il suo esecutivo è sottoposto a troppe pressioni

di EUGENIO SEGALLA

OSOPPO - Fuori il dente, fuori il dolore. L'impero di Andrea Pittini fonde 35 mila quintali al giorno di ferrovecchio; e che succede? «Succede che, di punto in bianco, i rottami vengono equiparati ai rifiuti da smaltire anziché alla materia prima da trasformare». È stato un fulmine a ciel sereno, quel sequestro operato sulle banchine di Porto Nogaro alcuni giorni fa; e il modo ancor l'offende. Non tanto, o non soltanto perché è stata riesumata per l'occorrenza una legge sospesa nel '99 e mai applicata perché in antitesi ai regolamenti comunitari; quanto perché il sequestro del rottame sembra sia avvenuto soltanto nella nostra regione.

Le Ferriere Nord sono diventate così, loro malgrado, l'emblema di un paradosso universale. Il materiale ferroso viene trattato in dollari sulle piazze di tre continenti - dove è inimmaginabile la fine vagamente kafkiana di quello destinato alle fonderie osovane - tranne che qui, dove è svilito al ruolo di pattume. Alza gli occhi al cielo, il cavalier Pittini, preoccupato nero per le sue Ferriere, figlie di un dio minore.

Ha trovato un rimedio?

Se questa situazione non si sblocca in fretta l'azienda rischia la paralisi, schiacciata - dopo il danno - anche dalla beffa: in Italia, come in Europa, circolano liberamente ogni giorno migliaia di vagoni e di tir stracarichi di rottami ferrosi destinati alle fonderie.

Vagoni e tir - dura lex sed lex - potenzialmente fuorilegge...

Nient'affatto. La normativa Ue, emanata a suo tempo dalla Ceca (Comunità del carbone e dell'acciaio), non lascia dubbi al riguardo.

S'è dato una spiegazione?

Vorrà dire che non mi sono tutti amici...

Allude a uno sgarbo politico?

Non mi pongo neppure il problema. Mi limito a constatare che siamo la sola regione italiana a dar seguito a una legge la cui applicazione era stata sospesa perché contraria al buon senso.

E Bruxelles?

Sta a vedere. Intanto Federacciai e Confindustria incalzano i ministeri dell'industria e dell'ambiente.

Con quali risultati?

Non cavano un ragno dal buco perché, finora, non hanno avuto risposta.

Qual è, a suo avviso, il confine tra le necessità dell'industria e la difesa dell'ambiente?

Dovrebbe essere il rispetto della legge. Il guaio è che non tutte le leggi sono chiaramente interpretabili. Poi viene il buonsenso, che però non sempre funziona. Se la norma che mi obbliga a trattare il rottame come spazzatura fosse applicata in tutta Italia, si dovrebbe sospendere la produzione di acciaio. Ebbene, dobbiamo arrivare a questa conclusione per avere finalmente una risposta dal governo?

Passiamo alla vicenda della sua - come dire? - contestata esclusione dal cda di Mediocredito. Si tratta di un altro sgarbo "politico"?

Stà bon, parceche mi han fàt un plasè. Con la montagna di impegni che mi rovina addosso ogni mattina, mi hanno fatto davvero un piacere a depennarmi; anche se una telefonata, forse, l'onorevole Contento se la poteva permettere. Tanto più che, di questi giorni, va a regime l'impianto ex Luchini di Potenza, un bestione che l'anno scorso ha fatturato 110 milioni di euro e che, aggiunto agli stabilimenti di Osoppo e di Padova, porterà il giro di affari del gruppo a mezzo miliardo di euro. Un bell'impegno. Il tempo che resta basta e non avanza per gli altri incarichi (presidente di Federindustria, vicepresidente della Carnica assicurazione, giunta di Confindustria etc., ndr), figuriamoci per le vacanze. Ho tagliato sci, caccia e barca. Mi creda, mi han fàt un plasè.

Ha però detto che la politica non ha fatto una bella figura in questo frangente. Conferma?

Certo. Ha perso la politica, mica ho perso io.

Il sottosegretario Contento ha spiegato che si è voluto evitarle l'obbligo di dimissioni una volta perfezionata la privatizzazione della quota del Tesoro. Accetta?

Contento non mi incanta. Sono più interessato al buon funzionamento di Mediocredito, importante per lo sviluppo, che a far parte del suo cda. Quest'interesse è lo stesso ad avere indotto alcuni imprenditori e le loro associazioni a candidarsi all'acquisto di una quota sostanziale, intorno al 20%. Ma deve finire la telenovela del Tesoro, che si stiracchia da due anni a questa parte.

Se la Regione avesse battuto, o battesse un colpo...

Purtroppo la Regione non ha governato: ha "governicchiato". C'è infatti chi, nella maggioranza, intralcia l'opera della giunta. C'è una minoranza che, talvolta, mette i bastoni tra le ruote per partito preso. E allora la giunta, non potendo ben lavorare, vive alla giornata nonostante l'impegno del governatore, in primis, e di alcuni volonterosi. Se questa regione vuole essere forte deve invece darsi una visione e, di conseguenza, una programmazione sul medio - lungo termine, anziché disperdere energie in baruffe chiozzotte.

È una raccomandazione per Tondo?

Come ho detto, il presidente si dà da fare; ma francamente può fare poco se la sua agenda è intasata dai condizionamenti altrui.

Di cosa ha più bisogno la Regione?

Di una scossa.

Cosa vuol dire?

Che la Regione deve correre. È mai possibile si trastulli per anni con il Corridoio 5, senza combinare nulla, e poi venga qui il carinziano Haider a dirci che loro hanno già fatto quanto serve per dirottarlo sull'Austria? Il fatto è che, per programmare, ci vuole serietà da parte di tutti gli attori della politica, opposizione compresa. E devono essere coinvolte le migliori competenze della "società civile". Prendiamo a esempio i dragaggi in Laguna. Ad Aprilia Marittima sono all'ancora duemila imbarcazioni, prevalentemente straniere. Producono un indotto di qualche centinaio di posti di lavoro. Se i dragaggi non si fanno, le barche emigrano verso lidi più ospitali e i posti di lavoro svaporano. A quel punto, avrà ancora senso mantenere l'ente per il turismo?

Anni fa lei "regalò" alla Regione uno studio ponderoso di Ambrosetti, con tanto di screening, diagnosi e prognosi. Che fine ha fatto?

Il prossimo anno farò altrettanto. Questa regione va incalzata, per indurla una buona volta a darsi una programmazione seria. Potrebbe creare ricchezza, ma si fa invischiare nella politica di piccolo cabotaggio, quella asservita al principio dell'appartenenza. E così minaccia di regredire quando, al contrario, avrebbe interessanti prospettive di sviluppo se soltanto le sapesse cogliere. Dal turismo all'industria, dall'agricoltura ai servizi. Basterebbe guardasse a esperienze altrui e ne traesse il meglio. L'Emilia-Romagna insegna.

E le risorse?

Amo ripetere che il bilancio regionale, così com'è, va... cestinato e rifondato. Con una analisi costi-benefici per ogni previsione di spesa.

Lei è intervenuto ripetutamente sulla questione dell'articolo 18 per dire che qui, con la piena occupazione, una sua modifica è influente. Il sindacato, però, non ha abbozzato.

Il sindacato è importante, ma deve rinnovarsi. Perché in una regione a economia forte serve un sindacato forte, svincolato dai partiti e impegnato a tutelare i lavoratori onesti. Ebbene, quante cose potremmo fare assieme - politici, industriali, sindacati -, anche al di fuori degli schemi nazionali. Ma occorre essere determinati e liberi per percorrere questa strada.

Sta spezzando una lancia a favore della concertazione?

Sto dicendo che dobbiamo fare tutti uno sforzo per aumentare il vantaggio competitivo della nostra economia. Noi industriali non chiediamo soldi a pioggia, come qualcuno si ostina a dire; chiediamo invece servizi migliori, servizi idonei ad aiutare l'impresa fuori dai cancelli della fabbrica, là dove è avviluppata dai lacci e lacciuoli che ne frenano lo slancio. Il coraggio e la determinazione sono le condizioni per affrontare anche grandi progetti, che potremmo realizzare - in qualche caso - assieme al Veneto e al Trentino - Alto Adige, con il sostegno del governo centrale. Vorrei ricordare che il benessere della regione è proporzionale al buon andamento dell'economia: se questa va, gli introiti della Regione crescono in proporzione attraverso il meccanismo dei "decimi". Se l'economia non va, gli introiti si assottigliano. E la regione - cioè tutti noi - si impoverisce.