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Il Messaggero Veneto 02-03-2002

La conferma da Ariis (Fi) e da Ritossa (An). Ma Zoppolato (Lega Nord) non ci sta

Legge elettorale, decide Berlusconi

Il premier ascolterà Bossi e poi scioglierà il nodo che blocca la maggioranza

TRIESTE - Sulla legge elettorale dovrà decidere Roma. Anzi, Roma e Milano, perché su certi punti il Polo si è impegnato con la Lega del Friuli-Venezia Giulia, e lo scioglimento dal vincolo politico può venire solo da Bossi. Sinora lo si è detto a mezza voce, ora l'ammissione è generale, sia pure con sfumature diverse. Passaggio chiave sarà la visita di Silvio Berlusconi a Trieste, per il summit bilaterale con Schroeder. Nell'occasione il presidente del Consiglio parlerà con Renzo Tondo, ma è stato chiesto anche un incontro con il gruppo regionale azzurro. «Non c'è alternativa all'approvazione, a meno che da Roma non venga un segnale di stop», aveva azzardato ieri il Ccd Bruno Marini, vice di Aldo Ariis nella pattuglia consiliare di Forza Italia. Adesso il suo capogruppo la dice chiara e netta: «Della questione è investito il piano nazionale.

La pausa che ci siamo presi non è per accordarci su qualche dettaglio; è che occorre un avallo dai vertici dei partiti della Cdl. I consiglieri della Lega oggi sono a Milano, ieri Ritossa e Collino hanno avuto degli incontri romani, alla fine della prossima settimana arriva Berlusconi. In effetti la cena di martedì non è per decidere, ma per compattarci tra di noi». Dunque è possibile che questa legge non si voti più? «Alla luce degli accordi fatti, l'ipotesi è remota. Però, se Berlusconi e Bossi fossero d'accordo sul non andare avanti, è chiaro che si farebbe così», conclude Ariis.

Anche il suo omologo di An, Adriano Ritossa, conferma che sarà Roma a sciogliere il nodo. O a tagliarlo. «Una riflessione di carattere nazionale si impone. Ci sono più ipotesi, ed è il caso di valutare bene. Il partito ha convocato i capigruppo regionali per una valutazione corale. Perché il caso Friuli-Venezia Giulia è corollario di un problema più ampio, in cui entrano gli statuti, le leggi elettorali, le incompatibilità, in tutta Italia. E c'è anche il discorso dei contrappesi consiliari di fronte ai possibili eccessi dei governatori. Noi siamo più avanti, perché ci siamo lungamente confrontati, e ora lo faremo anche con le altre Regioni».

Chi rifiuta di affrontare l'ipotesi che la legge si blocchi sull'ultimo ostacolo, sia pure per un ordine dall'alto, è Beppino Zoppolato, che pure ha sempre dichiarato di essere pronto a seguire qualunque ordine di Bossi. «Vero, conferma, ma con Bossi mi sono confrontato frequentemente, e parlando con lui e Calderoli non ho notato nulla che possa far sospettare un intervento. Anzi, se la legge è così, è proprio perché i suoi principi fondanti li ho concordati con i vertici federali. Adesso c'è ancora qualche passaggio da verificare, per esempio la rappresentanza femminile e la soglia del 4%. Vedremo se riusciremo a migliorarla, altrimenti l'11 la voteremo così».

L'attenzione e la speranza con cui in questi giorni si guarda a Roma e Milano sono peraltro in stridente contrasto con quanto si disse, in tema di indipendenza, quando il Parlamento votò la modifica statutaria che introduceva la norma transitoria. Era una misura di salvaguardia, prevista soltanto nel caso in cui la Regione Friuli-Venezia Giulia, pur nella sua piena potestà decisionale, non avesse provveduto a legiferare. Si parlò allora di vulnus inaccettabile all'autonomia. Ora si aspetta che le segreterie nazionali dicano cosa si deve fare.

Luciano Santin