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Il Piccolo 28-02-2002

L'ennesima giornata ricca di colpi di scena culmina nella decisione attendista della Casa delle libertà, che comunque decide di fare quadrato sulla bozza

Legge elettorale messa in frigo dalla maggioranza

Il testo tornerà in Consiglio l'11 marzo. Tondo: «E' presidenzialista». Ma la macchina referendaria è già avviata

TRIESTE - Chiedono e ottengono una pausa di riflessione fino all'11 marzo e congelano tutto il dibattito. Giurano, peraltro, di essere pronti a far corpo unico sulla bozza della legge elettorale, salvo aggiungere un secondo dopo che ci sono almeno tre punti da discutere ancora, anche se, formalmente, per allargare il consenso. Si dichiarano pronti ad affrontare il rischio di un referendum abrogativo di un testo neanche approvato, senza però negare il dichiarato affidamento sulle consultazioni che, in questo lasso di tempo, coinvolgeranno i vertici politici nazionali della maggioranza. Non si può dire che al Centrodestra manchi la fantasia.

Sarà anche vero, come ha sostenuto ieri il presidente della giunta regionale Tondo, che le tante perplessità che circondano il testo di legge che dovrebbe regolamentare le elezioni del 2003 del Consiglio regionale sono dipese anche dalla scarsità d'informazione. Vero è anche, però, che per seguire la tribolata vicenda e i suoi mille colpi di scena più che un cronista ci sarebbe voluto un regista. Quello di «Helzapoppin'».

UNA LEGGE «INGOMBRANTE». La giornata di ieri, per quanto visto sopra, è sembrata quasi rappresentare la metafora di questi mesi di contrattazione attorno al provvedimento, tutti fatti di retropensieri e di una convinzione pressochè trasversale, eccezion fatta per la Lega: quel testo non piace. Perché è impopolare, e non perchè la gente sia stata male informata. Così ha fatto un certo effetto, ieri pomeriggio, vedere Tondo, alcuni assessori e i capigruppo della maggioranza fare quadrato attorno alla bozza. A maggior ragione dopo aver avuto la conferma che, un paio d'ore prima, al Circolo della Stampa, le istanze referendarie dell'opposizione avevano raccolto l' interesse di una platea a dir poco variegata, che andava dal dissidente ed ex coordinatore provinciale udinese di Forza Italia, Gabriele Cianci, al generale Silvio Mazzaroli, da imprenditori come Silvio Cosulich all'avvocato pordenonese Bruno Malattia, passando per alcuni vertici sindacali (Pupulin della Cgil e Visentini della Uil).

LE CONVINZIONI DI TONDO. Il presidente della giunta non ha battuto macchia. «Continuo a ritenere valido l'attuale impianto di legge, che è assolutamente presidenzialista. Non vogliamo il "Tatarellum", improponibile nella nostra regione. Checchè se ne dica, non siamo noi i conservatori. Il nostro testo, anzi, è un passo avanti rispetto alla demagogica elezione diretta del presidente, che in altre Regioni ha svuotato completamente il Consiglio di ogni potere». Dagli alleati, ammiccamenti e qualche sorrisetto, soprattutto sul versante An, partito cui il testo «innovativo» dà continui bruciori di stomaco, mentre il leghista Zoppolato parlava con un filo di voce, non si sa se per l'influenza latente o per i «chiarimenti» della mattinata in seno alla maggioranza. Che, sul piano pratico, si sono tradotti in tre punti da approfondire ancora: nuova disamina delle norme relative alla presenza della componente femminile, verifica sulla soglia di sbarramento e rapporto con le minoranze politiche. Temi obiettivamente difficili da agganciare a uno slittamento di ben 12 giorni.

IL REFERENDUM DIETRO L'ANGOLO. Se, come molti auspicano, Berlusconi (e Antonione), Fini e Bossi decideranno di sprecare qualche minuto sul «pastrocchio inaccettabile» (la definizione è del «verde» Puiatti) friul-giuliano, una qualche ipotesi di dietrofront onorevole potrebbe anche palesarsi. L'opposizione, comunque, sta già affilando le armi. Assente (giustificato: era alla Camera bloccato dal dibattito sul conflitto d' interessi) il solo Illy, comunque convitato di pietra della riunione al Circolo della Stampa e presidente in pectore per il 2003, i politici presenti si sono scatenati contro la bozza. Parlando di «possibile indicazione di un presidente della giunta regionale che non è nè carne, nè pesce» (Cristiano Degano, Margherita), di «parità di condizioni da garantire ai cittadini del Friuli Venezia Giulia rispetto a quelli di altre Regioni» (Alessandro Tesini, Ds) di «Regione fanalino di coda dell'Europa in materia di tutela delle minoranze» (Bruna Zorzini, Pdci).

IMPRENDITORI TRASVERSALI. È spettato al triestino Silvio Cosulich esprimere invece «la preoccupazione di un gruppo di imprenditori, non omogenei e trasversali come appartenenza politica». «Il Friuli Venezia Giulia e la Regione ­ ha sottolineato ­ hanno bisogno di autorevolezza, che può venire solo da un presidente eletto direttamente dai cittadini». A non lasciare dubbi di sorta l'avvocato Bruno Malattia, pordenonese, ha stroncato «una legge elettorale più sbagliata di quanto fosse necessario che può diventare un'occasione di mobilitazione della società civile sulla via della modernizzazione del Friuli Venezia Giulia». A distanza, Tondo e gli altri hanno lasciato perdere. Giurando di credere che la legge, per le altre Regioni, apparentemente vittime, a loro dire, di «derive presidenzialiste», saprà rivelarsi «un modello da imitare». Se e quando, si capisce, sarà promulgata.

Furio Baldassi