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Il Piccolo 23-09-2001

La Ferriera diventa «caso» nazionale

Lucchini a Roma con Duferco e Ilva per decidere il futuro degli impianti

La Ferriera di Servola diventa un «caso» nazionale. Non si tratta più soltanto di fumi e polveri emessi dalla cokeria, ma della produzione nazionale dell'acciaio e di cosa intende farne in futuro lo Stato. Non c'è in gioco infatti solo Trieste con Servola, ma tutti i più grossi stabilimenti privatizzati negli anni scorsi, ovvero l'Ilva di Taranto e Cornigliano a Genova che sono a un passo dalla chiusura. Tutti provvedimenti per iniziativa della magistratura.

Mercoledì prossimo il ministro delle attività produttive, Antonio Marzano, ha convocato una riunione urgente per esaminare le situazioni critiche. Si tenterà anche di capire perchè d'improvviso, ovvero a pochi anni dalle privatizzazioni, alcune procure si sono mosse per fermare gli impianti, in particolare per sequestrare e chiudere le cokerie.

Cos'è accaduto di diverso rispetto al passato? Prima i vari stabilimenti non funzionavano ugualmente, emettendo polveri e imbrattando? E'una questione di aumento della sensibilità della popolazione o sono cambiate le leggi? All'incontro saranno presenti i vertici dell'Ilva, della Lucchini e della Duferco. Queste ultime due a Trieste hanno rilevato, oltre alla Ferriera, anche le banchine per un terminal minerali e costruito uno stabilimento, la Sertubi, che produce tubi usando la ghisa della Ferriera.

Quello di mercoledì comunque sarà solo il primo di una serie di incontri per capire il futuro di alcune realtà industriali pesanti come gli stabilimenti siderurgici. Il Governo dovrà decidere se l'acciaio è ancora un prodotto strategico per l'economia del Paese.

Tra alcuni mesi, i gruppi industriali che a suo tempo hanno rilevato (spronate e incoraggiate dallo stesso Stato che voleva venderle) le varie aziende dalle Partecipazioni statali, sapranno così se potranno restare, dopo gli obbligatori interventi di risanamento ambientale, o dovranno trasferire all'estero.

La posta in palio è alta. Da una parte la salute dei cittadini, che non può essere messa a repentaglio da una realtà industriale. Impianti siderurgici come quelli di Cornigliano, ma anche Servola con le case «in bocca» agli altiforni, oggi non potrebbero più essere realizzati così vicini alla città.

Dall'altro lato ci sono migliaia di posti di lavoro a rischio, e la vita di altrettante famiglie. L'eventuale chiusura di Servola, che non può tecnicamente produrre e funzionare senza la cokeria, causerebbe anche lo «stop» della Sertubi e della centrale elettrica di cogenerazione appena ultimata.

Sulla cokeria è in corso una battaglia di ricorsi alla magistratura. La Lucchini ha ottenuto il dissequestro ma avrà addosso gli occhi di tutta la città, che vuole controllare l'attuazione di tutti gli interventi di risanamento.

La scelta determinante sarà però quella del Governo, che nelle prossime settimane dovrà decidere il futuro di questi stabilimenti. Un parere che dovrà tenere conto anche degli orientamenti dei vari Comuni dove si trovano i vari impianti siderurgici. Trieste ha già detto la sua. Il sindaco Dipiazza ha più volte manifestato l'intenzione di chiudere la Ferriera. Lo ha dichiarato pubblicamente e pochi giorni or sono ha confermato di avere «altri fascicoli» sullo stabilimento.

Una prospettiva, quella di smantellare la Ferriera, che sembra interessare anche un'altra istituzione come L'Autorità portuale. Secondo le linee guida del nuovo piano regolatore, ancora da discutere a tutti i livelli, al posto della Ferriera è prevista un'area a vocazione portuale-industriale. Cosa significa, porto e non più industria? E qui bisognerà dare la parola agli industriali. Per sapere se produce più ricchezza, in termini di denaro e occupazione, un insediamento industriale o un nuovo terminal portuale.

Giulio Garau