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Il Piccolo 06-03-2002

«Un errore non puntare sull'elezione diretta del "governatore". Io in corsa nel 2003? Finora nessuno me l'ha chiesto»

De Puppi: «L'economia sconta i ritardi della politica»

PORDENONE - Prima la cena di Buttrio, poi l'assemblea di Unindustria a Pordenone, venerdì il galà di Miramare. Occasioni diverse per sottolineare una necessità: Veneto e Friuli Venezia Giulia devono fare sistema. Lei che cosa ne pensa?

Se ne parla da diversi anni e forse è il caso di passare ai fatti. È sempre stata mia convinzione che il favorire sinergie vere tra aree dovesse essere una scelta di campo. Fare sistema perché il peso specifico di un'aggregazione è, ovviamente, maggiore del peso dei singoli, ma anche perché renderebbe più facile ogni tipo di gestione. È, o dovrebbe essere, un interesse comune, degli imprenditori ma anche della classe politica.

Concretamente quali sono i settori nei quali le iniziative dovrebbero decollare in via prioritaria?

Il tessuto di queste due regioni è simile e il punto di partenza naturale lo si trova, ad esempio, nel Distretti industriali sorti al confine di regioni diverse. È il caso del mobile, per Friuli e Veneto; ma ragionando in termini di macroarea, altri esempi si trovano tra Veneto e Trentino. Si tratta di insediamenti che indifferentemente si sono radicati su territori diversi, dal punto di vista amministrativo, ma che richiedono una gestione comune. Infrastrutture come nodo cruciale per lo sviluppo di quest'area; eppure è su queste che alla fine si litiga di più.

Autovie Venete è stata al centro di una dura contrapposizione politica, interna al Friuli Venezia Giulia e tra Friuli Venezia Giulia e Veneto. Questa vicenda ha insegnato qualcosa?

L'impegno degli amministratori, della classe politica in genere, deve essere rivolto a far crescere i rispettivi territori. L'attenzione deve essere rivolta ai problemi di fondo, alla progettualità, alla necessità di realizzare infrastrutture nodali per quest'area. Se il dibattito ruotasse attorno a questi temi, credo non ci sarebbe spazio per litigi su questioni superficiali, di mero esercizio del potere. La condivisione degli obiettivi, l'andare al cuore dei problemi, è l'approccio che evita di scivolare nelle vicende di piccolo cabotaggio.

A Venezia nei giorni scorsi si è discusso del Corridoio 5. Sono state ribadite le volontà politiche, ma nei fatti sono stati accumulati ritardi incredibili, e basta pensare al Passante di Mestre, alla terza corsia sulla A4, alla A28. La politica continua a avere una marcia in meno rispetto all'economia?

Senza dubbio l'economia sconta i ritardi della politica. A volte si tende a dimenticare che una rete viaria inadeguata è uno degli elementi che fanno la differenza nella competizione globale. Le imprese finiscono per venire schiacciate da problemi di logistica e di distribuzione che sono fattori critici e possono essere invece fattori di successo. Una parte delle responsabilità sta in capo alla classe politica e un'altra parte può essere attribuita alla classe imprenditoriale che non sempre ha saputo esercitare pressioni affinché progetti fermi da decenni vengano realizzati. Sono certo che, nel momento in cui l'imprenditoria si mobilita per chiedere opere come il Passante o l'Alta velocità, a beneficiare non sono solo le imprese, ma l'intera collettività.

Strade, autostrade, d'asfalto e informatiche...

Lo sto ripetendo da molto tempo: spesso ci si dimentica della dotazione di infrastrutture informatiche. Occorre accelerare anche su questo fronte: l'infrastruttura informatica dev'essere valorizzata e posta al servizio delle imprese perché è uno degli elementi cruciali per essere competitivi sui mercati internazionali.

Aeroporti: Venezia e Ronchi dei Legionari. Devono rimanere due isole distinte oppure possono diventare un unico cuore con due braccia?

Credo che la dimensione geografica di queste due strutture le conduca ad avere obiettivi operativi diversi. Ma se davvero si intende iniziare a fare squadra, e quindi realizzare sistemi di servizi, le sinergie direi che sono sempre auspicabili, sia in un'ottica di risparmio, sia per evitare inutili duplicazioni.

Si dice che il Gruppo Benetton sia interessato all'aeroporto di Ronchi. È vero?

Questa è una domanda che dovrà rivolgere non a me ma a chi si occupa, all'interno della holding, di queste scelte.

Dottor De Puppi, fino a ieri lei era ai vertici di Electrolux, oggi è amministratore delegato del Gruppo Tessile di Benetton. Ma vale la pena, per una multinazionale, investire oggi a Nordest? A quali condizioni?

La risposta è sì, e la condizione è l'esistenza di livelli progettuali aziendali di gamma alta. La competenza delle nostre forze-lavoro, l'esperienza maturata in questi anni, la cultura aziendale, ci consentono di essere più dei centri di sviluppo progettuale che semplici centri di produzione. Se si osserva il tessuto industriale di quest'area, si può verificare che questo è già l'orientamento.

Il Nordest continua a richiamare manodopera extracomunitaria, il governo frena su quote e permessi e disattende la richiesta delle imprese. Nessuno dimentica che l'immigrazione non è un mero fenomeno da gestire con regole economicistiche, ma è vero anche che lo subiamo da anni e che le politiche su questo fronte sono state fallimentari. Dunque?

Quando si presentano delle necessità occorre saperle gestire con flessibilità. Detto questo, credo che le nostre imprese indichino con un discreto grado di precisione di quali professionalità hanno bisogno. Ma la selezione della manodopera è uno degli aspetti sui quali meno ci si è soffermati in questi anni. La manodopera non è tutta uguale. C'è bisogno di uno sforzo di selezione, di formazione nei Paesi di origine, di strutture e infrastrutture dedicate in Italia affinché queste persone, nel momento in cui arrivano qui, comprendano sia la lingua che le nostre esigenze.

Oggi viviamo un clima di piena contrapposizione. Da una parte governo e Confindustria, dall'altra il sindacato. In mezzo il totem dell'articolo 18. Vale la pena inasprire il conflitto su una questione di principio?

Assolutamente no, non vale la pena inasprire il conflitto, ma vale senz'altro la pena dialogare in modo costruttivo. Le contrapposizioni da «muro contro muro» non sono mai una soluzione, tanto meno se l'oggetto della discussione è un tema delicato come questo. Ciò che stupisce è invece la diversità con cui si affronta l'argomento «licenziamenti» rispetto ad alcuni anni fa, quando il sindacato si dimostrò flessibile. Oggi una tale rigidità appare eccesiva, tanto più che si parla di una prova, non di una decisione definitiva.

Calo nella produzione, contrazione della domanda, l'economia di questi primi due mesi del 2002 è contrassegnata dal segno meno. A quando la ripresa?

Il rallentamento, così diverso dalle crescite esponenziali degli anni passati, è un fenomeno che spaventa. Sono comunque abbastanza ottimista rispetto a un riequilibrio dell'economia dopo l'ubriacatura della new economy perché proprio la new economy, utilizzata in modo più razionale, può portare a una crescita caratterizzata da minori picchi ma proprio per questo sostenuta e solida. A mio avviso, siamo vicini a un recupero di velocità maggiore di quanto non sia percepito in questo momento.

Da osservatore privilegiato anche delle dinamiche politiche di due regioni diverse, come Friuli Venezia Giulia e Veneto, che ne pensa del dibattito sulla nuova legge elettorale. È preferibile un elezione diretta del presidente, e avere un governatore forte come Galan, oppure è sufficiente un presidente indicato?

Ci sono state riforme che hanno condotto i sindaci a non essere soggetti a «correnti d'aria». Oggi sono persone che si assumono responsabilità precise e che rispondono di fronte ai cittadini. È stata una conquista sul fronte della chiarezza dei ruoli e delle responsabilità. La legge elettorale che il Friuli Venezia Giulia si propone di approvare mi pare vada in un'altra direzione. La mia opinione è, dunque, intuibile: è preferibile un presidente eletto direttamente che abbia obiettivi chiari rispetto ai quali richiedere il consenso agli elettori e sui quali risponda a scadenza di mandato.

Lei si avvicinerebbe mai alla politica?

Non ci ho mai pensato.

Allora sono false le indiscrezioni che la vogliono in corsa per la presidenza del Friuli Venezia Giulia come candidato della Casa delle libertà?

Nessuno, finora, me ne ha mai parlato. E comunque il mio ruolo di amministratore delegato non è compatibile.

Potrebbe esserlo fra un anno?

Il futuro non lo conosco e comunque offre sempre delle possibilità. Ma al momento non vedo nulla di concreto.

Elena Del Giudice