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Il Gazzettino 19-09-2001

L'INTERVENTO

BIN LADEN DEV'ESSERE PROCESSATO PER NON TRASFORMARLO IN MARTIRE

di GIANFRANCO DELL'ALBA*

"Sconvolgente". "Nulla sarà più come prima". "E' la guerra". Queste sono alcune delle reazioni ascoltate all'indomani dell'11 settembre al barbaro attentato non solo negli Stati Uniti ma nell'intero sistema internazionale fondato sul diritto e sulla libertà. NPWJ, nella sua newsletter che esce all'indomani delle azioni terroristiche di Washington e New York esprime il suo cordoglio più sincero ai familiari delle vittime, ai dirigenti e al popolo americano. Questo attacco crudele e indiscriminato, lungi dal minare la fiducia degli americani nelle loro istituzioni e nella democrazia, crediamo l'abbia viceversa rafforzata, come dimostra la reazione composta e ferma di quel Paese, stretto attorno ai suoi simboli e ai suoi morti.

Ha anche rafforzato la consapevolezza del ruolo dell'America nel mondo, della sua responsabilità e dell'impossibilità di sottrarvisi. Da questo punto di vista, è estremamente significativo - e noi lo salutiamo con grande compiacimento - che uno dei primi gesti del Congresso sia stato quello di mettersi in regola con i pagamenti alle Nazioni Unite bloccati da anni. Gli USA, e con loro tutti gli Stati fondati sul rispetto della libertà e dei diritti umani, devono fronteggiare nemici tanto sfuggenti quanto estremamente determinati, protetti da troppe complicità statuali e politiche, anche in occidente. Scovare e punire i responsabili è possibile ed è addirittura indispensabile per scongiurare che i fondamentalismi politico-religiosi impongano ancora la loro barbarie, miscelandola magari con quel falso terzomondismo o con quell'antiamericanismo, cavalcati sciaguratamente negli ultimi mesi da buona parte del movimento no-global, che sono terreno di incubazione di odio e di cieca violenza.

Ad un atto di guerra come quello dell'11 settembre è probabile che si risponda con altrettanti atti di guerra, volti a smantellare le basi operative del terrorismo internazionale. È la logica della guerra. Non va dimenticato, però, proprio in questo contesto, il valore emblematico che, specialmente negli ultimi anni, ha assunto l'affermazione della giustizia penale internazionale. Milosevic dietro le sbarre è un monito e un deterrente ben maggiore di un Milosevic eroe e martire del suo popolo, magari colpito a morte da un missile della NATO, sotto il suo bunker a Belgrado. Poter processare Bin Laden e i suoi complici, anche governativi, molto più che eliminarlo fisicamente, magari per mezzo di qualche sicario, costituirebbe certamente una trasformazione epocale verso una società internazionale retta dal diritto e dalla legge. In queste ore così drammatiche pochi forse pensano seriamente ad uno scenario che, se perseguito, potrebbe evitare che altri Bin Laden nascano e si moltiplichino: perché questo è il rischio se si dovesse fare del capofila dei recenti attentati un "martire" anticapitalista. E questa è la riflessione che oggi vogliamo proporre.

Aderire allo Statuto della Corte Penale Internazionale, darle impulso, contribuire alla sua rapida entrata in funzione e designare come crimini contro l'umanità atti come quello dell'11 settembre, costituirebbe una delle risposte più coraggiose, nobili e lungimiranti che il presidente e il Congresso americano possano assumere all'indomani di un attacco di così vasta portata contro di loro. Alla barbarie di Srebrenica o del Kosovo la Comunità internazionale ha risposto in primo luogo impedendo sul terreno il ripetersi di tali violenze, poi assicurando alla giustizia internazionale i responsabili di tali misfatti. E se oggi nessuno nel mondo è più disposto a vedere in Milosevic un perseguitato e un oppresso, lo si deve alla serietà ed al rigore con il quale il suo caso è trattato dal Tribunale dell'Aia.

E' l'umanità tutta intera oggi, non la NATO o gli americani, che giudicano dieci anni di terrore e distruzione voluti da Milosevic. Gli strumenti giuridici e istituzionali per giudicare i nuovi Milosevic ci sono, occorre che dopo l'11 settembre ne siano consapevoli anche i dirigenti del più grande Paese occidentale, fin qui reticenti e allineati paradossalmente proprio con quei "Paesi canaglia", oggi additati come basi potenziali del terrorismo. Se questo piccolo grande passo fosse una delle conseguenze dell'11 settembre crediamo che ciò possa rappresentare per l'umanità un segno tangibile di unità, di speranza di voler vivere in pace, di consapevolezza che non vi può essere pace senza giustizia!

*Deputato europeo

Lista Bonino