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Il Messaggero Veneto 25-04-2002

Comune e Provincia volevano accomunare le cerimonie nella Risiera e quelle alle Foibe

Un 25 aprile diviso dalle polemiche

Il Comitato per la Resistenza: a Trieste traditi i valori della lotta di Liberazione

TRIESTE - Per la prima volta Trieste vivrà un 25 aprile diviso: la decisione della giunta comunale di centro destra guidata da Roberto Dipiazza, di trasformare la tradizionale festa della liberazione in una cerimonia di riconciliazione «nel ricordo di tutti i caduti della libertà», con deposizione di corone anche Foiba di Basovizza e al Monumento ai Caduti sul colle di San Giusto, oltre che, come ogni anno, alla Risiera di San Sabba, ha provocato l'effetto contrario.

Dopo settimane di polemiche e accuse di strumentalizzazioni, ci saranno due cerimonie: una ufficiale, organizzata dal Comune di Trieste e dalla Provincia del capoluogo giuliano, che prevede la tradizionale cerimonia alla Risiera di San Sabba, (l'unico campo di sterminio nazista in Italia, dove trovarono la morte cinquemila persone, fra i quali anche molti sloveni e croati), con gli interventi dei rappresentanti delle religioni cattolica, serbo ortodossa, greco ortodossa e ebraica, e la deposizione di corone di fronte a quello che una volta era il forno crematorio, ma anche delle soste delle autorità locali alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai Caduti. Un percorso che avrebbe dovuto simboleggiare una sorta di riconciliazione, ma che, al contrario, è stato interpretato dal Comitato per la difesa dei Valori della Resistenza e delle istituzioni democratiche, oltre che dalla comunità ebraica e dal centro sinistra, come una forzatura, e un tentativo di rivedere e sminuire i meriti della lotta di liberazione e della Resistenza.

Il Comitato, che da anni organizza la cerimonia alla Risiera, e del quale fanno parte associazioni dei partigiani, dei deportati e dei combattenti, rappresentanti dei sindacati e della comunità ebraica, e anche le stesse istituzioni locali, ha ribadito per settimane che la ricorrenza del 25 aprile deve mantenere il significato previsto dalla legge del 1949, che istituiva la festa della Liberazione, e celebrare la lotta e la vittoria sul nazifascismo, senza interpretazioni diverse, che tra l'altro non hanno precedenti in Italia. A poco sono serviti gli inviti del sindaco Dipiazza a «fare un passo in avanti», e a superare le divisioni: il tentativo di mettere mano al 25 aprile, da sempre una ricorrenza simbolo della liberazione, ha causato una frattura che ha riportato la città indietro di anni, e ha spaccato in due mondo politico e cittadinanza. In questo quadro la richiesta da parte della giunta comunale di non dar luogo all'intervento in lingua slovena non ha fatto che peggiorare le cose, in un clima già esacerbato dalla mancata applicazione della legge di tutela, e da episodi come l'abbattimento del busto del poeta sloveno Kosovel nel giardino pubblico della città.

Il Comitato, appoggiato dal centro sinistra e dalla comunità ebraica, ha optato quindi per cerimonia separata, sempre all'interno della Risiera, che condividerà solo i riti religiosi in programma questa mattina, ma per il resto avrà un percorso autonomo, con letture di testi e interventi in italiano e sloveno. Una rottura si è riproposta anche a livello politico in città, e che non ha mancato di far discutere anche al livello nazionale: commenti durissimi sono giunti da parte degli esponenti del centro sinistra Luciano Violante, che ha accusato la destra aver mostrato a Trieste il volto peggiore, «quello della non accettazione della vittoria della Resistenza sul nazismo e sul fascismo».

Critico anche Amos Luzzatto, presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche, che ha interpretato i fatti di Trieste come un segnale della «forte ripresa generale della destra in Europa». Dall'altra parte il vicepremier Gianfranco Fini, non ha commentato rimandando ogni presa di posizione agli esponenti triestini di Alleanza nazionale. Alla cerimonia inoltre non ci sarà, come previsto in un primo tempo, il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, che si è detto dispiaciuto dalle divisioni in città.

Alessandro Martegani