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PROGRAMMA REGIONALI 2000



Antiproibizionismo

Ma quali sarebbero mai i “valori” in nome dei quali i Buttiglione, i Casini, e ora anche i Bossi e i Berlusconi, al pari dei Castagnetti e di tanti cattocomunisti, si ergono a giudici di quelli dei radicali? Sono, quei valori, gli stessi che l'immensa maggioranza degli italiani e dei credenti ha condannato e respinto, e continua a condannare e a respingere.
Allora era il duo Fanfani-Almirante a sbandierarli, ora sono loro che tentano una impossibile e misera rivincita. “Sfasciafamiglie”, ha gridato il CCD, per tutti gli altri, contro Emma Bonino. E' vero invece che tutti i leader del nuovo Polo, con una sola eccezione, hanno una nuova famiglia grazie alle nostre lotte, ai nostri successi, grazie al divorzio, come un milione almeno di altre famiglie. E che, quindi, quell'accusa ai radicali, venendo proprio da costoro, è particolarmente odiosa e indegna.
“Siamo per la vita, contro l'aborto”, vanno litaniando e ruggendo. Si vergognino, invece. Vietano la pillola del giorno dopo e deprecano perfino l'informazione sui preservativi: quindi sono loro, e non altri, i responsabili di gran parte dei residui 160.000 aborti l'anno. Essi sono contro quella legalizzazione dell'interruzione volontaria della gravidanza che ha ormai vinto il flagello dei 700.000 aborti clandestini annui. Se non fossero prevalsi i nostri “valori” contro i loro, avremmo avuto in quest'ultimo decennio diversi milioni di aborti in più: ma clandestini, e non di rado mortali per la donna. Costoro appartengono alle “culture” fondamentaliste, fanatiche, che, in nome della Vita con la V maiuscola, hanno compiuto e ispirato stermini e orrori senza pari.
“Liberali”? Si pentano, piuttosto, senza attendere che la Chiesa,un giorno, chieda perdono anche per questi errori,che gran parte del popolo di Dio, il popolo dei credenti,in tutto il mondo, avverte come tali e rifiuta in pace con (e non malgrado) la propria fede.
Questi “liberali” ora berlusconiani,inoltre, sono essi stessi causa dell'immenso, mortale flagello della droga clandestina,“vietata” e libera. I radicali lottano, con gli stessi principi,anche su questo fronte. L'antiproibizionismo, la legalizzazione, come nel caso della crisi delle famiglie, come in quello dell'aborto clandestino di massa,sconfiggerà anche questo male, salvando vita, diritto, umanità.

O “di qua”, o “di là”, la musica non cambia: a “destra” come a “sinistra”, dalla droga alle discoteche, domina la cultura -e la pratica- del divieto. E tu cosa fai?

LA RICETTA DEI POLI: PROIBIRE, PROIBIRE, PROIBIRE…


Se in Italia è possibile divorziare e rifarsi una famiglia e una vita; se è possibile abortire senza rischiare la pelle prima e la galera poi; se è possibile obiettare al servizio militare; se è possibile vivere più liberamente la propria sessualità; se, se ,se… ti chiediamo di non dimenticare che queste conquiste civili -che oggi qualcuno vorrebbe mettere in discussione- sono state fatte grazie all'impegno dei radicali, ai loro referendum, ai loro scioperi della fame e della sete, alle loro disobbedienze civili, ai loro arresti… Pensaci, e se ti pare che sia giusto dirgli un grazie anche per una sola di queste cose, ricordati che puoi farlo il 16 aprile, dando più forza alla Lista Emma Bonino.

New Economy


Finché i partiti di regime non sapevano neppure cosa fosse, Internet e la new economy sono potuti crescere in Italia nonostante i monopoli, i costi stratosferici delle infrastrutture telefoniche, la rigidità del lavoro e i mille ostacoli alla libera iniziativa imprenditoriale. Grazie al provvidenziale disinteresse delle corporazioni sindacali e delle burocrazie statali, centinaia di migliaia di persone hanno potuto sperimentare, con Internet, spazi di libertà d'iniziativa mai conosciuti in Italia.
I radicali intanto, con Agorà, da dieci anni costruivano una delle aziende italiane più innovative e avanzate nel mondo della telematica e sperimentavano nuove forme di partecipazione democratica attraverso Internet.
Poi è venuto il boom di Borsa e si è scoperto che una fetta importante d'Italia sapeva fare imprenditoria e rischiare senza aver bisogno delle rottamazioni, delle provvidenze dello Stato, delle clientele, delle concertazioni e delle mazzette.
Una nuova economia è cresciuta nel paese dimostrando che solo nella libertà economica si possono trovare le soluzioni ai problemi della disoccupazione e della mancata crescita economica. Come le sanguisughe, i due "poli" e i loro quaranta cespugli, Berlusconi e D'Alema in testa, pretendono adesso di mettere le mani anche su questa fetta dell'Italia libera e produttiva.
Prima D'Alema con l'indecente proposta del portale di Stato che dovrebbe trasformare Internet in un nuovo baraccone parastatale che possa essere controllato dai partiti, e poi il duo Berlusconi-Bossi che invece vorrebbe fare la secessione telematica con il "portale del nord", del "centro" e quello del "sud", magari gestiti dalla Fininvest. Contrapposti solo in tv, i "poli" sono sempre uniti quando bisogna spartirsi la torta del potere economico per il proprio interesse privato.

Bisogna fermarli, con il voto, prima che la più grande occasione di emancipazione liberale e liberista del nostro tempo, la nuova economia, venga espropriata e bloccata da chi sta o “di qua”, o “di là”, il vecchio PCI e dalla nuova DC.

DESTRA? SINISTRA? NOI VOGLIAMO ANDARE AVANTI!


Perché l'Italia colga le occasioni di crescita economica e di occupazione offerte dalla new economy di Internet, occorrono regole nuove, poche e e liberali.
I nostri referendum vogliono riformare un mercato del lavoro che penalizza i giovani e le donne e rende meno competitive le imprese italiane. Con le nuove forme di lavoro, quelle che i sindacati vogliono vietare, negli Stati Uniti -ma anche in Olanda ed in Gran Bretagna- milioni di disoccupati, in particolare fra le donne, hanno trovato un'occupazione regolare, magari a part-time.
Per questo, ci vuole il coraggio di sfidare i pregiudizi e gli interessi di chi non vuole cambiare nulla: noi abbiamo dimostrato di avere sia il coraggio che la forza politica per modernizzare l'Italia.
I giovani, le donne, i disoccupati, gli imprenditori che affrontano la competizione internazionale non vogliono andare "a destra" o "a sinistra", vogliono andare avanti! Anche noi!


Regioni-Stato

Il 16 aprile non sono elezioni come le altre


Il 16 aprile, se voterai la Lista Emma Bonino, voterai perché la nuova Regione-Stato (della quale sarai cittadino ed elettore) sia “americana” e “svizzera”, non più partitocratica.
Eleggerai, cioè, un Presidente-Governatore nello stesso modo che in USA, e un solo deputato-consigliere per la tua zona, come in Gran Bretagna e in America (chi arriva primo è eletto, l’altro o gli altri vanno a casa).
Voterai, quindi, per la persona e non per il Partito.
Inoltre, come in Svizzera, i cittadini saranno chiamati a decidere, con referendum comunali, provinciali, regionali, abrogativi o legislativi, sulle questioni che li interessano, per scegliere le soluzioni più adatte ai problemi della loro vita e del loro territorio.

ATTENTO! Sembra incredibile, ma tutti gli altri partiti e tutte le altre liste sono contrari a questa Riforma.Tutti vogliono avere più potere e più denaro, ai danni tuoi, dei cittadini, delle donne e degli uomini con i loro problemi, le loro speranze, le loro disperazioni. Perché credono nel potere, non in altro.

Il 16 aprile ci sono due modi di votare.
Da una parte per chi, come i due Poli, chiede nuovamente di "fare una scelta di campo" (per "battere i komunisti", i secessionisti, ecc.ecc.), salvo poi, al di là di questa o di quella rissa, ritrovarsi tutti profondamente uniti, ammucchiati, sulle cose che contano davvero (per la proporzionale, per il finanziamento pubblico dei partiti, contro i referendum, e così via).
Dall'altra per chi, come la Lista Emma Bonino, propone di sottoporre agli elettori del 16 aprile un progetto di Regione-Stato "americana" (con Presidente-Governatore e Deputati-Consiglieri eletti con sistema uninominale maggioritario a turno unico -due o tre partiti, chi vince governa, e l'altro o gli altri a casa-), con fortissime integrazioni di democrazia diretta referendaria sul modello svizzero; e -nello stesso tempo- impegna i prossimi Consigli regionali -ad almeno 5 di essi- a rilanciare un nuovo, più completo, più radicale progetto referendario di riforma economica, sociale ed istituzionale, a partire dai 13 referendum recentemente sottratti agli elettori dalla Corte Costituzionale.

Ma procediamo con ordine. La recente riforma costituzionale varata dalle Camere fa dei Consigli regionali che eleggeremo il prossimo 16 aprile delle vere e proprie "Assemblee costituenti", che potranno da subito "riscrivere la Costituzione" -lo Statuto- della propria Regione. In altre parole, i nuovi Consigli dovranno compiere - Regione per Regione- scelte assolutamente fondamentali: adottare una forma di governo di tipo parlamentare o di tipo presidenziale, puntare su un sistema elettorale di tipo proporzionale o di tipo maggioritario, decidere di ampliare o restringere la possibilità di ricorrere ad iniziative popolari e referendarie a livello locale, e così via. Mentre i candidati dei due Poli, esattamente come accade a Roma, dopo avere finito - o finto- di scontrarsi, si ritroveranno nei Consigli - proprio come in 15 piccole Bicamerali- sostanzialmente uniti e convergenti su controriforme neoproporzionaliste, gli eletti della Lista Bonino, nella prima seduta delle nuove assemblee regionali, depositeranno una proposta di Statuto che prevede:

* l'elezione diretta uninominale a un turno del Presidente della Giunta regionale;
* l'elezione dei consiglieri regionali con sistema uninominale maggioritario a turno unico;
* l'iniziativa popolare legislativa, con la quale una frazione della popolazione può formulare una proposta di legge da porre obbligatoriamente all'ordine del giorno del Consiglio regionale, che può approvarla oppure respingerla, sottoponendola in questo modo al voto popolare;
* il referendum legislativo e amministrativo sospensivo facoltativo, con il quale una frazione della popolazione può richiedere entro un dato termine, a partire dal giorno di adozione di una legge o di un atto amministrativo, lo svolgimento di una consultazione popolare per approvare o respingere l'atto approvato dal Consiglio;
* il referendum finanziario obbligatorio, in base al quale la Giunta regionale è tenuta a sottoporre al giudizio degli elettori la legge di bilancio e la ratifica delle emissioni di debito pubblico regionale.

E qualora la nostra proposta di Statuto dovesse essere battuta, e dovesse uscire dal Consiglio un mostriciattolo statutario neoproporzionalista, con 1/5 dei consiglieri o 1/50 degli elettori, chiederemo la sospensione dello Statuto, e lo sottoporremo al previsto referendum regionale: l'unica polizza di assicurazione a disposizione degli elettori delle 15 Regioni, quindi, è quella di garantirsi maggioranze della Lista Emma Bonino, o almeno minoranze di bloccaggio e di veto in grado di costringere le partitocrazie regionali a sottoporre al vaglio popolare ogni eventuale nuovo Mattarellum o Tatarellum regionale.

Questo è il percorso che può liberare le Regioni dalla prospettiva di continuare ad essere articolazioni ancora più inefficienti della burocrazia centralista e romana, e insieme assicurare a ciascuna di esse la possibilità di competere con le altre, così come con gli altri sistemi regionali europei. Dai due fronti opposti, non è giunta nessuna riflessione e soprattutto nessuna iniziativa su questo, se non qualche omaggio formale a parole molto di moda di questi tempi - federalismo, sussidiarietà, ecc.-, accompagnato, magari, da proposte di riforma (devolution, coordinamento dei Presidenti, e così via) del tutto estranee al perimetro di attribuzioni e poteri dei nuovi Consigli regionali. Da parte nostra, invece, è giunta la proposta di un percorso ben definito, e, soprattutto, immediatamente realizzabile:

* 16 aprile: elezione delle quindici Assemblee costituenti delle 15 Regioni-Stato italiane;
* 21 maggio: voto dei sette referendum;
* autunno (o primavera del prossimo anno, se si giungerà al termine naturale della legislatura): elezioni anticipate;
* 2001: voto dei nuovi referendum di Rivoluzione liberale proposte da cinque Regioni neo-elette;
* 2002: nuove elezioni regionali secondo gli Statuti delle 15 Regioni-Stato elette il 16 aprile, subito dopo i previsti referendum di approvazione degli Statuti stessi.


Libertà di lavoro e d’impresa


Quanto ai contenuti, il progetto di Rivoluzione liberale per il nostro paese - parallelo a quello di Rivoluzione federalista- è gia scritto, ed è quello che con 16 milioni di firme abbiamo incardinato nell'ultima campagna referendaria, e che, grazie al voto di 5 Consigli regionali, contiamo di iscrivere nuovamente nell'agenda politica del paese: liberazione delle nuove forme di lavoro (part time, a domicilio, interinale, a tempo determinato); riforma del servizio sanitario liberalizzato e del sistema previdenziale, con l'abrogazione delle "pensioni di giovinezza"; eliminazione dei finanziamenti pubblici di partiti, sindacati, patronati, e del parastato "ricreativo e culturale"; e così via.

Solo in questa prospettiva è ragionevole pensare di affrontare questioni decisive per la vita del nostro sistema economico. Altrimenti che cosa cambia, per fare un solo esempio, con la gestione regionale - invece che del Ministero del Lavoro- del collocamento, se i vincoli assurdi che la Corte Costituzionale ha impedito di cancellare con il voto referendario continuano ad esistere e a ostacolare il formarsi di un vero mercato del collocamento privato? Analogo ragionamento vale per la sanità: che senso ha chiedere la "devolution" della politica sanitaria alle Regioni se resta il monopolio del Servizio Sanitario Nazionale?
In conclusione, gli impegni degli eletti della Lista Emma Bonino saranno la pronta adozione dello Statuto "americano" nelle 15 Regioni e la contestuale iscrizione all'ordine del giorno della prima seduta valida delle nuove assemblee regionali della discussione sulle iniziative referendarie da intraprendere, a partire dai 13 referendum scippati dalla Corte Costituzionale nello scorso mese di febbraio. Solo così sarà possibile costruire un nuovo, decisivo appuntamento di Rivoluzione federalista e liberale.

Com’è possibile andare avanti con un fisco che rapina più della metà del reddito, con leggi assurde che ci proibiscono di scegliere gli orari e i luoghi di lavoro, che costringono ad essere evasori, imprenditori “clandestini”, lavoratori in nero?
Essere onesti significa spesso uscire dal mercato, divenire imprenditori falliti e lavoratori disoccupati.
E infatti siamo il paese in Europa dove le donne e i giovani non solo trovano meno lavoro, ma sono rassegnati a non trovarlo, spesso non ci provano nemmeno più; dove le persone, se non sono protette da qualcuno, non se la sentono di “rischiare”, di investire alcunché.
Chi ci rende impossibile la vita e il lavoro, scommette proprio sulla nostra rassegnazione, sul nostro biascicare “tanto non cambia nulla”.
E invece il 16 aprile potrebbe essere il giorno della loro sonora sconfitta, con i loro poli, partiti, sindacati, clienti, corporazioni.
Con il voto delle regionali ti proponiamo di conquistarti la libertà di lavoro part-time, di lavoro a domicilio, di lavoro a tempo determinato, come sono i lavori della nuova economia e di Internet; la libertà di scelta tra sanità statale e privata, per la riforma delle pensioni subito, per l’abbattimento dell’oppressione fiscale e della burocrazia sindacale.
Sono gli obiettivi dei referendum radicali, anche di quelli vergognosamente cancellati dalla Corte anti-costituzionale, che 5 Regioni potrebbero imporre subito ai vecchi padroni della politica italiana.

Perché l'Italia colga le occasioni di crescita economica e di occupazione offerte dalla new economy di Internet, occorrono regole nuove, poche e e liberali.
I nostri referendum vogliono riformare un mercato del lavoro che penalizza i giovani e le donne e rende meno competitive le imprese italiane. Con le nuove forme di lavoro, quelle che i sindacati vogliono vietare, negli Stati Uniti -ma anche in Olanda ed in Gran Bretagna- milioni di disoccupati, in particolare fra le donne, hanno trovato un'occupazione regolare, magari a part-time.
Per questo, ci vuole il coraggio di sfidare i pregiudizi e gli interessi di chi non vuole cambiare nulla: noi abbiamo dimostrato di avere sia il coraggio che la forza politica per modernizzare l'Italia. I giovani, le donne, i disoccupati, gli imprenditori che affrontano la competizione internazionale non vogliono andare "a destra" o "a sinistra", vogliono andare avanti! Anche noi!

ATTENTO! Sembra incredibile, ma tutti gli altri partiti e tutte le altre liste sono contrari a questa Riforme. Tutti vogliono avere più potere e più denaro, ai danni tuoi, dei cittadini, delle donne e degli uomini con i loro problemi, le loro speranze, le loro disperazioni. Perché credono nel potere, non in altro.



AI GIOVANI: TI NEGANO IL LAVORO OGGI E LA PENSIONE DOMANI. HANNO SPESO SOLDI CHE NON AVEVANO E CHE DOVRAI PAGARE TU. SONO IRRESPONSABILI E PERICOLOSI. FERMALI CON IL TUO VOTO. E RIMANDALI A CASA.

Pensateci, pensaci. Devi confrontarti con una scuola che fa vergogna, concepita per costruire conformismo e omologazione, con programmi anacronistici, libri di testo per lo più da socialismo reale, e la pressoché totale esclusione delle tre "i" -inglese, Internet e informatica- che, nel mondo di oggi, fanno la differenza tra chi è in grado di cogliere le opportunità del mercato e della globalizzazione, e chi rischia di esserne per sempre escluso.
Poi, devi fare i conti con un'università che, in nome della retorica del "tutto a tutti", non riesce a dare di carta", viste le percentuali di abbandono che non hanno eguali nel resto del mondo occidentale. Dopo di che, devi misurarti con il rischio della disoccupazione, più forte in Italia di quanto accada in gran parte del mondo civile: nei paesi liberali, i tassi di disoccupazione oscillano intorno al 4-5%, qui siamo poco lontani dal 12%, mentre nel Sud superiamo il 20%, e per i giovani si sfonda addi- rittura il muro del 30%. E, come se non bastasse, abbiamo pure il primato della "disoccupazione di lunga durata": in pratica, non solo i giovani italiani rischiano più degli altri di non trovare lavoro, ma hanno buone probabilità di rimanere in questa condizione molto più a lungo di quanto avvenga per i loro coetanei inglesi, americani, spagnoli, olandesi, tedeschi, francesi…
E se per caso un lavoro lo trovi? Devi pagare il 30% del tuo stipendio lordo in contributi, in buona parte impiegati per pagare la "pensione di anziani- tà" -o, per meglio dire, di "giovinezza"- a babypensionati 53enni, per lo più dediti a svolgere in nero lavori altrimenti destinati ai giovani, con la "rosea" prospettiva -per te- di andare in pensione, se ti andrà "bene", 10 o 15 anni dopo di loro, e di percepire una pensione della metà. Questi partiti e questa politica hanno fatto -ti hanno fatto- di tutto. Ti negano il lavoro oggi e la pensione domani, hanno speso soldi che non ave- vano e che dovrai pagare tu, sono irresponsabili e pericolosi. E' il momento di fermarli e di mandarli a casa. Puoi farlo con il tuo voto.
I radicali si sono battuti in passato per dare il voto ai diciottenni, e hanno vinto. Oggi si battono perché ai giovani non sia tolta la possibilità di costruirsi, lavorando, un'esistenza libera e dignitosa, garantire ciò che è normale per un tuo coetaneo di un qualsiasi altro paese occidentale: la possibilità di lavorare, di migliorare e di migliorarti confrontandoti con un mercato aperto, e di far vivere le tue speranze.

Referendum


VUOI
che i partiti siano solo due, o al massimo tre (chi vince è eletto, e chi perde va a casa), come accade nei paesi della libertà e della democrazia, dove non vi sono stati fascismi, nazismi, comunismi e partitocrazie? VUOI dire no al finanziamento pubblico con i soldi delle tue tasse a partiti, sindacati, patronati e alle altre bande di burocrati parassitari? VUOI dire no alle leggi che costringono al lavoro nero e alla disoccupazione; agli impedimenti esistenti per la “nuova economia” e le nuove forme di lavoro (part time, a tempo determinato, a domicilio, interinale); alle pensioni da fame per meglio pagare le pensioni di giovinezza ; VUOI dire no a sindacati onnipotenti e burocratizzati di stampo padronale come CGIL, CISL e UIL?
La Lista Emma Bonino è l'unico partito che impegnerà i Consigli regionali eletti il 16 aprile a rilanciare un radicale progetto referendario di riforme economiche, sociali ed istituzionali, a partire dai 13 referendum scippati a febbraio dalla Corte Costituzionale.

Anche su questo, tutti gli altri, sia "di qua" che "di là", sono contrari. Naturalmente, non si impegnano con voi elettori.

Il 21 maggio prepariamoci tutti a votare sette volte Sì


* per l'abolizione della quota proporzionale
* per l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti
* per la separazione delle carriere dei magistrati
* per l'abolizione degli incarichi extragiudiziari dei magistrati
* per la riforma del sistema elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura
* per abolire le trattenute alla fonte di Inps e Inail a favore dei sindacati
* contro l'obbligo di reintegro del lavoratore licenziato, vincolo disincen-tivante per le nuove assunzioni


E ricordiamoci che il 16 aprile, alle regionali, si vota anche per riproporre i 13 referendum radicali, liberisti e liberali, che sono stati impediti a febbraio dalla Corte Costituzionale, e che 5 Consigli regionali possono subito riproporre affinché siano vota-ti nella primavera del 2001:

* liberalizzazione del collocamento
* liberalizzazione dei contratti di lavoro a tempo determinato
* liberalizzazione dei contratti di lavoro part-time
* liberalizzazione dei contratti di lavoro a domicilio
* abolizione del sostituto d'imposta
* abolizione del finanziamento pubblico dei patronati sindacali
* smilitarizzazione della Guardia di Finanza
* abolizione delle pensioni di anzianità
* libertà di scelta tra Servizio Sanitario Nazionale e assicurazioni private
* libertà di scelta tra assicurazione contro gli infortuni sul lavoro con l’INAIL e con una compagnia privata
* responsabilità civile dei magistrati
* riduzione dei tempi di carcerazione in attesa di giudizio
* abolizione dei termini processuali ordinatori, per rendere certi e peren-tori
* tempi della giustizia

Cyberdemocracy


Gli altri partiti, per quanto qualcuno -è stato il caso, recentemente, di D'Alema- provi di tanto in tanto a mettere le penne del pavone, continuano ad avere con Internet il rapporto che i selvaggi delle barzellette hanno con la sveglia: se la mettono al collo, ma non sanno bene a cosa serva.
Per i radicali, le cose stanno in modo un po' diverso: con "Agorà" - oggi uno dei principali Internet provider italiani- sono stati tra i primi a portare Internet nel nostro paese, e, più in generale, negli ultimi anni, hanno fatto di Internet uno dei principali strumenti della loro comunicazione.
All'inizio del 1998, due anni fa, i radicali uniti a convegno discutevano per un mese sul tema "Quali lotte e leggi subito epr la rivoluzione tecnologica e la rivoluzione liberale". Gli esiti del convegno, concretizzatisi in 5 proposte di legge, puoi trovarli a questo indirizzo http://www.stm.it/cyberdemocracy.

Ma i radicali hanno fatto di più: non si sono limitati a scrivere delle interessanti proposte di legge: hanno agito. Mettendo le nuove tecnologie al servizio del pluriennale e consolidato modello di informazione al pubblico costituito da Radio Radicale hanno creato www.RadioRadicale.it un sito internet in cui la rivoluzione tecnologica è già al servizio del cittadino: infatti, i lavori delle istituzioni nazionali ed europe, l'attualità politica e giudiziaria è costantemente accessibile ad ogni cittadino, in ogni parte del mondo, in diretta audiovideo e successivamente - dunque, ad ogni ora del giorno - disponibile online nel più grande archivio multimediale online esistente.


Insomma, come puoi tu stesso controllare, mntre gli altri parlano, i radicali fanno.

RIVOLUZIONE TELEMATICA PER LA RIVOLUZIONE LIBERALE NELLE REGIONI-STATO

Gli eletti della Lista Bonino nei Consigli regionali presenteranno immediatamente disegni di leggi per rivoluzionare i rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione e per assicurare alle 15 Regioni-Stato la possibilità di avvalersi degli strumenti della rivoluzione telematica.
Questo significa:

* assicurare ai cittadini la completa conoscenza ed il pieno controllo degli atti e delle attività istituzionali;
* liberarci dalla dittatura del “pezzo di carta” e dalle mille scartoffie che siamo costretti a compilare e firmare mille e mille volte;
* trasformare gli uffici pubblici in agenzie da cui è possibile prenotare una visita medica oppure vedersi notificato un atto, con la stessa facilità con cui si può volare da Roma a New York;
* consentire alle nostre Regioni di offrire a chi vuole investire il proprio capitale, la propria intelligenza e il proprio spirito di impresa condizioni per competere e collaborare nel mer-cato globale.

Iniziative legislative saranno dunque assunte per:

* la trasmissione in audio e video tramite Internet di tutte le sedute dei Consigli Regionali, provinciali e comunali, e per la messa in rete dei relativi atti;
* l’introduzione del voto elettronico;
* la sottoscrizione per via telematica delle liste elettorali, delle candidature e dei referendum popolari;
* l’istituzione in ogni Comune dell’Albo pretorio telematico, per ottenere in tempo reale tutte le notizie relative, fra l’altro, ai bandi di concorso, di gara o di appalto;
* la messa in rete degli atti e delle attività delle aziende sanitarie locali, degli ospedali e di tutti gli uffici della Pubblica Amministrazione.


EMMA BONINO ANNUNCIA SEI PROPOSTE LIBERTARIE PER IL RILANCIO DEL MOVIMENTO DEI DIRITTI CIVILI

LE 6 NUOVE RICHIESTE PER LA RIVOLUZIONE CIVILE LIBERALE E LIBERTARIA ESPOSTE ALLA TRIBUNA ELETTORALE DI RAI 1 DA EMMA BONINO A NOME DEL MOVIMENTO RADICALE E DELLA LISTA EMMA BONINO

Roma, 8 Aprile 2000

"Allora dirò che, per quel che ci riguarda, il 16 aprile si vota anche per rilanciare il movimento dei diritti civili e umani del Partito Radicale.
Votare per me, per la Lista Bonino sarà anche sostenere politicamente i seguenti obiettivi:

* Ridurre di almeno sei mesi i tempi necessari per divorziare;

* Liberalizzare immediatamente la vendita e l'uso in Italia della 'pillola del giorno dopo'. Ridurremo così gli aborti delle minorenni e di tutte;

* Estendere anche alle cliniche e agli ambulatori privati le interruzioni volontarie della gravidanza, ferma restando la normativa vigente su procedure e modalità;

* Attuare in tutte le regioni gli esperimenti scientifici e sociali di cura dei tossicodipendenti con facoltà di somministrazione medica, controllata, terapeutica di eroina e altri farmaci, secondo quanto si accinge a fare il sindaco di centro-destra di Madrid, rappresentante di Aznar, e secondo quanto approvato per due volte con maggioranze del 70% dal popolo svizzero;

* Legalizzazione immediata delle non-droghe, dette "droghe leggere". Rivolgo un appello agli studenti e a tutti i giovani lavoratori perché immediatamente manifestino pubblicamente e con il voto del 16 aprile questa risposta al proibizionismo statalista di stampo clerico-fascista del Polo e del Partito Popolare e all'ignavia del centro-sinistra;

* Consentire il libero ricorso tutte le forme di fecondazione assistita.


Per finire, ci rivolgiamo a tutte e a tutti gli elettori del Polo perché votino i candidati delle Liste Bonino per chiedere così a Silvio Berlusconi di non continuare a mettersi alla testa dei 40 partiti della reazione proporzionalistica e del finanziamento pubblico dei partiti, di non mettersi alla testa dello schieramento che include i due partiti comunisti, i cattocomunisti e i popolari dell'Ulivo, Umberto Bossi e Pino Rauti, tutte le componenti democristiane, da Casini a Mastella, dai don Gelmini ai Don Mazzi, dai Don Benzi.
A tutti gli elettori del centro-sinistra indichiamo nella politica liberale, liberista, libertaria, federalista, referendaria dei radicali della Lista Bonino la sola garanzia che la lotta contro la politica reazionaria e conservatrice dell'attuale Polo non rafforzi la politica e le componenti cattocomuniste, conservatoriste, partitocratiche dell'Ulivo e il blocco sociale burocratico conservatore che lo condiziona".




LO SVILUPPO È UN FUOCO DA ACCENDERE,
NON UN VASO DA RIEMPIRE: AMMORBIDIRE IL DECLINO NON SERVE


ANALISI

Il declino del Piemonte continua: La crescita del PIL è il più semplice e generale degli indicatori di buona salute dell'economia. Il tasso medio annuo di crescita del PIL negli ultimi 15 anni è stato un misero 1,4% nel Nord-Ovest e dell'1,2% in Piemonte. Data una crescita spontanea annuale della produttività del 2%, tra il 1991 e il 1998 in Piemonte si è distrutto l'8% per cento dell'occupazione complessiva, cioè si sono persi 135.000 posti di lavoro.

Il fallimento delle politiche del passato: l'inefficienza delle passate politiche per lo sviluppo è dimostrata dal fatto che sul Piemonte si sono riversate nello stesso periodo ben 4 tornate di fondi strutturali europei, con oltre 2.500 miliardi di spesa pubblica negli ultimi 6 anni, senza che se ne siano visti gli effetti sul Pil.

Queste politiche:


* hanno più che altro teso ad ammorbidire il declino dei settori in crisi, senza occuparsi di quelli ad alto potenziale;

* hanno generato - agrodolce frutto della concertazione - una proliferazione di spese minute e contributi "a pioggia", come nel caso dei patti territoriali, senza concentrarsi sulle vere priorità, per esempio sui ritardi infrastrutturali. Lo dimostra il cronico ritardo nell'avvio degli investimenti sull'Alta Velocità tra Torino e Lione, per i quali la Regione, favorevole a parole, non ha mai veramente messo in campo tutto il suo peso politico.



La Nuova Economia rischia di non decollare, perché:

1. Mancano i soggetti della New Economy: il Piemonte ha scarsità di giovani e non riesce ad attrarne.
2. Mancano le infrastrutture della New Economy: Business Park con spazi flessibili, modulari, cablati, con servizi comuni e aree per la collaborazione con gli Atenei. Con opportuni incentivi il settore privato potrebbe produrle;
3. Mancano i sostegni alla New Economy: le idee di impresa della New economy nascono da giovani potenziali imprenditori, o giovani ricercatori, che non hanno la forza finanziaria e organizzativa per trasformarle in imprese. Mancano aiuti finanziari e tecnici per rimediare a questo fallimento.
4. Manca la cultura della new economy nella politica e nell'amministrazione pubblica: eccone un esempio. Oggi la regione, le province piemontesi, il Comune di Torino e altri enti locali sono insieme proprietari e clienti del CSI (Consorzio per il sistema informativo), un' impresa monopolista delle forniture software a tutta la pubblica amministrazione (oltre 150 miliardi di fatturato), un enorme burosauro para-politico che si muove su di un mercato captive di enti pubblici locali e sottrae alle imprese private una fetta di mercato consistente, in cui queste potrebbero sviluppare competenze vendibili in altre regioni italiane e all'estero. Oggi un'impresa internet-based con un patrimonio netto inferiore a quello del CSI va- anzi 'corre'- in borsa capitalizzando centinaia di miliardi. Il CSI è invece ridotto al ruolo di intermediario fra gli enti pubblici e un mercato subalterno di subfornitori privati.



Importanti opportunità di sviluppo sono andate perse o sono state colte con troppo ritardo. Per esempio, la Merchant Bank Regionale - frutto dei Fondi Strutturali - nasce dopo ben due anni di gestazione, e non ha alcun vincolo di investimento specifico né nelle imprese della New Economy, né in start-up, né in imprese high-tech. Si configura come un concorrente sleale a società finanziarie private, che difficilmente assolverà la missione che ne giustifica il finanziamento pubblico: intervenire laddove il fiorente mercato dei finanziamenti privati è assente;

Nelle politiche per il lavoro continua a prevalere la logica, sbagliata, di proteggere chi è "dentro", e non potenziare le opportunità per chi è "fuori".
In generale tutto l'approccio italiano alle politiche occupazionali è sbagliato. Infatti, si confondono e si riuniscono in una sola voce due tipi di politiche:

1. le politiche per la creazione del lavoro, che dovrebbero passare per la creazione di imprese e la generazione di sviluppo economico;
2. le politiche per l'occupazione delle persone svantaggiate nella ricerca di lavoro.



In Piemonte i due problemi vengono trattati da un'unica Legge, (L.R. 28/1993) che riserva ai "soggetti svantaggiati" l'accesso a forme di incentivazione dell'imprenditorialità. Questi neo-imprenditori non si devono però occupare di attività commerciali al dettaglio e di ristorazione, e non possono avviare imprese con scarso contenuto tecnologico. Ora, è quanto meno dubbio che chi è privo di occupazione - spesso perché la sua produttività è inferiore al salario medio - possa trasformarsi in imprenditore concependo produzioni manifatturiere high-tech.

Tenere i due piani indistinti ha provocato un doppio fallimento: da una parte, una scarsa attenzione alle forme di self-employment, ossia all'educazione e formazione alla imprenditorialità; dall'altra, una tutela inadeguata dell'occupabilità delle persone svantaggiate. Questo secondo punto è aggravato da due errori:

1. non si sono affrontati i problemi centrali del collocamento, che dovrebbe essere privatizzato e liberalizzato completamente;
2. si è insistito nell'affrontare il tema della formazione nel modo sbagliato, ossia finanziando i formatori, anziché i primi interessati all'esito occupazionale della formazione: i lavoratori, i disoccupati, le imprese che assumono.
3. Si è nutrita una pseudo-industria della formazione, con l'esclusione deliberata di operatori privati a vantaggio di enti pubblici e agenzie sindacali.



LE NOSTRE PROPOSTE

1. Si può crescere solo in rete I collegamenti e l'Alta Velocità sono per noi al primo posto delle priorità regionali. Parte di responsabilità per il declino sta infatti negli scarsi collegamenti del Piemonte, una Regione cul de sac. La passata Amministrazione ha perso tempo, con la lentezza delle sue procedure, e con lo scarso impegno dei suoi protagonisti. Il collegamento Lione - Torino - Milano è vitale perché verso ovest le nostre relazioni sono ostacolate dalle Alpi, e perché Milano è una città congestionata, che "avvicinata a Torino" vi farebbe naturalmente ricadere attività economiche e residenze. Dobbiamo giocare in "complementarietà" con Milano, e non rifugiarci in una dannosa autarchia, come nel caso di Malpensa 2000.

2. I giovani sono una risorsa: più risorse per i giovani che si danno da fare I giovani sono risorse preziose: da valorizzare i giovani piemontesi e le loro idee; da attrarre i giovani dall'esterno.

Noi:

* focalizzeremo le risorse disponibili per la promozione imprenditoriale nei settori ad alta crescita; sosterremo - come a Pittsburgh fa l'agenzia Innovation Works (http://www.innovationworks.org) - i progetti dei giovani aspiranti imprenditori. assistendoli nella trasformazione delle idee in studi di fattibilità d'impresa "bancabili".
* Promuoveremo la diffusione di incubatori, anche a capitale privato, purché localizzati in Piemonte, strettamente riservati all'avvio di imprese in settori ad alta crescita, ben collegati con intermediari finanziari e istituzioni di ricerca. (In Piemonte esiste solo quello del Politecnico di soli 300 mq - mentre per raggiungere la densità degli Stati Uniti - oltre 4500 nell'high-tech, dovremmo averne circa 70 di tutt'altre dimensioni.



3 Dal sostegno di categorie a quello di buoni progetti a misura d'Europa Nessuna amministrazione pubblica crea veri posti di lavoro La nascita di nuove imprese e la crescita di quelle esistenti sono le risposte a questo bisogno primario. Le imprese piemontesi sono rimaste troppo piccole per crescere in un mercato di riferimento che l'euro sta moltiplicando per 12. Per queste ragioni la nostra politica economica si differenzierà da un passato di sostegno a categorie in crisi e a aree depresse e si concentrerà, in positivo, sulla:

* creazione di nuove imprese
* promozione della crescita dimensionale delle imprese, anche attraverso progetti di unione e associazione tra imprese per dare vita a strutture stabili che consentano di superare i limiti della micro-dimensione delle imprese;
* promozione dell'accesso e dello sviluppo di alta tecnologia
* promozione dell'internazionalizzazione in uscita e in entrata del Piemonte.
* creazione delle migliori condizioni urbanistiche, infrastrutturali, normative e finanziarie per la nascita di Business Park, per attrarre e incentivare la nascita di imprese del terziario avanzato, alla base della nuova economia.



Cancelleremo l'esperienza della politica industriale che "spruzza risorse" sui territori in declino - risorse peraltro non disprezzabili, poiché i patti fin qui finanziati sono costati al contribuente regionale ben 77 milioni di lire per ogni posto di lavoro creato o (forse) mantenuto.

4. Un settore che non si può dimenticare
"L'automobile" è ancora importante per il Piemonte, dove esiste una concentrazione di competenze unica in Europa; non quella rappresentata dalla Fiat (che segue - giustamente - la globalizzazione dei suoi interessi), né quella delle sue relazioni di fornitura.

* Noi sosterremo le imprese della fornitura perché, attraverso adeguate formule associative si riesca a costituire in Piemonte un vero e proprio "One Stop Shop" della fornitura automobilistica (magari su Internet): dalla ricerca alla progettazione, dal design alla fornitura delle linee di produzione, dalla realizzazione di moduli, parti, componenti fino all'assemblaggio. Un "One Stop Shop" rivolto all'industria globale dell'automobile.



5. La nuova economia si deve vendere oltre che contribuire a far nascere Nell'era della globalizzazione le regioni del mondo sono in concorrenza tra di loro, come le imprese; i vantaggi competitivi di un'area non sono più né vantaggi naturali né si limitano alla convenienza di una risorsa (es. i salari dei lavoratori). I veri vantaggi competitivi sono oggi l'esito di una combinazione complessa e virtuosa di condizioni di localizzazione, sulle quali l'Amministrazione pubblica ha grande responsabilità, e della capacità di venderle nel mondo. Ci impegnamo a

* far focalizzare ITP sui settori della Nuova Economia
* integrare i fattori di localizzazione della Nuova Economia oggi drammaticamente carenti. Il Piemonte pullula di aree industriali deserte; se arrivasse una seconda Motorola non sapremmo dove metterla.



6. Dalle politiche per l'occupazione a quelle per l'occupabilità L'approccio della Regione Piemonte alle politiche occupazionali è completamente sbagliato. Infatti, si confondono e si riuniscono in una sola voce due tipi di politiche:

* le politiche per la creazione del lavoro, che passano per la creazione di imprese e la generazione di sviluppo economico (vedi sopra);
* le politiche per l'occupazione delle persone svantaggiate nella ricerca di lavoro.



A queste persone si devono rivolgere più attente politiche per l'occupabilità che consistono in:

* incentivi temporanei alle imprese che li assumono;
* massima liberalizzazione del collocamento;
* formazione su misura, per superare lo svantaggio;
* incentivi specifici per aumentare la flessibilità dell'occupazione e la partecipazione al lavoro, che in Italia è anormalmente bassa rispetto agli altri paesi europei.



Infine

* promuoveremo il mondo del lavoro autonomo; difenderemo i lavoratori autonomi dalla vera e propria offensiva fiscale, contributiva e regolamentare di cui sono oggetto, con l'unico scopo di trasformare i professionisti e i collaboratori in dipendenti surrettizi, dipendenti soprattutto nelle loro scelte future da carichi fiscali iniqui a fronte di una fasulla protezione sul futuro.



7. Più opportunità per il mercato, più scelta per i cittadini Al di là degli obiettivi dei programmi, l'economia può essere aiutata a crescere o può essere soffocata a seconda dei metodi scelti dalla Regione per intervenirvi. Noi vogliamo fare crescere l'economia di mercato senza dimenticare i bisogni dei cittadini di avere buoni servizi e buone politiche. Per questa ragione daremo più spazio al mercato con due innovazioni di metodo:

* privilegeremo l'acquisto di beni e servizi sul mercato rispetto alla produzione diretta, sulla base di calcoli rigorosi di convenienza per la Regione e i contribuenti. A parità di convenienza sceglieremo i privati.
* laddove la scelta politica sarà di sostenere taluni investimenti, es. servizi di formazione, assistenza tecnica ai neo-imprenditori, la scelta d'elezione sarà di mettere il potere di spesa nelle mani dei cittadini, attraverso i buoni (voucher) da spendere presso l'intero potenziale mercato dei fornitori pubblici o privati, senza discriminazione.



8. Meno tasse, meno sprechi, meno regali Per finire 2 impegni sulle entrate e sulla spesa verso i nostri elettori:

* Le tasse frenano lo sviluppo. Ogni buon amministratore sa fare senza sacrifici risparmi sul suo budget di qualche punto percentuale. Lo faremo anche noi, con costanza, con un obiettivo di ridurre del 2,5 per cento la spesa corrente ogni anno. Destineremo metà di questo risparmio alle spese per investimenti, e restituiremo la residua parte ai cittadini, abbassando la pressione fiscale regionale.
* Tutti i contributi all'economia saranno temporanei e "rotativi". Temporanei perché dovranno essere finanziati solo progetti che rispondono a logiche di mercato e sono quindi in grado di reggersi da soli a regime. Rotativi perché la restituzione alla collettività dei contributi da parte dei soggetti beneficiati, al raggiungimento degli obiettivi prefissati, permetterà di moltiplicare l'effetto delle risorse preziose, che vengono dai contribuenti.





IL DIRITTO ALLA SANITÀ:
IL DIRITTO ALLA SCELTA IN MATERIA DI SANITÀ


ANALISI

La spesa per sanità e assistenza è la voce più importante del bilancio regionale, costituendo oltre il 70% delle spese attribuibili (investimenti esclusi).

Una spesa fuori controllo...


* Il bilancio della spesa sanitaria regionale ha risentito negli esercizi degli ultimi tre anni ('96, '97, '98) di un deficit crescente in maniera esponenziale, fino ad arrivare a circa 3.500 miliardi di lire di deficit consolidato nel 1998 (Bilancio ultimo dato disponibile)



* Anche in conseguenza dell'esplosione della spesa corrente, gli investimenti nella sanità si sono ridotti a livelli minimi: solo 66 miliardi per il 1999, contro i 124 del 1998 e 721 del 1997.



...per un cattivo servizio

A fronte di risorse che eccedono di gran lunga il budget preventivato, i cittadini percepiscono comunque una qualità del servizio complessivamente scadente.


* Per esempio, in Piemonte si fa oggi più coda agli sportelli del sistema sanitario che nelle altre regioni del Nord Italia: il 31,3% dei pazienti ha atteso nel 1997 più di 20 minuti, contro il 13,9% in Val d'Aosta, 1l 26,8% in Lombardia, il 17% in Trentino, il 24% in Veneto e il 27% in Emilia Romagna (dati ISTAT riportati da Il Sole 24 Ore).



* Il Piemonte è l'unica regione del Nord Italia (ed è una delle cinque in tutta Italia, molto vicina a Basilicata e Campania) ad avere un saldo passivo di mobilità sanitaria: coloro che "scappano" dalla sanità piemontese eccedono di 10.000 unità coloro che vengono attirati dalle nostre strutture sanitarie. Per confronto, la Lombardia ha un saldo positivo di oltre 350.000 persone, il Veneto di oltre 200.000 (dati Ministero della Sanità riportati da Il Sole 24 Ore). Questo fenomeno comporta oggi il finanziamento da parte della Regione Piemonte di strutture sanitarie di altre Regioni, contribuendo alla creazione di un "circolo vizioso": meno pazienti, meno risorse, diminuisce l'eccellenza delle strutture sanitarie, fuggono i medici più bravi e qualificati e non ne vengono attirati dall'esterno, diminuisce l'indotto del settore sanitario.



"Bocciati" in gestione

La Regione è responsabile di questa situazione sotto diversi aspetti:


* Non ha sufficientemente liberalizzato il settore, non cogliendo l'occasione di introdurre una competizione vera tra le strutture sanitarie pubbliche e private: il cittadino può oggi rivolgersi ad erogatori privati - per le prestazioni garantite dal sistema sanitario pubblico - solo nel caso esista una convenzione con questi operatori. Le convenzioni possono essere stipulate dalle aziende sanitarie ed ospedaliere solo con strutture accreditate, che sono un sottoinsieme di quelle autorizzate. Tre passaggi che in Piemonte hanno ribadito la subalternità del privato al pubblico.



* Non ha creato le condizioni per gestione indipendente delle aziende sanitarie: l'attuale sistema di nomine prevede una scelta discrezionale politica su un elenco di soggetti idonei. La Giunta precedente affidava le scelta a una società indipendente di selezione. Un passo indietro.



* Non ha effettuato sufficienti controlli - lo prova l'esplosione del deficit sanitario e lo confermano le accese discussione in Consiglio regionale.



* Ha punito ingiustamente le AS virtuose. Per recuperare il deficit la Regione ha tagliato indiscriminatamente il budget dell'1% annuo per il 1999 ed il 2000 sia alle AS che avevano rispettato gli obiettivi che a quelle che li avevano mancati, causando il deficit.



LE NOSTRE PROPOSTE

Una politica per la sanità, che privilegi le possibilità di scelta dei cittadini, può essere costruita su queste basi:

1. Generare un'effettiva concorrenza tra gli erogatori dei servizi sanitari, siano essi pubblici o privati
* Perché vi sia un'effettiva concorrenza, proponiamo che (1) la Regione conceda le autorizzazioni dietro verifica dei soli requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, essendo implicita nella disponibile a investire dei privati l'esistenza di un fabbisogno di strutture, (2) tutti i soggetti debitamente autorizzati a fornire una certa prestazione sanitaria vengano automaticamente accreditati; (3) la convenzione verrà concessa a chiunque ne faccia richiesta. Non vi è infatti motivo che la Regione si sostituisca al mercato nell'esprimere l'esigenza di nuove strutture sanitarie. Non vi è motivo che strutture sanitarie giudicate di qualità insufficiente per operare nell'ambito del SSN siano autorizzate a prestare servizi sanitari al di fuori del SSN. Non vi è inoltre motivo perché le ASL scelgano quali soggetti privati possano essere convenzionati a fornire prestazioni ai propri iscritti. La Regione deve solo, attraverso la concessione ed eventualmente la revoca dell'autorizzazione, controllare la capacità di fornire prestazioni secondo standard prefissati. Le convenzioni svolgono nella sanità la stessa funzione che le licenze svolgono nel commercio. Entrambe creano rendite di posizione e nuocciono al cittadino/consumatore.




Il principio è applicabile a tutte le strutture sanitarie. I privati, nel rispetto delle regole che valgono oggi per le strutture pubbliche, sono da considerare alla stessa stregua del pubblico: si deve normare il settore in termini di servizi e qualità offerta e non di identità dell'offerente.



* Favorire l'informazione, non guidare la scelta. Nel sistema che proponiamo, la Regione avrà anche il compito fondamentale di sostenere la diffusione di informazioni sulla qualità delle diverse strutture sanitarie in competizione tra loro, in modo da permettere una scelta consapevole da parte dei cittadini. Per essere autorizzate, le strutture sanitarie dovranno garantire trasparenza e pubblicità degli indicatori di efficacia delle prestazioni sanitarie fornite. La Regione incentiverà inoltre le associazioni di cittadini/consumatori ad operare il monitoraggio delle strutture sanitarie, provvedendo essa stessa al servizio in caso di inadeguatezza di queste ultime.



1. Selezione esterna, incentivi e separazione tra controllati e controllori
* Seguendo il principio della separazione tra indirizzo e gestione, non è giustificabile la decisione politica nella scelta e nell'operato dei manager della sanità pubblica. Gestire ospedali significa gestire aziende. Il ruolo politico sta nell'indirizzo e nel controllo e non nella gestione. I responsabili della gestione devono quindi essere manager puri. La nostra scelta politica sarà di non scegliere su base politica: la nomina dei dirigenti delle ASL e delle ASO verrà affidata ad una società di cacciatori di teste - scelta tramite gara pubblica. Questa provvederà a selezionare in modo professionale i dirigenti, assunti a tempo determinato. I dirigenti di primo livello provvederanno poi - come attualmente previsto - alla nomina dei dirigenti ai livelli inferiori della scala gerarchica, di nuovo con contratti a tempo determinato. Il buon operare di tutti i dirigenti sarà garantito da un sistema di retribuzione collegato al raggiungimento di obiettivi chiari, precisi e verificabili, il cui controllo sarà affidato a meccanismi che ne garantiscano la credibilità (oggi - per esempio - l'operato dei primari viene sottoposto a verifica solo ogni 5 anni, e da parte di un collegio di colleghi!).



1. Incentivare la progressiva informatizzazione delle strutture sanitarie
* Nostro impegno è di arrivare nel più breve tempo possibile alla creazione di una smartcard sanitaria individuale, che il cittadino può portarsi sempre appresso, contenente tutte le cartelle cliniche, le lettere di dimissioni e i referti medici che lo riguardano. Oggi la conoscenza della situazione medica del paziente avviene soprattutto tramite l'anamnesi individuale, ovverosia quello che il paziente racconta al medico che lo cura: gli unici documenti medici disponibili sono le lettere di dimissioni relative ad interventi precedenti. Inaccettabile pensare che ad ogni ricovero si debbano ricercare per tentativi i trattamenti specifici a cui il paziente risponde meglio, mentre magari sono stati già trovati durante ricoveri precedenti. Inaccettabile pensare che se un paziente viene ricoverato in stato di incoscienza sia praticamente impossibile conoscere se sia allergico a particolari trattamenti, salvo foglietti vari nascosti nel portafogli…. Su questo tesserino individuale si possono immagazzinare anche informazioni sulle persone da contattare in caso di necessità e sulle volontà del possessore circa l'utilizzo dei suoi organi per espianto e trapianto in caso di morte accidentale.



* La storia medica di ogni utilizzatore del sistema sanitario regionale sarà - al momento del ricovero - caricata nel sistema informativo della struttura sanitaria: tutti i flussi e le procedure relative al paziente saranno informatizzate, e la storia medica debitamente aggiornata sul tesserino al momento della dimissione.



* I medici di base saranno collegati in tempo reale con le strutture sanitarie e avranno il compito di informare i pazienti sull'offerta disponibile secondo i tempi di attesa.


* L'informatizzazione della sanità regionale avverrà incentivando l'adozione di soluzioni all'avanguardia, comprate sul mercato, che possano quindi costituire occasione e stimolo per un radicamento del settore dell'information technology, base della New Economy, in Piemonte.



1. Promuovere la riforma dei medici di base

* Noi incentiveremo una veloce aggregazione dei medici di base in studi associati - già prevista dai piani sanitari. Questo avrà tre importanti vantaggi per i cittadini:



* Permetterà una copertura completa nell'arco della giornata, della settimana e dell'anno del servizio di medicina di base.
* Lenirà il problema delle code
* Renderà meno onerosa l'introduzione della telematica.




Inoltre, è molto più facile per il cittadino scegliere fra 20 studi medici piuttosto che fra 100 medici di base singoli, e questo favorisce l'instaurarsi di una sana competizione fra gli studi associati.



* Ci faremo inoltre promotori di una legge di riforma a livello nazionale o di un referendum per regionalizzare il contratto di categoria per i medici di base, permettendo così alle regioni di fissare modalità retributive legate agli obiettivi..



1. Dismissione del patrimonio immobiliare inutile delle ASL
* Una parte del patrimonio immobiliare delle ASL è costituito da immobili estranei alle finalità sanitarie. Questi dovrebbero essere ceduti per liberare risorse finanziarie da assegnare ad investimenti tecnologici al fine di fornire ai cittadini servizi d'avanguardia.
* Questi stessi obiettivi si dovrebbero altresì perseguire con una gestione attiva del patrimonio immobiliare destinato all'attività tipica. Infatti, la nascita dei fondi immobiliari dà alle aziende in generale e dunque anche agli ospedali la possibilità di disinvestire dal settore immobiliare per investire nel potenziamento dell'attività produttiva.



Vogliamo in definitiva fare della sanità un settore competitivo che generi eccellenza e possa costituire un sentiero di sviluppo dell'economia piemontese, creando una domanda indotta di beni e di servizi anche dall'esterno della Regione: un sistema al cui centro vi siano i cittadini e la loro possibilità di scelta. Dunque non spesa necessaria, ma servizio ai cittadini ed occasione di sviluppo.

 


I candidati alle regionali del 2000

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