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Messaggero Veneto 10-05-2001

In Parlamento serve la voce dei radicali

Qualche osservatore dell'attuale campagna elettorale, ma forse anche della dialettica politica degli ultimi anni, non avrà trattenuto un moto di stupore nel constatare quali siano i temi oggetto di discussione rispetto alle questioni che realmente riguardano la vita dei cittadini. Lungi da noi l'intenzione di proporre una sterile polemica sull'affannarsi di molti leader nazionali a discettare sulla data del sondaggio lombardo o sulle abitudini alimentari di Luttazzi, ciò che mette conto di rilevare è come dietro il punto si nascondano almeno due questioni politiche che riguardano la stesse caratteristiche di democraticità dell'ordinamento.

La prima questione riguarda la predisposizione dell'agenda politica. A monte del potere degli organi rappresentativi di decidere, vi è infatti quello di controllare quali questioni devono essere argomento di decisione. Nel nostro sistema politico tale potere è sempre stato appannaggio delle segreterie dei partiti, (anche) in questo associate per eliminare dalla discussione pubblica temi che, per quanto rilevanti per la vita dei cittadini, risultavano pericolosi per la stabilità del sistema per la loro attitudine a dividere gli schieramenti costituiti, piuttosto che per la loro ricaduta in termini di consenso. Il distacco spesso rilevato fra cittadini e politica deriva anche da tale situazione, il cui effetto più pernicioso è peraltro il rinvio spesso sine die di riforme necessarie per la modernizzazione del Paese.

I radicali rappresentano la forza che con maggiore decisione e successo si è opposta negli anni a questo stato di cose, proponendo con lo strumento referendario alla decisione popolare, ma prima ancora alla pubblica discussione, riforme che hanno cambiato questo Paese. Gioverà ricordare che le battaglie di cui si sono resi protagonisti a partire dagli anni Settanta sui diritti civili, poi via via negli anni Novanta sulla riforma dello Stato e recentemente sulle libertà economiche, hanno sempre trovato le forze (a parole) laiche e riformatrici inizialmente scettiche, ancorate a una posizione di retroguardia timorosa della presunta immaturità del Paese. Paese che poi, chiamato alla decisione, si è sempre espresso a favore delle istanze modernizzatrici proposte.

Ora che l'arma referendaria è stata disinnescata dal doloso, irresponsabile comportamento dei "padroni del vapore", infastiditi dall'attentato al loro potere di controllare monopolisticamente quali questioni devono essere argomento di decisione, più che mai si avverte l'esigenza che in Parlamento sia garantita, con una significativa presenza radicale, la messa all'ordine del giorno di temi come la libertà scientifica e di cura, l'eutanasia, la riforma americana delle nostre istituzioni, una riforma del mercato del lavoro e del sistema previdenziale che restituisca a ciascuno la piena sovranità sul proprio tempo e il proprio denaro.

Chi condivide le istanze di riforma liberale del nostro paese e conosce la capacità dei radicali di dar loro una speranza di successo forse comprende la necessità della presenza in Parlamento di una voce laica e liberale senza compromessi. Ma anche chi non convenisse sui contenuti di alcune iniziative radicali non può non interrogarsi sull'opportunità che l'agenda politica sia aperta a temi su cui le altre democrazie occidentali si confrontano da tempo.

Qui si apre la seconda questione. Nel proporre come oggetto di decisione la domanda politica dei cittadini, nel controllare la rispondenza dei programmi e dell'azione politica a quelle domanda, ai bisogni della società, un ruolo fondamentale dovrebbe spettare a una stampa libera e responsabile. Non è forse ozioso chiedersi se la stampa assolva oggi a questo compito. Se la soluzione all'italiana della questione dell'informazione non rischi di essere la par condicio della partigianeria, dove a una faziosità si replica con un'altra faziosità, e non un giornalismo fatto di inchieste e di domande sgradite ai potenti, di libertà d'espressione e di consapevolezza del proprio ruolo democratico. L'iniziativa nonviolenta di Emma Bonino e Luca Coscioni degli ultimi giorni, più raccontata che compresa, mira proprio a sollevare la questione se in Italia sia rispettato non il diritto dei radicali a finire sui giornali, ma il principio democratico del conoscere per deliberare. Giusta o sbagliata che sia questa forma di lotta (non di protesta, please), il tema che essa pone non può essere liquidato con il fastidio che si riserva alle domande impertinenti.

PAOLO GANDOLFO

Candidato per la lista Bonino alla Camera dei deputati nel collegio uninominale 5 Udine - Tavagnacco