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Il Gazzettino 08-05-2001

IL CONFRONTO/ 1

Gli industriali si affidano ai quiz per sondare le posizioni dei partiti. Il presidente Valduga lancia un appello al voto

Candidati "muti" in scena all'Assindustria

A Palazzo Torriani gli aspiranti parlamentari devono rispondere a monosillabi: vietati i discorsi e le promesse

I candidati si abbuffano di parole e promesse? Gli industriali, impietosi, impongono un inatteso digiuno verbale agli aspiranti parlamentari. A Palazzo Torriani, in un confronto all'italiana che raccoglie un esponente per ogni partito, i padroni di casa vietano discorsi e divagazioni, imponendo agli ospiti un menù fisso: trentanove domande, dal fisco alle pensioni, dall'ambiente all'energia, che reclamano un solo monosillabo. «Vogliamo un "sì" o "no". Al massimo, accettiamo un "non risponde"» sintetizza, divertito, il moderatore Piero Villotta. Quelle trentanove domande, ma causa il tempo alla fine solo ventidue otterranno risposta, rappresentano le richieste dell'Assind. E sono richieste esorbitanti, da luna nel pozzo, perché spaziano dai licenziamenti facili all'abolizione dell'Irap, dalla riduzione delle tasse all'abbattimento dei contributi previdenziali.

Sulle sedie all'improvviso scomode, ricevendo l'articolatissima prova a quiz, i candidati si ritrovano così nelle vesti di scolaretti. E faticano non poco ad adeguarsi all'esame, mentre sospirano sollevati a distanza gli assenti di Lega e Rifondazione: c'è chi, come l'avvocato dipietrista Marco Tronti, non riesce a controllare il suo eloquio. Chi, come il forzista Ferruccio Saro, contesta la "domanda mal posta" su Mediocredito. Chi, come il diessino Elvio Ruffino, si cala subito nella nuova parte. E tutti, prima o poi, cercano di sottrarsi alla definitività di un "sì" o di un "no".

Ma il gioco non accetta deroghe, tanto più che un maxischermo fissa per l'eternità gli impegni dei futuri Onorevoli. E così, mentre il presidente Adalberto Valduga lancia un accorato appello al voto «affinché non vinca il partito dell'astensione», i candidati si sottopongono all'estenuante supplizio. Non mancano plebisciti: chi mai potrebbe opporsi a ridurre tasse e contributi? chi non vorrebbe rivedere la legge sulle aree di confine o regionalizzare le quote d'ingresso per gli immigrati? Ma molti quiz, talvolta tecnicissimi, mettono più d'uno in difficoltà. Quelli della Casa delle Libertà, ligi al ruolo di paladini del liberalismo, sfornano una raffica di sì. Dal superamento del posto fisso all'appalto di manodopera sino alla revisione delle pensioni, i Collino, i Saro e i Cattaruzzi non si tirano indietro: sono loro, a fine esame, a dire meno volte di "no" agli industriali. Sull'innalzamento dell'età delle pensioni, però, vengono scavalcati dal centrosinistra. E sui licenziamenti facili, si spaccano: solo Collino accetta.

Se la cava benissimo, tant'è che più volte supera nella corsa alla deregulation gli "anfitrioni", il radicale Gianfranco Leonarduzzi. E se la cava altrettanto bene, «perchè non sono certo venuto qui a cercare voti», il cossuttiano Iacopo Venier: è il candidato che pronuncia più "niet". Senza paure o rimorsi. La Quercia, con l'uscente Ruffino, invita intanto a non cadere nella demagogia, a non dar credito a finte promesse: «Il nodo è la fattibilità delle proposte». Ma il diessino accoglie comunque 13 richieste "industriali" su 22. L'ala moderata dell'Ulivo, con Margherite e Girasoli, si rivela ancor più in sintonia. I terzi poli, da Democrazia europea a Lista Di Pietro, si piazzano a metà classifica. Una curiosità? La bocciatura sonante della Provincia della Carnia.

R.G.